di Angela Levin, dal Telegraph del 8 settembre 2012
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
Racconta, «Ho urlato "Oh mio caro ragazzo, dove sei? Mi manca tantissimo». Poi un sorrisetto insolente le si fa largo sul viso: «Hanno mostrato anche John Lennon, ma ci sono stati più applausi per il mio Freddie».
Freddie, nato come Farrokh Bulsara, il frontman della rock band Queen e carismatico interprete solista, è morto nel 1991 a causa di una polmonite indotta dall'AIDS. Aveva 45 anni. Jer Bulsara, che ne avrà 90 il mese prossimo, ha trovato immensa consolazione dalla crescente popolarità del figlio, eppure quando parla di lui la sua voce viene rotta dall'emozione.
Dice, «Non mi sembrano essere già passati oltre 20 anni dalla sua scomparsa. Lo sento ancora vicino perchè la sua musica viene suonata spessissimo. Questo mi rassicura sul fatto che la gente nel mondo lo ami ancora, ma naturalmente nessuno potrà mai amarlo come sua madre».
La Signora Bulsara ─ che vive in un bungalow con tre camere da letto appositamente costruito a Nottingham ─ è minuta, immacolata e piuttosto curvata, ma il suo cervello è acuto e i suoi occhi gentili brillano quando parla del "mio ragazzo". È praticante Parsi, una religione che segue le dottrine del profeta Zoroastro, giunta in India nel VII Secolo dalla Persia.
Lei è anche profondamente riservata e questa è la prima intervista vera e propria che abbia mai rilasciato. La ragione di tutto questo è un nuovo bellissimo libro: "Freddie Mercury ─ The Great Pretender, A Life in Pictures", strapieno di meravigliose fotografie che coprono la vita della rock star, incluse svariate mai viste prima.
Si può solo lontanamente immaginare quanto debba essere stato difficile per i devoti genitori di Freddie fare i conti con il loro celebre figlio. Per fortuna l'amore era reciproco e lui pare li abbia tenuti al sicuro dai suoi eccessi.
La sessualità non era un argomento di cui Freddie discuteva a casa. Non le disse neppure di essere positivo all'HIV o di essere malato terminale di AIDS. «Ci ha protetti evitando sempre di discutere di questi argomenti», rivela la Signora Bulsara. «Ora è molto diverso, ma all'epoca deve essere stato difficilissimo per lui parlarcene, e noi abbiamo rispettato i suoi sentimenti». Se gli ha fatto visita quando stava per morire? «Ovviamente», sospira.
Freddie è nato a Zanzibar nel 1946 e si è trasferito presso un collegio in India quando aveva otto anni. «Provammo ad instillare in lui dei buoni valori, come il rispetto per la famiglia, a dare in ogni situazione il 100%, e ─ anche se non era religioso ─ a rispettare le nostre usanze». La fede Parsi crede in un solo Dio invisibile ed è basata su tre princìpi: buoni pensieri, buone parole e buone azioni.
Freddie ha sempre amato cantare e formò un gruppo musicale scolastico quando aveva 12 anni. Nel 1964 la famiglia di Freddie, compresa la sorella più piccola che ora ha 60 anni, si trasferì nel Regno Unito in conseguenza della rivoluazione in corso a Zanzibar, stabilendosi in un'abitazione a schiera con quattro camere da letto a Feltham, nel Middlesex. La signora Bulsara e suo marito se la videro dura, non ultimo per il clima, ma per Freddie andò meglio.
Come tutti i genitori, volevano un lavoro stabile per il proprio figlio. «Molti dei nostri familiari sono avvocati o contabili, ma Freddie insisteva di non essere abbastanza intelligente e che voleva invece suonare musica e cantare», ride Jer. «Mio marito ed io pensammo che si trattasse di una fase di crescita dalla quale sarebbe poi uscito e ci aspettavamo che ritornasse in senno dedicandosi allo studio. Non avvenne». Ovviamente era una scusa ed invece Freddie andò all'Ealing Art College, dove studiò per diplomarsi in arte e progettazione grafica. «Mi sono sentita particolarmente triste quando Freddie decise di abbandonare casa e trasferirsi in un appartamento di west London», continua sua madre. «Suonava sempre, e un anziano vicino si lamentava del rumore. Per cui disse che era il momento per lui di andarsene. Gli dissi che capivo la sua scelta. Per primo abitò in un appartamento e poi in una casa spaziosa, sempre a Kensington, ma quando non era lontano per i tour veniva qui a casa con regolarità. Gli è sempre piaciuto il mio modo di cucinare, specialmente il mio Dahl, i dolci, le salse agrodolci e i biscotti al formaggio. Quando divenne famoso ed aveva gente a cena, mi chiedeva di farne anche per loro. Era anche molto generoso. Un giorno mi comprò un set completo di posate in argento per scusarsi di non essere venuto ad un pasto. Non mi andava di usarlo perchè era elegante, quindi lo tiravo fuori solo quando veniva lui. Ci invitava anche da lui per dei pasti preparati dal suo cuoco e mi prendeva in giro. Quando andai in cucina per via della mia abitudine di dare una mano, lui insistette che mi sarei dovuta sedere e rilassare».
«Era adorabile e usava venire da noi per i pasti», ricorda la Signora Bulsara. «Speravo che si sposassero e avessero una vita normale con dei bambini. Ma anche dopo che si lasciarono, sapevo che amava ancora il mio ragazzo e sono rimasti amici fino alla fine. Non l'ho più rivista da quando lui è morto».
Ma approva che le abbia lasciato la maggior parte della propria eredità? «Perchè no?!», risponde fermamente. «Lei per noi era parte della famiglia, ed ancora lo è».
Mary ha avuto due figli: Richard, che Freddie ha conosciuto, e Jamie, nato poco dopo la sua morte. Le relazioni con i loro padri non sono state durature e alla fine ha sposato un uomo d'affari londinese. Vive ancora nella splendida dimora di Freddie.
Nel giro di un paio di anni dopo la morte di Freddie ci sono stati significativi passi in avanti della medicina nel trattamento dell'HIV e dell'AIDS. Alcuni credono che, se fosse vissuto un po' di più, la sua vita si sarebbe potuta salvare.
La Signora Bulsara ha un approccio più filosofico: «Il giorno del novembre 1991 in cui morì fu tristissimo, ma stando alla nostra religione quando arriva il momento non si può far niente per cambiare la sorte. Bisogna andare. Dio lo ha amato di più e l'ha voluto con sé. È questo che penso. Nessuna madre vorrebbe vedere il proprio figlio morire, ma allo stesso tempo lui in questo mondo ha fatto di più nella sua breve vita di quanto tante persone possano fare in 100 anni. Dopo la sua morte, io e mio marito sentivano così tanto la sua mancanza che decidemmo di trasferirci a Nottingham, dove Kashmira viveva con il proprio marito Roger, in modo da poter stare vicini ai nostri due nipoti. Mi ci sono stabilita qui e sono felice. Oggi mi confortano molto tutte le cose che ruotano intorno a Freddie. Ci sono tantissime tribute band e sono andata circa sei volte a vedere il We Will Rock You» [il musical dei Queen a Londra, ndr].
Aggiunge: «Sono stata anche molto felice del Freddie For A Day. Questo evento annuale che si svolge nel periodo del compleanno di Freddie (il 5 settembre) coinvolge persone che si vestono come lui per raccogliere soldi da destinare al Mercury Phoenix Trust, fondato dai membri dei Queen per aiutare le organizzazioni benefiche nel mondo per la lotta all'AIDS».
«Gli dicevo spesso che non mi piacevano i vestiti che indossava ed ho provato a fargli tagliare i capelli, ma lui spiegava che si trattava di qualcosa che bisognava fare quando si è nel mondo del pop, e gradualmente ho imparato ad accettarlo.»
Si ferma per un minuto e poi sorride: «Qualunque cosa facesse o indossasse, ho sempre visto in lui lo stesso bambino che conoscevo. Ci faceva un sacco di battute e riuscivo sempre a relazionarmi con lui».
Non tutte le madri possono dire questo del proprio figlio famoso.
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