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Brian May - articolo per il Daily Mirror [11 gennaio 2016]

12/1/2016

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Brian May ricorda David Bowie e racconta come lui e i Queen scrissero la leggendaria Undre Pressure

di Brian May, dal Daily Mirror ─ 11 gennaio 2016
Traduzione in italiano di Barbara Mucci per
Comunità Queeniana Italiana

ImmagineIl Mountain Studios in anni recenti, ora adibito a mostra permanente.
David Bowie e noi Queen veniamo dalla stessa nazione, ovviamente…, in particolare da Londra. Ma entrammo in contatto per puro caso. Capitò di ritrovarci allo stesso momento in una piccola e tranquilla cittadina di nome Montreux, in Svizzera. Dalla fine degli anni ’70 abbiamo lavorato nel piccolo studio che si trovava lì, il Mountain Studios, insieme a David Richards, e ci piacque così tanto che lo comprammo, e continuammo a lavorarci fino a quando Freddie ci lasciò.

David Bowie si era trasferito in Svizzera per viverci, e dopo averlo conosciuto, un giorno venne a salutarci mentre stavamo registrando. Beh, il tempo offusca un po’ la memoria, ma per quello che ricordo decidemmo subito che il modo migliore per conoscerci meglio fosse suonare insieme. Così ci precipitammo in studio e prendemmo gli strumenti. Ci divertimmo molto a fare pezzi di canzoni che tutti conoscevamo.

Ma poi decidemmo che sarebbe stato bellissimo creare qualcosa di nuovo, sull’onda del momento. Mettemmo tutto sul tavolo, ed il mio contributo fu il riff in RE che mi frullava nella testa. Quello che ci colpì fu però il riff che Deacy iniziò a suonare: 6 note uguali e poi una quarta più bassa; “Ding-Ding-Ding Diddle Ing-Ding”, si potrebbe dire…

Ma all’improvviso ci prese l'appetito e andammo in un ristorante per mangiare e soprattutto bere (il fatto che si beva il Vaux a Montreux è un fatto ben noto).

Dopo due o tre ore, torniamo in studio. “Com’era quel tuo riff, Deacy?”, disse David Bowie. “Era più o meno così”, disse John Deacon. “No, non era così”, disse Bowie, “Era così”…

Fu un momento molto divertente perché vidi David Bowie muoversi e mettere la sua mano sopra la mano di John per fermarlo. Fu anche un momento di tensione perché sarebbe potuta andare diversamente. A Deacy non piaceva quando gli si diceva cosa fare, specialmente con interferenze fisiche mentre stava suonando. Ma lui era di indole pacata, e tutto filò liscio.

Poi iniziammo a suonare, usando quel riff come punto di partenza. Normalmente, se eravamo solo noi, ci avremmo pensato in un secondo momento, ed avremmo cominciato a tracciare la struttura della canzone.

David invece disse: “Dovremmo andare avanti in modo istintivo, qualcosa accadrà”.

Ed aveva ragione. Andò proprio così! Misi un piccolo riff di chitarra all’inizio del riff di John (David fu categorico sul fatto che dovesse essere suonato con una 12-corde, così ho provveduto successivamente a sovrainciderlo). E poi iniziammo a buttare giù idee per sviluppare una base musicale.

Il brano aveva una struttura che prima si adattava a delle strofe per poi, dopo un momento contemplativo, portare ad un climax finale.
Ho fatto in modo da mettere il mio riff lì. Ricordo che dissi: “Fico! Sembra come i The Who”. A quel punto David aggrottò un po’ le ciglia e disse: “Non suonerà come i The Who alla fine!”.

A quel punto non avevamo ancora una canzone… nessuna parte vocale, niente testo – nemmeno il titolo – nessun indizio di ciò che la canzone volesse dire – solo una base strumentale. Ma spaccava! Nata in modo totalmente spontaneo, era fresca come una rosa.

Ci fermiamo qui? Andiamo avanti e ci scriviamo un canzone? “No”, disse David. Lui aveva lavorato con un gruppo di persone che aveva sviluppato una tecnica per creare una canzone “democraticamente”, come fu per la base musicale. La procedura era che ognuno di noi sarebbe entrato nella cabina di registrazione uno per volta, senza sentire ciò che facevano gli altri e, ascoltando la canzone, esprimevamo vocalmente la prima cosa che ci passava nella testa, incluse le parole, lavorando sugli accordi esistenti. A questo punto, Freddie elaborò il suo meraviglioso De-Dah-Day, davvero insolito, che compare nel mix finale.

Il passo successivo era di tagliare tutte le parti e fare una sorta di compilation “best of” delle parti vocali, che sarebbero state poi usate come modello per la traccia finale. Venne fuori un qualcosa di strano, molto differente.

Poi, quella sera, ce ne andammo tutti a casa, con un pre-mixaggio che fu provvisoriamente chiamato “People on Streets”, perché queste parole erano parte del brano provvisorio. Il giorno dopo ci riunimmo nuovamente, e credo fossi pronto per provare qualche nuova idea. Ma David era arrivato per primo, e ci disse che voleva riprendere il brano, perché sapeva cosa dovesse diventare.

Quindi, per farla breve, ecco cosa avvenne.

Facemmo tutti marcia indietro e David buttò giù le parole incentrate sul tema “Under Pressure” del testo già esistente. Fu molto strano per noi cedergli il controllo, ma David stava avendo un momento di genio - perché il testo era molto eloquente.

Ed il resto è storia? Beh, non proprio…

Quando dovemmo mixare il brano, io (stranamente, dato che ero quello se ne andava dallo studio per ultimo) decisi di tirarmi fuori, perché con troppi galli non fa mai giorno. Roger invece tenne duro e, visto che era fan di Bowie già da tempo, fu determinante per la riuscita della canzone. Di fatto, non venne mixata se non qualche settimana più tardi a New York.

Questa è un’altra storia, non ero presente. Tutto ciò che so è che Freddie e David avevano idee diverse su come il mix dovesse essere realizzato, e l’ingegnere del suono non sapeva tanto bene come funzionasse lo studio! Quindi, finì con un compromesso… un mix frettoloso e grezzo…

Ma quello fu ciò che poi divenne il brano finale, e anche il singolo, che lasciò il segno in tutto il mondo.


Da allora, Roger rimase molto in contatto con David. Ci incontravamo spesso al Montreux Jazz Festival, a casa di Claude Knobs (l'ideatore della manifestazione), o a casa di Charlie Chaplin, lì vicino, a Vevey. La sua ultima moglie era amica di David e molto ospitale.

Tutto ciò che ci legava era lì, e ricordo che David era anche molto paziente con mio figlio Jimmy… giocava con lui sul pavimento con i giocattoli di Claude.

Ma la volta in cui di nuovo passammo dei momenti seri insieme fu alle prove per il Freddie Tribute, che Roger ed io organizzammo dopo la sua scomparsa.

Ci fu un momento molto singolare quando ho guardato in giro per la sala prove e mi sono reso conto che su alcune sedie di fortuna, in fila in attesa del momento per provare, c'erano seduti Roger Daltrey, Robert Plant, George Michael e David Bowie.

Ricordo che David si lasciò coinvolgere profondamente e diede un meraviglioso contributo allo show, incluso un momento eccezionale quando si inginocchiò recitando il Padre Nostro. Se guardate le nostre facce in quel momento noterete che fu una grande sorpresa, tanto per noi quanto per il pubblico.

Immagine

Il duetto di David con Annie Lennox di quella sera fu leggendario. Ma praticamente quasi tutto ciò che faceva David era leggendario. Mai prevedibile, mai classificabile, con l’innata capacità di guardare le cose in modo diverso e creativo e senza timore. È sicuramente uno dei musicisti più grandi della Gran Bretagna.

Certamente sono molto orgoglioso di aver lavorato con lui.

RIP David.
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Mi sono svegliato tardi, dopo una lunga nottata, con una notizia scioccante: David Bowie se n'è andato.
Non so se saprò reagire immediatamente.

Era un talento formidabile e la sua perdita per la Musica e la Cultura è inestibabile.
Sempre impegnato, innovativo e... scioccante, dentro e fuori dalle nostre vite.

Ma questa notizia è dura da accettare.

Non avevo idea che fosse prossimo alla morte. Mi sarebbe piaciuto potergli dire qualcosa…

È tristissimo. Sentite condoglianze alla sua famiglia.

Però che vita!

Salutiamo tutti David Bowie, l'Uomo delle Stelle, il Mito. RIP.


Bri

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Fonte: www.brianmay.com
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana.

─ @claudiobadger
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