Il 24 novembre 1991, poco più di un giorno dopo aver annunciato alla stampa di essere malato, Freddie Mercury muore all'età di 45 anni, alle 18:48, nella sua camera da letto al primo piano di Garden Lodge, nel quartiere di Kensington, a Londra. La causa ufficiale del decesso è una broncopolmonite aggravata dall'AIDS. Dal 10 di novembre Freddie sceglie deliberatamente di sospendere i farmaci salva-vita che assumeva, consapevole delle conseguenze a cui sarebbe andato incontro. Prende solo antidolorifici. Con lui in quel momento c'erano l'amico Dave Clark, l'assistente personale Peter Freestone, il cuoco Joe Fanelli e il compagno Jim Hutton, mentre il medico ─ il Dr. Cordon Atkinson ─ stava appena andandosene dopo una visita. Mary Austin ─ la sua migliore amica e ex fidanzata, in attesa del secondo figlio ─ non era in casa, ma s'è occupata di avvisare telefonicamente dell'accaduto i genitori e la sorella di Freddie. | |
[dalla Cronologia Queeniana del 24 novembre ─ Claudio Tassone]
■ Dalla stampa italiana dell'epoca...
Per le citazioni si ringrazia SpazioRock e invito a leggere lo speciale originale di Gaetano Loffredo disponibile QUI.
─ Manuele Bellisari
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È morto Freddie Mercury
«Freddie Mercury si è spento serenamente nella sua casa di Kensington a Londra. È morto di broncopolmonite, indotta dall'AIDS», ha dichiarato l'agente dei Queen Roxy Meade, in un breve comunicato diffuso nella tarda serata di ieri.
Esponente di punta del rock britannico per quasi 20 anni, leader e cantante dei Queen, Mercury ha portato il suo gruppo ai primi posti delle classifiche di vendita con brani come «Bohemian rhapsody» e «We are the champions», che hanno venduto milioni di copie in tutto il mondo e hanno risuonato in tutte le discoteche.
Mercury (il cui vero nome era Frederick Bulsara), aveva 45 anni. Soltanto sabato scorso, diffondendo tramite il suo agente un comunicato che aveva destato parecchia emozione nell'ambiente artistico londinese, Mercury aveva rivelato di essere malato di AIDS. Ma il musicista non aveva mai fatto mistero con nessuno della sua bisessualità e della vita sregolata che amava condurre. «Ho avuto molti amanti, ho cercato relazioni di ambo i generi, con maschi e con femmine, ma tutte sono andate male», diceva spesso.
Annunciando di avere l'AIDS, il cantante aveva spiegato di aver voluto fino a quel momento tenere nascosta la sua condizione «per tutelare la privacy delle persone che mi sono vicine»; «è tuttavia arrivato il momento che i miei amici e i miei fan in tutto il mondo conoscano la verità», aveva detto, «e spero che tutti vogliano unirsi a me, al mio medico e a tutti quelli che nel mondo lottano contro questa tremenda malattia». «Il riserbo», aveva aggiunto, «è sempre stato importantissimo per me, che sonò famoso per non concedere interviste. Vi prego di capire che questa linea continuerà». E aveva concluso «Ho imparato a starmene tranquillo. Penso che naturalezza e sincerità siano doti vincenti e spero che entrambe traspaiano dalle mie canzoni. Come vorrei essere ricordato? La cosa riguarda gli altri e, dopo morto, a chi potrà importare? A me no, di sicuro, io vivo per il domani».
Da quasi due anni Mercury viveva pressoché segregato nella sua bella casa londinese, frequentando un giro ristrettissimo di amici. La sua ultima comparsa in pubblico, poco più di una breve apparizione, risaliva a 18 mesi fa, per una cerimonia di premiazione. Le fotografie scattate in quella circostanza, e pubblicate oggi dai giornali inglesi, lo mostrano sofferente e molto smagrito.
Dal 1986 i Queen, il gruppo pop di cui era fondatore e anima, non facevano tournées, e un loro ritorno sulle scene sarebbe ormai stato considerato un evento.
Mercury era nato a Zanzibar il 5 settembre 1946, figlio di un ragioniere del governo, e aveva studiato a una scuola privata di Bombay. Quando la famiglia aveva fatto ritorno in Gran Bretagna, si era iscritto allo Ealing College of Arts. Formò i Queen nel 1971, con Brian May, John Deacon e Roger Taylor. Il loro primo album, del luglio 1973, si intitolava semplicemente «Queen». Seguì, un anno dopo, «Queen II», ma fu l'LP «A night at the opera» - contenente il pezzo di sette minuti, uscito anche in single, «Bohemian Rhapsody» - a decretarne il successo. Tra i primi del pop e del rock, i Queen si affidarono con successo ai video per lanciare le loro musiche. I loro dischi sono stati venduti, in tutto il mondo, in milioni di esemplari.
I funerali di Freddie Mercury (il musicista verrà cremato), si svolgeranno in forma privata in settimana.
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Ci sono svariati errori (ad esempio: i Queen non si formarono nel 1971 ma nell'aprile del 1970 e John Deacon ancora non c'era) ma questo è ciò che venne scritto a solo un giorno dalla sua morte.
Ciao Freddie, ora,sempre e per sempre...
... I STILL LOVE YOU
─ Enrico Paoli, 2016 - chitarrista e fondatore del gruppo metal Domine
─ Manuele Bellisari
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L'AIDS più forte di Freddie
Freddie Mercury, cantante del gruppo rock inglese Queen, si è spento domenica a 45 anni nella sua lussuosa casa londinese di Kensington.
Sabato il suo manager aveva ammesso - dopo ripetute smentite - che Mercury era affetto dall'AIDS. Poche ore dopo, una broncopolmonite, conseguenza del male, ha ucciso la rockstar inglese.
E in questa morte annunciata - soltanto quando è cominciata l'agonia si è deciso di confermare ciò che tutti ormai sapevano - c'è qualcosa di tristemente inquietante.
Mercury è morto come è vissuto, sotto i riflettori della curiosità e dello scandalo: perfetto eroe di un rock non più ribelle, ma prodotto da supermercato. Una musica da vendere e consumare, che vende e consuma i propri miti. Freddie Mercury è la prima rockstar planetaria vittima della peste del Duemila. Vittima, perché la malattia non è una scelta: furono scelte, disperate ma coscienti, quelle di Jim Morrison stroncato dagli eccessi, di Janis Joplin e Jimi Hendrix uccisi dalla droga. Persino John Lennon, assassinato, pagò in fondo l'estremo tributo alla mitologia del rock divinità crudele che divora i figli prediletti.
Il leader dei Queen non aveva la genialità maledetta e autodistruttiva di quegli antichi campioni: la sua esistenza artistica è stata creata e orchestrata dai burattinai della musica, dalle case discografiche e dagli uffici stampa che costruiscono i personaggi secondo i gusti mutevoli di un mercato gestito con criteri industriali. Anche le voci sulla sua malattia, che circolavano con insistenza da un paio d'anni, sono state ci pare sfruttate commercialmente, inserendo nei dischi e nei video recenti dei Queen sinistri segnali: esempio ultimo, il titolo dell'album «Innuendo», che in inglese significa «insinuazioni maligne».
Qualcosa di analogo avvenne negli Anni Sessanta, ai tempi delle dicerie sulla presunta morte di Paul McCartney. I Beatles forse si divertirono a spargere nei loro dischi pseudomessaggi cifrati che i fans interpretavano a modo loro. Ma era un gioco, McCartney godeva di ottima salute.
Invece, proprio in questi giorni esce con allarmante tempismo un album antologico dei Queen, pubblicizzato in tivù con un vecchio video che ci mostra un Freddie Mercury ancora bello e impossibile. Ben diverso dall'uomo smagrito e provato degli ultimi giorni: un malato terminale ancora impietosamente dato in pasto ai giornali fra pettegolezzi e incredibili smentite.
Nato a Zanzibar il 5 settembre del '46, figlio di un consulente del governo britannico, Frederick Bulsara (questo il suo vero nome) aveva studiato a Bombay prima di trasferirsi in Inghilterra con la famiglia. A Londra aveva conosciuto Brian May, John Deacon e Roger Meadows-Taylor, e con loro aveva fondato nel '71 i Queen. All'epoca, due generi musicali andavano per la maggiore: l'hard rock di marca Led Zeppelin, e il glam alla Marc Bolan. I Queen, ben consigliati dai discografici della Emi, seppero coniugare i due filoni: unirono a una musica dura e aggressiva l'immagine seduttiva Mercury, sex symbol omosessuale, ora macho sfrontato in provocanti tenute di cuoio nero, ora reginetta del ballo fra lustrini e chiffon.
«Queen», l'album del debutto nel '73, fu un immediato successo. Ma furono «A Night at The Opera» e «A Day at The Races», rispettivamente del '75 e del '76, a consacrare Mercury e compagni nel ruolo diffìcile da mantenere di rockstar del decennio e di nuovi Beatles: all'epoca la stampa inglese orfana dei Fab Four cercava disperatamente chi prendesse il posto di Lennon e sodali, e pure i supergay del rock parvero degni candidati alla successione.
Fin dagli inizi, i pochi critici avveduti, e il pubblico più esigente, non nascosero le riserve su una band dal suono pomposo ed elaborato, ma tutt'altro che innovativo. Tuttavia, «Bohemian Rhapsody», brano dal vago sapore operistico, e «We Are the Champions», carezzevole best seller esaltato dalla particolarissima voce di Mercury, si sono conquistati una nicchia tra i classici del rock. Se non altro, nel settore «fenomeni di consumo». Altri hit furono «Radio Ga Ga» e «We Will Rock You».
Mentre cresceva la popolarità dei Queen, il loro sound abbandonava l'hard per adeguarsi alle mode di giornata, dal rockabilly alla disco-music. E Freddie Mercury, star riconosciuta - negli Anni Ottanta sarà, in realtà, un solista con gruppo d'accompagnamento - non perdeva occasione per rivelare sconcertanti gusti musicali: dagli episodi spagnoleggianti («Las palabras de amor»), al rifacimento del classico «The Great Pretender», fino all'apoteosi kitsch di «Barcelona», raccapricciante ibrido di rock e lirica in duetto con il soprano Montserrat Caballe.
Certo, dal punto di vista artistico la vicenda dei Queen può non essere considerata fondamentale: ma la figura di Freddie Mercury resta un esempio cruciale, simbolo di un'epoca e di un gusto. L'epoca del super-rock industrializzato, fondato sul business e sull'immagine.
Forse, il musicista Freddie Mercury non ha detto molto. Ma l'ha detto forte.
─ Luca Turilli, 2016 - chitarrista, autore e produttore, fondatore dei Rhapsody of Fire
─ Manuele Bellisari
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Freddie Mercury, splendore e decadenza di un divo
Incomincia così l'ultima storia d'amore fra una delle più osannate star di questa fine secolo e un parrucchiere dell'Hotel Savoy. Uno strano legame fra un miliardario principe del pop e un «cenerentolo» che guadagna un pugno di sterline alla settimana. Una curiosa mésaillance che proseguirà fra litigi e riappacificazioni, dispetti, tradimenti e gelosie sino al novembre del 1991 quando l'AIDS stroncherà la vita di Freddie Mercury.
Proprio in questi giorni, a tre anni esatti di distanza dalla morte di una delle più amate e rimpiante stelle della scena musicale, l'eroe di Radio Gaga, Love Kills o We are the Champions, la Mondadori manda in libreria "I miei anni con Freddie Mercury", il racconto di quella lunga e tempestosa convivenza fatta in prima persona da Jim Hutton. Una storia sentimentale totalmente disinteressata, se c'è da credere a quanto scrive Hutton: «Mi innamorai di lui per quel che era, senza badare a quale mestiere facesse (...) Nonostante tutto ciò che apparentemente aveva ottenuto, aveva un'aria singolarmente insicura. Sembrava del tutto sincero e ne rimasi incantato».
E davanti agli occhi sgranati dell'impiegatuccio della grande Londra scorre da quel momento un film, scintillante: la vita da nababbo di una stella del pop. Feste dopo concerto che costano migliaia e migliaia di sterline. Regali di compleanno risolti con un assegno in bianco: «Comprati quello che preferisci». Anniversari festeggiati invitando ospiti a profusione nella nuova bellissima casa chiamata Garden Lodge. Cene nei ristoranti più lussuosi. Confidenza con i grandi del pianeta musicale: David Bowie, Elton John, Montserrat Caballé, che Mercury nell'intimità chiama familiarmente «Montsy». Ma c'è anche il lavoro snervante in sala di incisione con regolari e successive crisi isteriche, le discussioni con gli altri membri della band, la vita blindata per ripararsi dall'assalto dei fans, i nervi a fior di pelle prima di megaconcerti negli stadi che vedono la partecipazione di pubblici sterminati e osannanti. Jim, in seguito, lascia il lavoro di parrucchiere e viene assunto, per l'ufficialità di facciata, come giardiniere a Garden Lodge.
Ma è insieme che i due compiono lunghi viaggi: a Ibiza, in Giappone. A Tokyo, Mercury, innamorato della cultura giapponese, si lancia in compere strepitose, all'insegna dello «spendi fin che puoi». Riempie all'inverosimile la sua suite in hotel, tanto che da un certo momento in avanti gli acquisti devono essere spediti direttamente a Londra.
Geloso e capriccioso, affettuoso e generoso. Dalle pagine di Jim Hutton, che lasciano in secondo piano l'evolversi della carriera musicale, emerge una immagine vivida e umana della popstar. È molto legato ai genitori; ma vuole tenere tutto sotto controllo e ha tremendi scoppi d'ira se qualche cosa sfugge alla sua attenzione. Ama sinceramente Jim, gli piace, in scena, vestirsi oltraggiosamente da donna, lasciando poco spazio alla fantasia dei fan circa le sue preferenze sessuali; ma in pubblico si vergogna a portare la vera matrimoniale che l'amico gli ha regalato.
Poi i giorni spensierati si fermano all'improvviso per l'irrompere della tragedia: Mercury risulta positivo all'esame dell'AIDS. Nei primi tempi continua la vita di lavoro e feste di prima. Il male però avanza e inesorabile arriva l'ora dell'agonia.
Nel momento finale Freddie è fra le braccia di Jim che cerca di cambiarlo e rimetterlo a letto: «Abbassai lo sguardo sulla sua faccia e mi resi conto che era morto... Infilai il braccio sotto la nuca di Freddie; lo baciai e lo tenni stretto a me. I suoi occhi erano ancora aperti. Ricordo con estrema precisione l'espressione del suo viso e ogni notte, quando vado a dormire, lo vedo ancora lì di fronte a me. Era radioso».
─ Roberto Tiranti, 2016 - cantante e bassista dei Mangala Vallis, ex Labytinth
─ Manuele Bellisari
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Si spegneva un anno fa nella sua casa di Londra, stroncato dall'AIDS, Freddie Mercury, il cantante dei Queen. Per vent'anni era stato alla guida di uno dei gruppi rock più popolari, spesso in testa alle classifiche, provocatori già a partire dal nome (Queen in inglese vuol dire regina, ma è anche un modo di indicare gli omosessuali), «eccessivi» nell'immagine, nel gusto un po' kitsch della provocazione sessuale, musicalmente oscillanti fra rock'n'roll e romanticismo.
Mercury (il cui vero nome era Frederick Bulsara) era nato nel 1946 a Zanzibar, in Tanzania. Pochi anni dopo rientrò con la famiglia a Londra,dove si diplomò in arti grafiche.
Ma la professione di illustratore lasciò subito il posto alla vera ambizione del giovane Freddie, quella di diventare il cantante di un gruppo rock che riuscisse a diventare celebre quanto i Beatles; e certo i Queen sono andati abbastanza vicini ad eguagliare i quattro baronetti in quanto a popolarità.
L'industria lo ricorda a modo suo: la Emi pubblica "The Freddie Mercury Album", una raccolta di tutte le migliori incisioni di Mercurv come solista, realizzate fra il 1984 ed il 1988, compresa Barcelona - registrata con il soprano spagnolo Montserrat Caballe. Esce contemporaneamente sul mercato la videocassetta "The Freddie Mercury Tribute" contenente la registrazione integrale del concerto commemorativo tenutosi allo stadio Wembley di Londra lo scorso 20 aprile, con David Bowie, Elton John, Guns N'Roses, Metallica, Annie Lennox, Zucchero e molti altri. Tutto il ricavato della vendita del video sarà devoluto dalla Mercury Phoenix Trust alle maggiori organizzazioni mondiali impegnate nella lotta contro l'AIDS.
─ Michele Luppi, 2016 - cantante, attuale bassista dei Whitesnake
Quante volte ci siamo inorriditi guardando l'ORRENDO e VERGOGNOSO servizio di Diego Cimara, pieno zeppo di falsità su Freddie? Ebbene, anche all'epoca c'è stato chi non è rimasto in silenzio: un certo Fabrizio Gnauli di Roma scriveva una lettera al direttore di TV Radiocorriere, Aldo Falivena, esprimendo il suo più totale dissenso. Ecco la trascrizione della lettera, seguita dalla risposta del direttore... ─ Manuele Bellisari * * * NOTIZIE E PREGIUDIZI Egregio direttore, sono rimasto a dir poco sconcertato da un breve servizio trasmesso dal TG1 delle 13:30. Tale servizio era dedicato alla tragica scomparsa di una delle figure più importanti del mondo del rock, Freddie Mercury. Il giornalista, qualificato sprezzantemente l'artista come bisessuale e violentatore di bambini, in preda ad un ovvio attacco di livore, non esita a definire lo stesso come artista mediocre screditando persino una sua realizzazione assieme alla celeberrima cantante lirica Monserrat Caballè. A prescindere dalla veridicità delle affermazioni così "elegantemente" fatte in apertura di servizio, stupisce il silenzio sull'importanza e sul merito di un gruppo storico come i Queen, precursori sotto molti punti di vista di un nuovo modo di concepire la musica, non più legata solo ad un aspetto strettamente musicale, ma anche visivo.. Per non parlare del lato squisitamente musicale del gruppo, geniale commistione di rock ed atmosfere epiche e sinfoniche. Evidentemente l'autore del servizio, oltre ad essere scarsamente informato, nutriva poca simpatia per lo scomparso. Credo però che un sentimento di "pietas" cristiana imponga, almeno negli anni più nobili, di ricordare anche nel bene una persona scomparsa. Che bella lezione di giornalismo! Sarebbe questa la tanto decantata professionalità del giornalismo RAI? Risposta direttore ─ Se le cose stanno come lei dice, che dubbio c'è, fu un'occasione mancata per l'informazione. |
─ Fabio Lione, 2016 - cantante dei gruppi heavy metal Vision Divine e Angra
─ Manuele Bellisari
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Elton a Freddie «T'amerò sempre»
LONDRA. Fiori da tutto il mondo per i funerali di Freddie Mercury che si sono svolti ieri a Londra. La rockstar britannica, cantante del gruppo Queen, è morto domenica scorsa di AIDS.
Alla breve cerimonia, secondo il rito di Zoroastro, voluto dall'artista, hanno preso parte una cinquantina di persone. Oltre ai tre componenti della band, Roger Taylor, Brian May e John Deacon, anche Elton John e Mary Austin, ex compagna di Mercury, accompagnata da Dave Clark.
Due sacerdoti hanno officiato il rito funebre cantato, durante il quale sono state suonate registrazioni di brani di Aretha Franklin «Precious lord take my hand», «You've got a friend», e un'aria di Verdi interpretata dalla soprano Monserrat Caballe, sulla cui musica Mercury incise la canzone «Barcelona».
Il feretro è stato trasportato nel crematorio di West London a bordo di una Rolls-Royce nera. Roxy Meade, addetto stampa di Mercury, ha detto che sono arrivati fiori da tutto il mondo, in quantità tale da ricoprire un'area di quasi mille metri quadrati. I tributi tra cui anche quello di David Bowie, accompagnati da un biglietto con su scritto «Will be missed» (Ci mancherà) sono stati distribuiti in tutti gli ospedali di Londra dove sono ospitati ammalati di AIDS.
Elton John ha deposto sulla tomba del cantante dei «Queen» una corona di rose rosa a forma di cuore su cui c'era scritto: «Grazie per essere stato mio amico. Ti amerò sempre. Elton».
La fulminante notizia della morte di Freddie Mercury ha colpito il mondo del rock con un impatto paragonabile a quello che ha avuto sull'opinione pubblica americana la notizia che Magic Johnson, la stella del basket, è sieropositivo. Molti i gruppi di hard rock che cambiano filosofia di vita. I Danger Danger, che incitano i loro fan al sesso cercano di correggere il tiro, e nei loro concerti invitano a combattere le battaglie del sesso e a «mettere un elmetto al vostro soldatino».