I miei ricordi iniziano e finiscono così, con un cuore i cui battiti martellano fuori dal petto.
Tutto comincia il 4 dicembre 2013: è il giorno in cui, in seguito a un incontro della 'dirigenza' Queen a Montreux, Brian usa Twitter per dire che s'è parlato anche di un tour. Era nell'aria dopo il sondaggio del 2012 col breve tour in Europa e l'iHeartRadio Festival negli USA del mese di settembre. Ma un conto è ipotizzarlo, altra storia è quando uno col sangue blu ne parla.
Arriva marzo, dopo qualche apprensione per Brian in seguito alle preoccupanti esternazioni sul suo stato di salute. Queste, di fatto rinviano ogni annuncio di almeno un mese e mezzo.
È ufficiale: i Queen avrebbero suonato dal vivo nel Nord America con il collaudato e mondialmente apprezzato Adam Lambert come prima voce.
Neanche il tempo di lasciare iniziare il tour, che Brian mette di nuovo a scaldare le altrui coronarie: il 16 giugno risponde su Twitter facendo capire abbastanza chiaramente che un tour in Europa non era da escludere, così... come al suo solito, come uno zio che ti parla del nuovo frigorifero in casa.
Arriva il 19 settembre e il messaggio di risposta assume i connotati di un annuncio: in occasione del lancio di Queen Forever, Roger e Brian comunicano su BBC Radio 2 che la carovana Queen+ Adam Lambert sarebbe andata in tour nel vecchio continente! Urrà!
Esattamente 10 giorni dopo, viene dato un calcio alle ultime preoccupazioni di noi abitanti del giardino d'Europa: nell'annuncio dei primi 21 concerti nel vecchio continente c'è anche l'Italia!
Giusto il tempo di organizzare l'aspetto commerciale e siamo già in clima "avere-subito-biglietto". Da iscritto all'unico (in ogni senso) Queen Fan Club Italiano 'We Will Rock You', attendo le indicazioni per la prevendita speciale. Grazie alla dedizione, precisione e perchè no, pazienza di Davide Traversi, l'ansia fa presto spazio alla gioia: i nostri biglietti per il parterre del Forum sono stati assegnati senza problemi! Standing Ovation! Gioisce con me anche mia moglie, che intanto aveva accettato l'invito a vivere insieme questa esperienza unica e, per tanti versi, irripetibile.
In questo vortice di attese e emozioni che si rincorrono e scontrano, non dimentico tutti gli scambi di suggerimenti, pensieri e confronti che si sono susseguiti con tutti gli iscritti al gruppo Facebook della Comunità Queeniana. Essere l'amministratore di questo condominio non è insipido come esserlo di un qualsiasi stabile del quartiere. È qualcosa di intenso, costante e anche impegnativo quando la vita di tutti i giorni vuole per forza tentare di prevalere sulle passioni. Ma nel nostro caso certamente "pain is so close to pleasure".
L'ARMATA REALE SCALDA LE POLVERI in occasione delle festività invernali: compare alla TV tedesca il giorno di Natale (il programma viene registrato qualche giorno prima) e su quella inglese a Capodanno, facendo da colonna sonora ai fuochi dei festeggiamenti sui rintocchi del Big Ben alla mezzanotte.
Io sono temporaneamente "out of act", dall'altra parte del mondo e già infaustamente malaticcio, ma questo non fa altro che amplificare le mie sensazioni, distorcendole come il volume a manetta su un Vox AC30.
Gennaio vola via come Sammy dall'Emerald Bar. Febbraio sembra avere già i giorni contati.
Ma l'ansia inizia a fare segno X in schedina con l'adrenalina, e il pronostico diventa sempre più a favore della prima man mano che il calendario si accorcia verso quel martedì di magia, che resta lì, fermo all'orizzonte dei miei sogni.
Mi risveglio il lunedì, ma evidentemente scendo dal letto col piede sinistro. La neve è arrivata per davvero, e non importa se all'altro capo delle rotaie c'è il sole; prima bisogna salire su quel treno. Le T-shirt personalizzate sono pronte da giorni. Assecondando il mio sinistro presentimento, avevo optato per una citazione tayloriana: "I'M NOT GONNA SAY FUCK", ma sarei riuscito a mantenere l'autocontrollo fra maltempo, malattia, impegni familiari e di lavoro? No, assolutamente NO! Ho dato il peggio di me in quel lunedì. Non ce l'avrei mai fatta. Non sarei mai riuscito ad essere nel luogo prestabilito con tutti gli altri compagni di questo gruppo, già in gran numero pronti a mettere sulla pelle la scritta COMUNITA' QUEENIANA per identificarsi. E non avrei potuto neanche rispettare le tempistiche del Fan Club per l'ingresso anticipato, l'unico del genere in tutto il tour mondiale. Che gran peccato! E dire che l'amico Leonardo aveva fatto i salti mortali per organizzare al meglio il gruppo di fedelissimi che avrebbe dovuto fare fronte compatto verso la meta, eventualmente anche senza di me.
POI TUTTO SEMBRA VOLER PRENDERE LA PIEGA SBAGLIATA. Ad aggravare ulteriormente la già critica situazione è lo stato di salute di Adam Lambert. Già con l'handicap di un forte raffreddore contratto giorni prima, s'è trovato a fare i conti con una minacciosa bronchite che ha costretto il gruppo ad annullare per la prima volta un proprio concerto. Le vittime dell'imprevisto sono i fans che già erano scattati dai blocchi di partenza ed erano pronti per lo show a Bruxelles. Il guaio è che l'evento era programmato solo tre giorni prima di Milano! C'è un panico impossibile da celare. Anche se i comunicati ufficiali ci tranquillizzavano, non ci poteva essere l'assoluta certezza che il nostro atteso ritrovo milanese si sarebbe effettivamente svolto.
SERVIVA UN MIRACOLO... un miracolo era quello di cui avevamo bisogno. E il miracolo c'è stato! Martedì mattina c'è solo un'aria gelida sulla strada che mi separa dal vero inizio del viaggio. L'adrenalina in circolo aumenta quando sono finalmente a bordo del pullman che ci avrebbe portati fino a quel vagone dal quale sarei uscito solo per ringraziare di persona Sant'Ambrogio. Prima di montare su c'è comunque tempo abbondante per incontrare Domenico, Ilaria e Biagio, che partono cinquanta minuti prima di noi. Un selfie di gruppo, due chiacchiere, tre saluti contati e via. Aspettiamo il nostro turno. All'ultimo binario arriva il treno. Saltiamo dentro e ci sistemiamo in attesa della partenza che arriva puntuale alle 9:20. Siamo a Napoli, e poi a Roma in un attimo. A ricordarmi che non si trattava di un giorno normale ci sono le rotaie dell'Alta Velocità, un fiume in piena che ci trascina verso Nord nelle 5 ore di viaggio che ci separano da Milano. Il viaggio è talmente perfetto che mi viene voglia di stringere la mano anche a San Carlo Borromeo e... abbondiamo... anche a San Galdino; che sia hattrick, all'inglese! Solo che bisogna stare coi piedi per terra e considerare che la stretta di mano può essere solo simbolica nel mondo reale. Si tratta di un viaggio, non di un "trip".
Prima che guardassi l'orologio e mi rendessi conto non sarei potuto andare a incontrare altri amici alla stazione di Milano Centrale, eravamo già arrivati a Porta Garibaldi.
BASTA CON LE CHIACCHIERE! SI SCENDE! Sono le 14 o giù di lì, perfettamente in orario, ma stretti con i tempi a disposizione. Direzione metro verde con destinazione Assago Forum...
Come in uno sliding doors metropolitano siamo non solo nella metro giusta, ma se possibile in quella 'giusterrima'! Una voce familiare attira la mia attenzione: "Claudio!". È Domenico che mi chiama dall'altra parte del vagone. A quasi 1000 chilometri di distanza da casa e una megalopoli da qualche milione di persone come Milano sulle nostre teste, ci incontriamo nello stesso posto, in pochi metri quadrati, con il grande Leonardo e il suo amico Roberto, Giada & figlioletto, Biagio, Ilaria, ovviamente Domenico, e il mitico Giorgio. A completare la spedizione c'è un bel vassoio di sfogliatelle napoletane accompagnate dal loro profumo e da una bottiglia di Limoncello.
Qualche chiacchiera dopo un sentito abbraccio e sulla nostra destra si manifesta la sagoma del Mediolanum Forum. Si deve scendere; è il capolinea! Salto i dettagli della cosa meno interessante della giornata, ovvero il reperimento d'un paio di volubili taxi, dalla metro di Assago Forum fino all'albergo.
Ogni posto diverso dalle mura del Forum era per noi una prigione dalla quale dileguarsi al più presto. Ma in hotel incontriamo tanti altri amici. Sono tutte persone che trasmettono qualcosa di speciale, ognuno a modo suo, come i veri queeniani sanno fare. Ci sono anche Mirko, Claudia, Alessandra, Rossana, Lidia e Melania, Valeria con suo marito. Ma una su tutte è l'incredibile Titti, una matta come non ce ne sono tante in giro su questo pianeta.
Niente in questo posto è importante quanto noi e la nostra urgenza criminale di arrivare al Forum. Ma prima di partire è d'obbligo un passaggio tutti insieme nella camera di Leonardo. Hey, tranquilli! Le energie le risparmiamo per il parterre. È solo per una foto di gruppo e per inaugurare il vassoio coi dolci e il liquore al limone.
Sono passate le ore 16 e in meno di un'ora ci sarebbe stato l'ingresso col Fan Club! Via di corsa ad accaparrarsi un taxi! Non fa niente se per loro la matematica è un'opinione... Bisogna essere al Forum nel più breve tempo possibile! Ci dividiamo in due gruppi. Il primo arriva in tempo per l'istantanea all'ingresso scattata dal fotografo ufficiale dell'evento per conto di Barley Arts, mentre il secondo fa la lotta contro il tempo per essere con gli altri. Indovinate in quale dei due taxi ero io? Non me lo ricordate per favore, siate clementi. Piuttosto, ricordiamo che finalmente siamo al cospetto del Forum e del suo ingresso.
Saluto le prime persone che mi riconoscono. Ringrazio chi s'è fatto avanti per primo, in quanto il mio stato di videoleso unito al rintronamento (ma è così che si dice??) da stress post-maratona mi avrebbe fatto perdere la lucidità necessaria a riconoscervi tutti. Fra i compagni d'avventura che mi tornano ora in mente, ci salutiamo con Miriam, Martina, Manuela, Antonio e Adelaide, Cristiana, Filippo e Cristina, Samuele e Adelaide, Andrea e Gabriella, Giuseppe, Annì, Alessandro, Laura, Luca, Mary, Julia, Valentino, Enrico... e tantissimi ancora! Solo che preferisco scusarmi di non aver citato tutti piuttosto che scadere comunque in dimenticanze o gaffe per la concitazione del momento.
Intanto dall'altro lato della recinzione, dove c'è la fila per il parterre, partono tre richiami organizzati "Claudio! Claudio! Claudio!". Il mandante del coro era il mitico Claudio C., il quale tentava di attirare la mia attenzione verso di lui. Gli telefono, perchè ci sono le transenne a separarci di diversi metri. Lui mi racconta di essere circondato da Glamberts, ma che non sono poi così male. Lo sapevo già. I fans di Lambert ho avuto modo di conoscerli, capirli e soprattutto apprezzarli per l'ampiezza delle loro vedute. Non mi era ancora capitato di conoscere dei fan-atici così simpatici. Avrei altre cose belle da aggiungere, ma preferisco fare un passo indietro e ringraziare Claudio Conte per essere stato il primo a dare visibilità nazionale a questo gruppo o comunità, se preferite, con un cartello da lui stesso stampato in dimensione A3 raffigurante una delle immagini che avevo messo a disposizione per le T-shirt personali dell'evento.

Scambio due chiacchiere con altri amici e con Alessandro, per poi ritrovarmi in direzione del punto di incontro in cui il Fan Club sta dando le disposizioni per l'ingresso ai suoi iscritti.
Dall'interno risuonano alcuni accordi di chitarra e basso. Sono gli strascichi del sound check, iniziato attorno alle 16. Ora c'è la fila. L'obiettivo della giornata è essere dentro, sul parterre, senza riprendere una polmonite per arrivarci. Non m'interessa essere primi ad ogni costo, non lo è mai stato. Anzi! Nello stare indietro in fila abbiamo modo di conoscere il grande Giovambattista e la sua Signora. Che onore! Una sua amica è pronta a presentarsi più tardi all'ingresso per sedersi al suo posto numerato con un biglietto letteralmente regalato da una straordinaria ragazza venezuelana; sia per me che per GB questo è motivo di grande soddisfazione. Grazie per il tuo gesto Herley! Mentre siamo in fila scorgo a ore 8 il cappello di Andrea M., col quale ci salutiamo, purtroppo molto velocemente. Ciao poeta, vai ad accomodarti al tuo posto. Alla prossima!
Ormai siamo quasi nel recinto esterno, approntato per raccoglierci dopo il controllo dei pass. A proposito, come si capisce dal "passo" del mio racconto, il tempo sembra essere rallentato in questo frangente. Le ansie hanno lasciato spazio all'attesa, le fatiche alla distensione, e tutto è ora orientato a un solo obiettivo: essere davanti al muro di Vox del Doc per farmi spettinare dalle sue sciabolate e dai sontuosi accordi alla 'Signora in Rosso'. Solo lui sa governarla così magistralmente ormai da più di 50 anni!
QUALCOSA SEMBRA SBLOCCARSI quando sono passate le 18:30, ma il coordinamento da il via libera solo attorno alle 19, ora in cui ci vengono aperti davanti a noi i cancelli. Con 'manico' da tifoso allo stadio quale talvolta sono, riesco a dare a Anna le indicazioni migliori per driblare il capillare rastrello dei controlli. Tanto avevo la coscienza a posto; nello zaino avevamo solo due bottigliette di acqua per dissetarci senza dover perdere tempo al bancone del bar allestito all'interno. Corriamo verso il palco, che si trova in fondo al parterre, lì di fronte a noi, retro-illuminato da una rilassante luce azzurra. Di fronte è già pieno di persone, quindi attivo il piano B: posizionarci dal lato esterno della passerella che porta al palco B. Mai necessità si rivelò poi scelta più azzeccata, visto come si sono poi spostati Brian, Roger & soci durante il concerto. Sono le 19:02, siamo con una mano sulla transenna e non ci resta che aspettare l'inizio dello spettacolo. Mancano solo due ore, che vuoi che siano!
Ci sono dei particolari importanti dei quali non ho ancora parlato. Riguardano i compagni di viaggio con cui avremmo trascorso le quattro magiche ore successive. Alla nostra sinistra ci sono Alfredo e Sabrina, ancora oltre ritroviamo Samuele e Adelaide, affianco ho l'insospettabile Veggie Seventysix, mentre a destra ho appena ri-salutato Cristiana, che si occuperà anche dello streaming audio per il resto del mondo che non può essere fisicamente con noi. Una volta dentro, il mio smartofono ha la batteria in fin di vita, ragion per cui non ho potuto cercare di contattare altri amici con i quali dovevo incontrarmi, quindi cerco di essere più smart di lui spegnendolo per salvaguardare un po' il tutto. In una rapida riaccensione leggo un messaggio di Adelaide Celentano che mi chiede la set list di massima del concerto e un'altro di Alessandra e Rossana: "Transenna! Transenna!". Gli rispondo velocemente "Grandi! Anche noi!", salvo poi voltarmi a sinistra e vederle a due metri da noi con al loro fianco il prestante Enrico. Queste diableries d'oggi fanno perdere il contatto con la realtà!
REALITY... La Realtà, quella con la R maiuscola, comincia a manifestarsi quando le luci del palazzetto gradualmente calano di intensità, il parterre si riempe per "tre quarti" e gli spalti al 100%. Sembra una lezione di matematica, lo so. Manca solo che mi volti e trovi Anna con "un terzo" e siamo a posto... Ma non è così. Lei è fedele, come l'immagine nella mia mente di quel momento già visto più di 50 volte nei concerti precedenti, a partire dal 19 giugno 2014. Ah, quanto ho atteso questo momento. Ora sono qui con gli altri 9.963 paganti che assistono allo spettacolo; ma basta con i numeri! Il fumo comincia a uscire dalle bocchette e la Track 13 dell'album Made In Heaven crea l'atmosfera. Track "13"... Non ci posso fare niente io comune mortale... quando di mezzo ci sono i Queen sono per forza 'numeri'.
Guardo l'orario e mi rendo conto che questo sarà da subito un concerto speciale rispetto agli altri del tour: sono le 20:48 e rischiamo di assistere al primo show della serie che inizia in orario come previsto: alle 21!
Scambiamo altre due chiacchiere con Alfredo e Samuele, e anche con qualche altro perfetto sconosciuto che è lì al nostro fianco.
La situazione sta assumendo già le caratteristiche di un'unica visione. Ce ne rendiamo conto quando ci ritroviamo a battere le mani a tempo senza pensarci troppo su. Càpita e basta. Le cose più normali di cui ricordi io sono le passeggiate di Pete Malandrone per fissare col nastro adesivo le set list sul bordo del palco. Ci torna due volte, fra un'accordatura di chitarra e l'altra, e alla seconda di esse sostituisce i fogli. Questo vuol dire che la scelta delle canzoni è nel frattempo cambiata.
Ore 21:05; senza il classico suono che pone termine alla registrazione della Track 13, come è solitamente accaduto in tutti gli altri spettacoli, inizia il beat che precede l'intro di One Vision. Non è il primo concerto a cui assisto. Non può essere una novità quel pompare di bassi dai diffusori alla mia destra. Eppure quella vibrazione mi fa sentire come se tutto fosse già iniziato; e in effetti è proprio così!
Pochi secondi ed è il tipico intro di One Vision, con la voce al contrario rallentata che parla del sabbath. Ma quale sabbath del cappero! L'adrenalina è a mille, spinta dalle luci azzurre che prima smettono di illuminare i nostri posti e poi cominciano a pulsare di un violetto che va a ritmo con il suono.
Finisce l'intro registrato e una luce spot crea sul sipario l'ombra di Brian che attacca con il riff della canzone. Dura circa dieci secondi e poi viene tirato su il tendone. È spettacolo puro! Ci sono luci da crisi epilettica, un gran senso di ordine sul palco e una immensa Q che sovrasta la scena e contiene le proiezioni delle rirpese live al suo interno. Una 'gambetta' della Q si allunga con una rampa in mezzo al pubblico del parterre. Quelli del NME negli anni '70 avrebbero commentato "È Broadway, non è rock and roll", ma il tutto è fottutamente rock e non ci sono termini educati per descriverlo. È così che ci chiama. Avrò smitragliato una cinquantina di parole volgari mentre Adam prima di cantare si voltava verso di noi dal centro del palco, Brian percorreva la rampa suonando verso noi del pubblico, Roger pestava sui suoi arnesi cromati e Spike, Neil e Rufus assecondano il momento come solo i veri scudieri sanno fare.
Adam appare subito in palla rispetto alle preoccupazioni dei giorni precedenti per la sua salute. Deve essersi curato bene e sarà imbottito di medicinali, ma si muove senza esitazioni. Il canto è ineccepibile fin da subito, ma avendolo già visto e sentito da casa capivo che cencava di non strafare. E questa cosa non era poi così negativa, perchè se c'è un aspetto della sua interpretazione che i fans dei Queen vedono male è il suo continuo proporsi con acuti al limite dell'ultrasuono, ma che poco e niente hanno a che fare con la scena rock. Sono comunque un suo modo spontaneo di proporsi e, in quanto tale, si può scegliere di fare due cose: prendere o lasciare. Appare subito evidente che il giovanotto di Indianapolis ci sa fare. Ha una voce assurda e impeccabile, movenze glamour e una bellezza esteriore oggettivamente molto al di sopra dalla media.
Tutto questo però è anche il suo limite nel contesto dei Queen. Noi siamo cresciuti con la ricerca della perfezione di Freddie, il quale non sempre la raggiungeva, ma sapeva come rigirare la frittata a suo favore sfruttando il suo magnetico carisma. È in quello che Freddie era davvero il numero uno sul palco. Sapeva mantenere tutti in apnea anche nei momenti in cui non era ineccepibile tecnicamente. Il ragazzo è perfetto fino a diventare noioso e scontato al nostro palato musicale. Poi non suona e ovviamente non ha composto quelle canzoni. Sono diametralmente opposti anche nel modo di proporsi al pubblico nell'unica cosa che hanno davvero in comune: l'orientamento sessuale. Ora, non sto qui a fare una recensione per confrontare Adam a Freddie. Non ci sono proprio i presupposti. Sono così diversi da rendere ogni accostamento improponibile. Un po' come nel caso di Paul Rodgers nei tour del 2005 e 2008, è questo che mi fa accettare la presenza di Lambert sul palco senza nessun problema. Freddie è sempre Freddie. Nessuno può minimamente scalfire il suo mito o avvicinare il suo talento.
Tornando alla musica, nessuno sbaglia una virgola, gli attacchi sono chirurgici e i componenti del gruppo sono in perfetta sintonia sul palco e si guadrano a testa alta mentre suonano, come i migliori registi a centrocampo sui prati delle partite di calcio.
Finita One Vision con un'uscita stile Magic Tour, è la volta della prima piacevole sorpresa: c'è di nuovo Stone Cold Crazy, presente e consistente dopo essere mancata per un paio di show, in primis per uno stato influenzale che aveva creato qualche problema a Brian! Sfido chiunque a contare i colpi al minuto per capire se la versione live 2015 sia più lenta o meno rispetto all'originale del 1974. È terribilmente pesante e il tutto è "aggravato" dal suono molto effettato della batteria di Roger che, supportato dal figlio Rufus per tutto il tempo, conferisce potenza disumana alla canzone.
Segue la prima sorpresa non piacevole: Another One Bites The Dust non è della compagnia fra le canzoni scelte per la sequenza. La scelta è dettata dall'esigenza di far rifiatare un Adam pur sempre convalescente.
Subito dopo è quindi la volta di Fat Bottomed Girls. Adam attende il segnale di Roger con attenzione e poi parte il coro a-cappella introduttivo. Brian usa una chitarra Red Special replica di colore verde accordata in drop D e con una action cam montata sulla paletta. Per la prima parte inquadra la maestria del capellone, pur trattandosi di un pezzo dalla limitata complessità. Poi nella parte finale, dopo la classica mossa di Adam sul punto di rottura "Get on your bikes and ride!", si trasforma un una steadycam che riprende il pubblico proiettandolo sul grande schermo.
Dopo oltre sei minuti è la volta del medley. Per questo tour la parola medley indica la serie di canzoni in successione In The Lap Of The Gods... Revisited, Seven Seas Of Rhye e Killer Queen.
La prima è una delizia che commuove già per il solo fatto di riportarci con le lancette della memoria indietro di tantissimi anni, ai bei tempi, e l'atmosfera che si crea sul palco favorisce il tutto. La Q si inclina lentamente in avanti fino ad assumere le sembianze di una immensa coroncina che rade il pelo alle teste specialmente quelle di Brian e Rufus. Il finale prevede soffioni di fumo ottenuti con il ghiaccio secco, che creano un muro ascendente tutto davanti al palco.

L'abbuffata continua con un'altra gemma. Killer Queen inizia con l'inconfondibile piano, suonato dal mago Spike Edney.
La scena è quasi sgombra dal fumo degli effetti usati poco prima, che ora ha lasciato spazio a un'arietta fresca che arriva fino a noi in avanscoperta. In quel momento ho pensato al caldo descritto dai miei amici fans della cosiddetta Royal Family, quelli che fra metà anni '70 e fino al 1986 hanno girato in lungo e in largo il globo per seguire i propri beniamini. Il nesso del mio flashback non è casuale. Io sono nato nell'anno del "pizza oven", l'impianto luci che sovrasatava il palco con luci verdi, bianche e rosse, e il cui calore scaldava fino anche alle prime file di pubblico. Il forno per la pizza, un omaggio più o meno spontaneo e involontario al nostro paese. Ora al posto del calore delle luci c'era un'venticello fresco, ma il tepore di quasi quarant'anni prima è stato rimpiazzato dalla gioia del gruppo sul palco davanti a noi. Adam, Brian e Roger su tutti sono tracimenti di felicità. Nelle inquadrature video hanno sempre stampato un sorriso e non perdono occasione per farci un gesto di gradimento, con la testa, con le mani... anche con i piedi. Ecco, mi risveglio dal flashback. Il piede che si muove ora è quello di Adam. Nel mio semiconscio avevo visto tirare fuori dalla passerella di fronte a me il divanetto da due assistenti, che l'avevano poi sistemato sul palco B. Ora c'èra disteso sopra Adam. Piedi sul bracciolo, apre il ventaglio dorato, dipinto con la vernice usa e getta da Nick Weymouth l'anno scorso. Mentre fa come a rinfrescarsi, ci guarda e fa occhiolini ammiccando. Poi fa anche una risata, lontana dal microfono. S'è calato nella parte della Regina Assassina; sta recitando. In qualche secondo mi faccio la mia idea, stavolta da testimone oculare dei fatti. Il divano, e soprattutto Adam, sono ostentati, pacchiani e finti. Ma è proprio quel simulacro a rendere indolore la scenetta. È solo un momento che spezza con il resto del concerto. Non c'è nessuna pretesa in quello che fanno. Roger da ogni tanto un colpetto di bacchetta sulla campana del ride. È il segnale che si possono aprire le danze. Adam inizia a cantare da quella posizione impossibile, con la sua solita voce, come se niente fosse. La canzone è un omaggio alla teatralità dei Queen e al suo compositore. Un omaggio che, proprio per quanto è diverso da quello che fu, non crea in me nessuna perplessità. Non sapremo mai se cisarebbe stato da esserne fieri o meno. Magari Freddie avrebbe tirato un calcio nel sedere a Lambert, ma non sarebbe stato chiaro a nessuno se fosse per gioco o per stizza. Lui era imprevedibile e nessuno, oggi come 30 anni fa, può dire cosa avrebbe detto di questi Queen, neanche i suoi fidati compagni di viaggio. Lui era l'uomo mandato da Dio per dire in TV che voleva cantare con la più grande soprano spagnola, in una intervista in cui si parlava del più grande tour rock europeo dei Queen. Come si può pretendere di immaginare cosa girerebbe nella testa di un genio?
Brian fa il suo assolo che porta al finale della prima grande hit dei Queen, e la musica si ferma. Adam ha sorseggiato il contenuto della bottiglia da Champagne appoggiata davanti al divano e, mentre Brian torna sul palco salutandoci dalla passerella, sta ora completando la recita lanciando un sorso della bevanda verso il pubblico. Altra precisazione da presente ai fatti: c'erano amici lì davanti e quello che Adam sputa non arriva effettivamente al pubblico; almeno non qui a Milano. Adam fa un gesto che apprezziamo molto, queeniani o glamberts che siamo: taglia corto con la gag della "signora bagnata", dice che non importano quelle fesserie, dal divano in poi, e scalpita per ringraziare le due leggende del rock con cui si sta esibendo... e Freddie Mercury, senza il quale lui non sarebbe stato in questo posto insieme a noi. Nessuno di noi lo sarebbe stato. Vogliamo quindi rendere omaggio ai Queen? Ma certo!
E allora facciamolo liberamente! È il momento di I Want To Break Free. Il grande successo di John Deacon viene eseguito magistralmente, non c'è neanche bisogno di ripeterlo magari... Questa sera tutti loro sono davvero perfetti e ci stanno regalando forse il miglior concerto di tutto il tour. Una meritata ricompensa a tutti noi lì presenti, che cantiamo tutto fin dal primo verso di One Vision. But life still goes on...
Lambert scherza un po' con noi dopo la canzone. Sorseggiando un intruglio che tiene pronto sul palco in un thermos, chiede chi è innamorato fra il pubblico sul suo lato. Siamo tutti innamorati della Regina... Lui invece non è innamorato, scherza. Quindi ci chiede di trovargli qualcuno da amare, prima che la medicina finisca il suo effetto. Altro capolavoro di Freddie, altra esecuzione esagerata da sopra il palcoscenico, altro momento di comunicazione a due vie fra noi e loro, loro e noi. Lambert sale sul balconcino, si inginocchia... recita la sua personale interpretazione del brano. Noi battiamo le mani fino a quasi spellarle nella parte centrale, accompagnando Roger e Rufus sul tipico beat. Poi Adam si prende il suo tempo e canta il vocalizzo che porta al finale veloce. Il ragazzo ha una voce incredibile e la usa al meglio. Il vibrato alto è limpido e potente, ma lui lo realizza con il minimo sforzo, anzi, sembra addirittura divertirsi con il suo 'strumento'. Noi approfittiamo dell'attimo di silenzio per sparare in coro il "loooooooooove" che arriva sul palco come un colpo di cannone. Brian apre le braccia con sul viso una espressione mista di stupore e riconoscenza. Siamo noi, Italia, Milano, e vi amiamo!
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Dopo pochi secondi di pausa e con le orecchie che fischiano ancora, mi ritrovo Brian che si asciuga il sudore con un panno nero mentre passa lì davanti a noi, con gesture di riconoscimento verso il boato con cui lo accogliamo. Mi parte spontaneamente un "Brian! Brian! Brian..." senza sapere se già altri intorno a me stessero facendo lo stesso. In assenza della pesante musica da loro suonata fino a quel momento è più chiaro per lui quanto siamo scatenati. E dire che non stava ancora neanche maneggiando la chitarra! È un'accoglienza sincera che forse non dimenticherà mai. Di sicuro non lo dimenticheremo noi. Brian si siede. Dice al microfono "Buonasera Italia!". L'assistente gli passa la 12 corde. Lui ci ringrazia e si complimenta per quanto siamo i migliori in assoluto in questo contesto: "Buonasera Milano! You guys are wonderful. You are the best!", e poi legge "Siamo molto felici - di essere - tornati - ki da voi... qui da voi... QUEEN da voi!". È uno tsunami di amore quello che sentiamo e per questo storico gruppo inglese. Ora possiamo anche dimostrarglielo. "Volete cantare con mi?". E vedi tu, Dottò...! Non aspettiamo altro... Quasi tutti ci aspettiamo un pezzettino di canzone in italiano, un omaggio al notro paese e a noi. Brian ce l'ha nelle corde, è proprio il caso di dirlo, e le indiscrezioni che mi erano giunte nei giorni precedenti me lo fanno credere ancora di più. Il discorso continua nella sua lingua: "I know you guys are the best in this...". Fa i complimenti alle bellezze del nostro paese. Poi si confonde un attimo. Dice: "So che non ho Freddie qui... Kerry qui con me...". Purtroppo però lui da retta al suo pensiero scientifico e inizia a suonare l'arpeggio di un brano che riconsco bene, ma del quale nessuno ricorda purtroppo le parole. Mi dico più volte "Miodio, che figura di cacca! Ci fa la canzone italiana e noi non la conosciamo neanche...!". È Uno Dei Tanti di Joe Sentieri, un bellissimo e vecchissimo brano che Brian ha ripreso in modo magnifico tre anni fa al Festival di Sanremo, accompagnando le voci di Kerry Ellis e Irene Fornaciari, col titolo I Who Have Nothing. Ma nessuno di noi se la sente di abbozzare un canto. Mi consolo pensando che in fin dei conti poteva andare peggio; poteva anche arrivare sul palco Irene... Meglio il silenzio!! Non che la ragazza sia così male, ma questo è un concerto dei Queen e la sua presenza non sarebbe stata opportuna, o almeno in misura ancora più ridotta di quando intervenne al Born Free live a Pescara nel 2013. Tutto sommato la nostra brutta figura dimostra una cosa: siamo in questo posto per le canzoni della Regina e, bianca o nera che sia, dobbiamo essere sudditi. Leggiamola così. Ci siamo inchinati di fronte a Sua Maestà, mettendo da parte il nostro ego nazionale per un attimo. We Want QUEEN!
Brian finisce di suonare. Non sembra che abbia una espressione soddisfatta. S'è reso conto che se avesse preso in considerazione l'email che gli ho inviato col nostro sondaggio, magari avrebbe scelto diversamente, forse Così Celeste del suo amico Zucchero, che a lui piace tanto e che noi avremmo sicuramente conosciuto di più. Ma sto farneticando. Non è successo niente, via! Brian inizia a arpeggiare Love Of My Life dicendo "Questa la cantiamo insieme, OK? Facciamo qualche magia...". Nessun problema Doc! Non sarai più solo, promesso. La dolce melodia suonata da Brian è accompagnata a gran voce da tutto il Forum. A lui tocca piuttosto fare il direttore d'orchestra e darci i segni con le mani, più ad accompagnare quello che facevamo già di nostro che per dirci cosa fare. Torna la soddisfazione sul suo volto: "Hey! Bellissimo!". Dopo un'altra strofa e il bridge è il momento che ha sciolto la maggior parte di noi: Freddie compare sul grande schermo per la strofa finale della canzone. Noi e Brian lo accompagnamo con le lacrime che scappano dagli occhi. È il suo momento. Poi parte un altra ovazione da sotto il palco... "Freddie! Freddie! Freddie...", mentre lui sembra davvero asciugarsi le lacrime in una pausa di commozione.
Si torna al divertimento, quando Brian ci introduce il suo selfie stick: dice in inglese "è una cagata davvero seria!", mettendosi a ridere sotto i baffi per qualche secondo insieme a noi... Facciamolo questo selfone globale, via! "Grazie Mille! Ragazzi, voi siete perfetti, Grazia mille! Ve lo twitterò".
Segue un'altro momento topico di ogni concerto del tour: la lezione di astrofisica di Brian a un concerto rock prima di una canzone folk. O almeno, lui ci prova anche come al solito, ma dura poco. dovete sapere che Milano passerà alla storia per aver interrotto la lezione del Prof. May! Infatti, mentre lui accennava di Albert Einstein e alle sue teorie sulla curvatura dello spazio tempo, Roger capeggiava la squadra di astronauti che avrebbe accompagnato noi e Brian nel viaggio cosmico di '39. Mentre loro si avvicinavano alla passerella per raggiungerlo, noi lì sotto abbiamo cominciato a inneggiare "Roger! Roger! Roger...", con il povero Brian che sembrava un pesce nell'acquario, proiettato sul grande schermo mentre parlava delle massime teorie su noi che, terra terra, altro non volevamo che il gruppo si posizionasse nella navicella per partire nell'improbabile viaggio immaginario.
Non ricordo con quali parole Brian abbia dato il via alla musica, ma ricordo quando, alla presentazione di Spike, fanno insieme riferimento all'adesivo sulla fisarmonica, raffigurante il simbolo di una missione spaziale (lo hanno recuperato per davvero alla NASA di Houston durante il tour americano). Poi è '39! Sullo schermo principale scorre un montaggio video con report delle missioni che l'umanità ha compiuto nei primi anni dell'epopea esplorativa spaziale. Sugli schermi laterali ci sono invece le immagini del gruppo che suona capeggiato da Brian alla voce. Sul palco ci sono tutti tranne Adam, che in questa face approfitta per darsi una sistemata e cambiare gli abiti. "For my life - still ahead - we'll be back in Milano town... Grazie!".
Ora, non ho ancora detto una cosa: prima dell'inizio, quando si parlava di set list e cosa aspettarci dallo show con Samuele e Alfredo, immaginavamo le possibili alternative per permettere a un Adam di recuperare, visto il suo stato di convalescenza. Mi sono sbilanciato in un pronostico: A Kind Of Magic la stanno facendo a ogni show, con Roger e Brian che la interpretano al meglio accompagnati da Rufus alla batteria e da Neil con Spike; ma che sarebbe se facessero un Days Of Our Lives, tipo prima di Bohemian Rhapsody...?. La risposta arriva prima del previsto. Dai diffusori parte il loop di percussioni... e io esclamo "Oh! Fanno Days Of Our Lives!". Roger ci delizia con la sua particolarissima voce. Brian lo accompagna con un tocco sulle corde della Red Special che la fa sembrare un violino. Sullo schermo scorrono spezzoni di video d'annata. Una ovazione spontanea parte quando appare per la prima volta John Deacon, con in testa il suo cappello da cowboy nel tour del '77. Roger, barba bianca alla Capitan Findus, sorride vestito di nero e scarpe brillantinate rosse davanti ai nostri occhi quando questo accade. Il tempo che Brian arrivi al suo assolo e io sento che è il momento di chiudere gli occhi e godersi questo sublime momento. Quando li riapro tracima qualche involontaria lacrima.
Inizia il suono registrato con la voce di Freddie che da il via a A Kind Of Magic. È doppietta! Per la prima volta in questo tour Roger canta due canzoni. Che grande onore e piacere. Piacere che diventa di nuovo goduria quando Brian inizia un assolo stratosferico, impeccabile, diverso in alcuni passaggi rispetto al solito. Meraviglia che si scuote solo quando Roger, forse capito che rischiava il momento 'hot-dog' (come definisce lui il tempo in cui Brian fa il suo assolo a metà concerto), chiama un applauso: "Ladies and gentlemen, Brian May!". Tamburello alla mano, Roger ci porta al termine di questa magica tratta del viaggio in cui ci troviamo. Stavolta ha proprio i connotati di un trip.
Un saluto e via per Neil.
Lo applaudiamo mentre Rufus già inizia la Drum Battle col padre. A tratti si stenta a riconoscere chi dei due stesse suonando, fino a quando decidono loro di unire le forse all'unisono per fare un pezzetto di Let There Be Drums, accompagnati da noi a tempo con le mani in su. "On Drums - Rufus - Taiga - - Teilah...", Roger ringrazia e saluta il figlio.
Tsssss, clack... TsSssss, clack... È l'intro di Under Pressure! Dun-dun-dun-du-du-dun-du... perchè quando sei a un concerto dei Queen non ti limiti a cantare i testi e i cori, ma copi con la voce anche le parti di basso, chitarra e batteria... talvolta anche la tastiera! Un boato accoglie il pezzone scritto a Montreux insieme al Duca Bianco, mentre Adam torna sul palco per la gioia dei suoi fans e un po' anche quella di noi queeniani. L'esecuzione è ancora una volta perfetta. C'è un momento, per me il più bello dell'intero show, in cui Brian guarda dal nostro lato nel finale power ballad della canzone. Quell'uomo ha una capacità che cresce insieme alla sua età anagrafica: riesce a suonare e, fra un mezzo mulinello e l'altro, guarda tutti quelli del pubblico che ha davanti, uno per uno, occhi negli occhi. Mi era già capitato a Roma nel 2008, in parte a Pescara nel 2013 e quasi per niente a Firenze 2005 (perchè in quell'occasione ero indietro sul parterre). "Caring about ourlselves..." Ti fissa negli occhi per qualche decimo di secondo, giusto il tempo di farti capire che sta guardando proprio te, mentre ognuno è preso nel cantare quelle parole che fanno parte del nostro vocabolario da una vita. Non è il nostro ultimo ballo, niente paura. Questi siamo noi; sotto pressione, di fronte a tanta maestosità.
Adam si porta sul balconcino alla nostra destra, e in generale alla destra di tutti. Inizia a cantare Save Me quasi a-cappella, col solo Spike Edney che crea un minimo di atmosfera con un pad dalle tastiere. Il pezzo calza come un abito su Lambert, sia come voce che come interpretazione. Scelta azzeccatissima, ancor di più se si pensa che erano oltre trenta anni che non veniva eseguita a un loro concerto. Ascolto la prima parte come un salmone nel fiume, rivolto al palco principale sul quale, nell'ombra, si sistemano Roger e Brian. Quest'ultimo suona quasi tutto il pezzo seduto su uno sgabello.
Un momento oggettivamente topico dello spettacolo è Who Wants To Live Forever. Non c'è nessuno capace di interpretarla e sentirla come fa Lambert al giorno d'oggi. La scena si colora dei riflessi della disco-ball illuminata da fasci di luce che vengono riflessi in tutto il palazzetto. È un modo come un altro per farci sentire tutti toccati direttamente da quello che succede laggiù o lassù, a seconda di dove ci siamo sistemati al nostro ingresso. In una recensione nord-americana, qualcuno l'anno scorso disse "...e mentre Adam canta Who Wants To Live Forever con una voce angelica, la chitarra di Brian May, con le sue note, sembra piangere lacrime di commozione". Beh, si sa che da quelle parti hanno un po' la mania di esagerare, ma stavolta siamo davvero vicini alla realtà. Lambert lascia cantare a noi del pubblico l'ultima strofa della canzone, forse per risparmiare un po' di voce, chissà. Ma la variazione è comunque riuscita, anche in questo caso. Nel finale alza la testa rivolgendo il volto verso l'alto. Sembra quasi che stia per andare, portato su dai fasci di luce che lo circondano, mentre Brian ci risveglia con un finale in cui non fa il solito accordo in fade manovrando il volume della chitarra, ma tira una sequenza di stacco discendente.
Il momento hot-dog, come lo chiama Roger, arriva quando sul palco rimane soltanto Brian per il suo Guitar Solo. Nel corso di esso il Doc non si perde in troppi fronzoli. La scenta dei suoni è una specie di moderno prog, condito dall'immaginario "stellare", letteralmente conferito dalle luci e dal ricordo (per alcuni del pubblico) della collaborazione live con i Tangerine Dream al festival Starmus di Tenerife del 2011. Una versione accorciata ed essenziale della bellissima Last Horizon fa da pausa fra la prima e la seconda parte di questa fase dello show, in cui siamo tutti in religioso silenzio ad ascoltare i miracoli delle dita di Brian sulla sua storica sei corde.
Il Comandante May si sposta sul palco B, tira due riff potenti e poi inizia quello inconfondibile della immancabile Tie Your Mother Down, alla faccia di una certa stampa estera che alla sua uscita disse "Non potranno eseguirla per sempre". Ipse dixit, con buona pace per loro che lo pensavano. Tutti a saltare sulle martellate di Rufus alla batteria che picchia peggio di un fabbro. Roger è alle percussioni, dalle quali accompagna con un paio di maracas e continua a prendere fiato, del quale è visibilmente a corto.
A seguire c'è la parte in cui Adam duetta con il pubblico giocando su vocalizzi in tema "all your love tonight" impossibili da ripetere. Anche in questo c'è non poca differenza con i Queen di una volta. Qui si gioca, mentre una volta si faceva sul serio. Nel suo compito di intrattenerci, Lambert è accompagnato dal gruppo che suona una rapida improvvisazione. Fine.
I Want It All è un moderno hard rock, un genere in cui o sei cattivo e adeguato o sei buono e fuori luogo... oppure sei qualcuno che non c'è più e che sapeva fare l'una e l'altra interpretazione. Le luci gialle che illuminano il palco creano comunque un'atmosfera in cui il groove la fa da padrone, mentre Brian e Adam duettano fugacemente coi loro rispettivi strumenti. "One - Two - Three...", Roger ci ricorda che è il momento di dimenticare tutte queste menate e cantare di nuovo tutti insieme. Vogliamo tutto e lo vogliamo adesso! Ma non c'è bisogno di pregarli. La sezione rapida finale è una ennesima dimostrazione dell'eccellenza artistica di Brian e Roger, che finalmente sembrano essersi messi d'accordo per bene sull'attacco iniziale, a volte oggetto di piccole incomprensioni.
La stessa osservazione sul modo di interpretare il mestiere di cantante che ho appena fatto per I Want It All vale anche nel pezzo che segue. Luci azzurre e fasci laser riempiono il Forum di Assago. Gli effetti sonori che sono per noi inconfondibili. L'attacco di Roger. È Radio Ga Ga, e noi non aspettiamo altro che alzare un'altra volta le braccia verso il cielo e battere le mani come nel video della canzone. In questo tour la eseguono accorciata, ma il succo è sempre quello: un'osanna collettivo sulle note dei Queen e la voce, oggi, di Adam Lambert. Durante l'assolo di Brian, Lambert usa scendere da una scala del palco B per avvicinarsi al pubblico, scambiare un cinque e fare anche qualche selfie ("foto" è ormai un termine da matusalemme), per poi risalire dai gradini sul lato opposto. Io ero tutto concentrato sull'assolo di chitarra, ma confesso che ho tirato il braccio in avanti oltre la transenna. Dopo qualche secondo mi sono reso conto che il new man era risalito da un punto che non gli aveva permesso di arrivare fino a noi. Tanto piacere... Io stavo guardando il musicista capelluto; Adam non sa cosa s'è perso! Parlando seriamente del "nuovo uomo", come dicevo, questo è uno dei brani che gli riesce forse meno bene. Lo canta un po' troppo compassato, ma è il suo stile e non possiamo fargli una colpa se si assume la responsabilità di essere se stesso. Ecco, rimossa oggi la pantomima dell'elogio al divanetto e alla pompa di rilancio per il finto Champagne, Lambert appare quanto mai sinceramente felice e sorridente, con tanta voglia di trascinarci dalla sua e loro parte. È spontaneo, anche se il suo stile è sopra le righe. Anche di questo non mi sento di fargliene una colpa, perchè ripensando alle prime uscite del mini-tour europeo del 2012 quello che virtualmente gli contestavo era di essere troppo tranquillo, sulle sue. Pensavo "Ragazzo! Sveglia! Stai cantando per quello che resta dei Queen, dovresti spaccare il mondo da sopra quel palco!". Ora non avrei più modo di contestargli quegli addebiti.
Adam parla un po' con noi prima che Brian lo interrompa per chiederci cosa ne pensiamo del nuovo uomo. Adam risponde con un "Grazie" al nostro riconoscimento di stima. Poi chiama l'inizio di un'altra canzone d'amore: Crazy Little Thing Called Love. Brian usa una replica cosiddetta "f hole - badger" della Red Special, costruita da Andy Guyton. La cambia per la Old Lady solo nell'ultima parte, quando va anche con Adam da Spike a disturbarlo mettendogli le mani sulla tastiera. Il rockabilly scivola via che è un piacere, lasciando spazio al capolavoro.
Bohemian Rhapsody inizia con una scenografia illuminata di blu, nella quale Lambert inizia a cantare la prima strofa, con Brian che nel frattempo è letteralmente scappato nel backsyage per indossare il mantello dorato con taglio sartoriale in richiamo agli anni '70. Rientre giusto in tempo per attaccare con la seconda strofa, quella in cui Adam lascia umilmente spazio a Freddie, il quale appare sullo schermo nello stesso istante in cui lo accogliamo con l'ennesimo boato. Il primo assolo di chitarra rasenta la perfezione. Poi c'è la sezione operistica, nella quale si sente distintamente come tutti noi cantiamo le varie, bizzarre parti. Si torna in presa diretta con uno dei nostri assoli hard rock preferiti, in cui si poga maledettamente in stile Fusi Di Testa. Adam inciampa e rischia di cadere alla base della rampa mentre inizia a dirigersi sulla sua sommità per il duetto finale con Freddie. Il finale è un tripudio di luci abbaglianti e suoni assordanti, che si fermano solo quando è il momento di attendere il bis.
Durante la breve pausa, sullo schermo compare il logo storico del gruppo, con i vari personaggi (leoni rampanti, fate e quant'altri) che si staccano a un certo punto dalla Q raffigurata al centro, la quale resta da sola e si ingrandisce mentre noi battiamo a ritmo le mani per due volte distinte, come Buddy che è un ragazzo e fa gran rumore...
I più attenti vedono che Roger, vestito di bianco, a questo punto s'è sistemato nuovamente dietro al suo kit e ci saluta con le bacchette in su, prima di fare due false partenze di We Will Rock You. La Q si illumina come una vecchia lampada alogena gigante, per poi fare spazio alle riprese dal vivo del gruppo che suona. Adam rientra in scena con passo quasi cadenzato, dirigendosi verso il suo microfono e indossando una coroncina principesca. Niente a che fare con manteli e corone indossati ai bei tempi da Freddie. Specialmente se visto dal vivo, questo è un altro dei momenti "incriminati" di oltraggio che si può tranquillamente scagionare. Lambert usa indossare accessori sulla testa anche nei suoi live; non è una novità scoperta con i Queen. Bando alle ciance. Mani in su e forza nelle braccia. Questo è il finale rock di un concerto rock, non il salotto di un talent show in cui si danno giudizi sommari e scontati. Siamo tutti con Buddy e lui, come al solito, ce la farà e diventerà un grande uomo.
Non c'è il tempo di rifiatare dall'assolo mozzafiato di Brian, perchè è già il momento di We Are The Champions. Adam chiama il "su le braccia" a onda durante il ritornello e noi siamo strafelici di assecondarlo. Il suo canto termina con il tipico sguinzagliamento di acuti; qualcosa di indolore quanto evitabile, ma pur sempre un suo gesto spontaneo che ripropone ogni volta per congedarsi. Noi non facciamo eccezione. Non resta che farci sommergere dai coriandoli dorati, lanciati in tutto il parterre da potenti cannoni e raccolti da me al volo come fossero lingotti veri. Resteranno uno dei pochi ricordi materiali in mio possesso di questa magica notte.
L'energetico finale in cui possiamo sentire per l'ultima volta dal vivo questi meravigliosi musicisti si trascina verso l'inizio dell'inno God Save The Queen, registrato otto lustri fa da Brian May.
Roger lancia le bacchette direttamente verso il pubblico che ha di fronte. Ci salutano insieme ripetutamente con degli inchini, poi Roger e Brian, poi ancora viene mandato avanti Adam. Ci hanno conquistati tutti stasera e meritano un bel saluto anche loro dopo queste due magiche ore. Si avviano all'uscita alla nostra sinistra, verso il retro-palco. L'ultimo a scomparire nella penombra è Brian, non prima di averci salutati uno per uno con la chitarra in alto e lo sguardo fiero e riconoscente. Una volta che è quasi definitivamente fuori dalla scena, scompare anche dallo schermo, sul quale fa spazio allo stemma dell'unica nostra Regina.
GOD BLESS HER MAJESTY!
Il dopo-concerto inizia con qualche richiesta per ottenere una set list o altro materiale da rottamare dalla scena, un plettro, una monetina usata da Brian... Ma l'unica risposta è stata un nastro di sicurezza bianco e rosso che ci spingeva, anzi ci spalava via a gentili vangate, verso l'uscita. C'è giusto il tempo di fare un prezioso bottino di foto con vari amici, fra i quali ci sono i miei compagni d'avventura in riva alla transenna: Samuele e Alfredo. Oltre a loro, e prima di citarne altri che ho potuto salutare in quelle fasi, c'è stata la sorpresa di sentirsi chiamare da Chiara, la quale mi aveva visto e voleva conoscermi di persona e salutarmi con un dolcissimo abbraccio. Dalle tribune sono scesi nel frattempo anche Claud e i suoi The Royal Call - Queen Tribute, co i quali facciamo conoscenza e ci salutiamo. Si fa anche in tempo a rivedere le glamberts Manuela e Cristiana e a fare qualche foto come con Enrico, Alessandra e Rossana. Posso anche salutare le bellissime Janette e la sua giovanissima figlia. Mi resterà di nuovo nel cuore il saluto finale con un amico che sento sempre più come un fratello lontano, Claud, e al piacere di rivedere la sua bella compagna Elisabetta. Di altri mi starò certamente dimenticando in queste righe, ma non nel mio cuore, specialmente le tante facce amiche alle quali magari non abbinavo neanche un nome ben preciso, ma che mi hanno fatto sentire a casa anche così lontano dalle mie coordinate geografiche di tutti i giorni.
Rientrati in albergo, riceviamo l'invito di Leonardo per incontrarci e scambiare qualche chiacchiera nella sua camera. Così è. Aggiungo solo che chi non c'è potuto essere s'è perso il momento più spassoso della giornata. Verso l'una e mezza di notte ci salutiamo per andare a nanna. Io dimentico lo zaino nel luogo del ritrovo, facendo fare gli straordinari a Leonardo e Roberto che mi aspettano per riprenderlo (fortunatamente ancora vestiti).
La mattina seguente, dopo un bel riposo, ci si vede con alcuni a colazione, ci si saluta con un po' di tristezza, ma con la certezza di rivederci, Queen o non Queen. Corriamo a metterci in fila per la navetta che deve portarci alla fermata della metro in direzione Milano. Riusciamo ad acciuffare il penultimo viaggio solo grazie alla nostra tenacia nello stare al freddo fuori ad attenderlo. In treno salutiamo Leonardo e Roberto a Porta Garibaldi. Ci sarebbe giusto qualche minuto per andare a tentare l'incontro con qualcuno della band fuori dall'hotel in cui sono sistemati, nella zona centrale di Milano, ma sapevo che sarebbe stato inutile e frettoloso. A prima mattina avrebbero sicuramente dormito, per non parlare di Brian che fa sempre le ore piccole con le sue mille passioni e impegni. Così era. Chi è riuscito a incrociare Rufus, Neil, Jim Beach o Roger, l'ha fatto solo dopo tantissime ore, anche nove o dieci, mentre Brian si era dato alla macchia dalle prime ore del mattino (avrebbe visitato il Museo del Cinema di Torino e quello della Scienza a Milano).
A Porta Garibaldi facciamo qualche spesa di alimenti per il viaggio e prendiamo dei souvenir per le persone della famiglia e per chi s'è preso cura dei nostri due figli. Rivediamo Daniela e con lei facciamo una corsa lungo il sottopasso per arrivare al binario dal quale in 5 minuti sarebbe partito il nostro treno. Tutto OK. Fiatone a parte ce l'abbiamo fatta. Siamo sul treno e possiamo rivedere i suoi video e le sue foto.
C'è il tempo di commuoversi di nuovo nel rivivere i momenti più toccanti della sera precedente, gioire per gli amici che stanno incontrando i nostri beniamini a Milano, parlare dei nostri sogni e per salutarci a Roma Tiburtina. A presto Daniela e grazie della cioccolata! Arriviamo a Napoli in circa un'ora. Da lì ripartiremo in giro per la regione, fra commissioni urgenti e figli da recuperare altrove. Siamo di nuovo al tram tram di tutti i giorni, e menomale che è così.
Più di un pensiero aleggia nella mia mente come i sogni più belli quando non spariscono dopo il risveglio. Grazie a voi di aver condiviso con me questo giorno così speciale.
Il regno su cui sventola la bandiera della Regina è immenso, ma il mondo è piccolo. Ci rivedremo certamente e presto.
Questi sono i miei ricordi del 10 febbraio 2015, e vi stimo ancora di più se siete riusciti a leggere tutto fino in fondo.