di Bob Harris, BBC Radio 2, 14 febbraio 2018
Trascrizione in inglese di Jen Tunney per www.brianmay.com
Traduzione in italiano di Barbara Mucci per Comunità Queeniana Italiana
Per uno dei momenti salienti del "Whistle Test", torniamo allo speciale di Natale dei Queen trasmesso in diretta dall'Hammersmith Odeon la vigilia di Natale del 1975, il 24 dicembre.
[♫ Now I’m Here ♫ in dissolvenza]
Solo un pezzettino di “Now I'm Here”. Quelli erano i Queen sul palco dell’Hammersmith Odeon. E quella era la nostra puntata speciale di Natale. Brian May è qui per ricordare insieme a noi quel momento, perché la prima volta che ci siamo incontrati, se non sbaglio, è stato al Rainbow Theatre un paio di anni prima. Brian, voi stavate suonando come band di supporto ai Mott the Hoople.
Brian May:
Beh, il concerto al Rainbow era nostro, in verità, ma le volte precedenti all’Hammersmith eravamo a supporto dei Mott The Hoople. Sì, era proprio quello il periodo.
BH: Proprio così.
BM: Sì, sì… Era la nostra prima volta all’Hammersmith Odeon, come veniva chiamato allora. Non so come diavolo lo chiamino adesso. Per me sarà sempre l’Hammersmith Odeon. Facevamo da spalla ai Mott The Hoople, e poi abbiamo avuto il nostro concerto al Rainbow… Successivamente siamo tornati all’Hammersmith da headliner per quell’occasione.
Sì, ma “Now Im Here” è una canzone scritta da te sulla vostra esperienza in tour con i Mott The Hoople, non è vero?
Proprio così, ma parla anche in generale di rock’n’roll e di come mi abbia travolto… e non mi drogavo nemmeno, pensa un po’.
“Down in the city just Hoople and me”.
Esattamente.
Ma quello Special di Natale che abbiamo fatto insieme nel Dicembre del ’75, Brian… Intendo anche la grande atmosfera che si era creata attorno alla band in quel periodo... Perché poi sono venuto a conoscenza di alcune riprese utilizzate in alcuni dei video che avete fatto e tutto il resto… È una cosa che mi ha enormemente colpito, Brian, ossia la misura in cui la band aveva a cuore i suoi fans ed il modo in cui vi rivolgevate a loro.
Beh, questa che hai detto è una cosa molto bella. Sì, lo abbiamo fatto e ci siamo sentiti molto fortunati ad avere il tipo di fan che avevamo, se proprio vogliamo chiamarli fan, perché erano molto intelligenti e non ci hanno mai chiesto di adattarci ad alcun tipo di schema, cosa di cui saremo sempre grati. Perchè ci siamo evoluti continuamente come band, ma i fan sono rimasti sempre fedeli. C'è comunque qualcuno che occasionalmente si lamenta, sai, "Ma cosa stanno facendo adesso?". Sostanzialmente però ci hanno sempre seguito e ci hanno permesso di intraprendere un viaggio incredibile senza alcun tipo di barriera. Quindi, siamo davvero molto, molto orgogliosi dei nostri fans. E poi è arrivato un momento in cui i fans, come dire… hanno preso il controllo della situazione, perché quando... beh, sto pensando a Bingley Hall, alcuni anni dopo, quando il pubblico cantava tutte le canzoni e altre ancora, e ci siamo resi conto che il nostro pubblico era parte di ciò che eravamo e che uno spettacolo era un’esperienza bilaterale, non a senso unico. È divertente. Questo ora mi ricorda come abbiamo scritto “We Are The Champions” e “We Will Rock You” e come queste canzoni abbiano coinvolto il pubblico in modo estremamente partecipativo.
Ma questo mi riporta anche ad Hammersmith in un certo senso, perché ricordo che una delle mie prime impressioni è stata l’idea di fare uno spettacolo e di farlo in maniera teatrale. Penso che siamo stati dei precursori in un certo senso, sai, una sorta di leader in quel campo, perché quando i Queen hanno iniziato tutto era basato su “suoniamo con le spalle al pubblico e diamogli solo l’atmosfera, amico...”. Capisci? Mettere in piedi uno spettacolo non era molto cool ma siamo andati là fuori e abbiamo detto: “No, faremo uno spettacolo in piena regola. Avremo suoni e luci e ci impegneremo al massimo; tireremo fuori il massimo, perché siamo qui solo per due ore. Diamogli tutti noi stessi. Assordiamoli ed accechiamoli, facciamo in modo che ne vogliano di più". Quindi eravamo molto coinvolti in ogni singolo spettacolo.
Di solito eravamo illuminati molto, molto bene – non c’erano luci esagerate a quei tempi, ma erano puntate su di noi mentre il pubblico era sempre al buio, e ricordo invece che salendo sul palco dell’Hammersmith TUTTE le luci erano accese ed anche tutte le luci della TV e così via. Siamo rimasti lì in attesa che tu facessi il tuo annuncio guardando il nostro pubblico illuminato, ed è stata un’esperienza davvero strana. Inoltre non potevamo parlare. Stavamo aspettando che tu facessi l’annuncio quindi siamo saliti sul palco e ci siamo fermati e c’è stato un momento di contatto visivo – un contatto tra noi e il pubblico in un modo completamente diverso da ciò a cui eravamo abituati. Di solito, entravamo in scena in una nuvola di fumo e con un rumore assordante e, come ho detto, pensavamo "assordiamoli ed accechiamoli”. Ma in quel caso fu un’esperienza molto diversa e stranamente è stata come una sorta di liberazione perché non appena le luci si sono spente e dopo che tu avevi fatto il tuo annuncio ci siamo sentiti di nuovo a nostro agio. Ma avevamo avuto quel contatto visivo con il pubblico, ed è stata una sensazione molto intima.
Sì, penso di sì. Penso che siamo rimasti abbastanza stupiti dal fatto di essere stati scelti per fare quello spettacolo… Era un privilegio essere l’attrazione televisiva di quel Natale e sicuramente non l’abbiamo dato per scontato. È stata una grandissima occasione per noi e, naturalmente, ti ha tirato fuori dall'imbarazzo del Natale, che è una cosa bella, perché non sai mai cosa fare a Natale, no? Dove si può andare? Oh Dio, darò fastidio a qualcuno. Noi eravamo lì. Abbiamo dovuto lavorare a quello spettacolo, ed è stata una gioia. Avevamo un posto in cui stare.
Proprio così, no? Perché in realtà avete messo in pausa il Natale per qualche giorno.
Esatto.
Perché non ha fatto seguito naturalmente come la data prevista della fine del tour. C’è stato un piccolo spazio tra...
Esatto.
…le date del tour che stavate già facendo e questo show – all’Hammersmith Odeon.
Esatto.
Quindi avete avuto un bel po’ di tempo per pensarci e prepararvi.
Sì, lo abbiamo impostato come una cosa separata e poi abbiamo fatto le prove, come d’abitudine per noi. Voglio dire, ci teniamo molto a provare, ma ci piace anche improvvisare. Ci piace uscire sul palco e correre dei rischi, ma non c’è niente come le prove per metterti sul giusto binario. Devi sapere cosa stai facendo per poter correre dei rischi.
Certo.
Ti sei dimenticato di raccontare della prima volta che ci siamo incontrati. Beh, non ci siamo proprio incontrati, ma il primo contatto è stato quando hai mandato in onda “Keep Yourself Alive” all’Old Grey Whistle Test e noi ancora non ti conoscevamo. Eri una star che pensavamo non saremmo mai riusciti ad incontrare e poi tu metti su “diddle-iddle-ing, diddle-iddle-lum”, e c'era un trenino in corsa e tutte quelle meravigliose immagini di vecchi film. E quella fu la primissima volta che venimmo trasmessi in TV.
La conosci la storia?
Raccontamela.
Beh, successe che a Mike Appleton ─ sai, il produttore del programma ─ qualcuno aveva lasciato un disco con l’etichetta bianca [i cosidetti pezzi in anteprima, ndt] sulla sua scrivania. Ma non era etichettato in alcun modo, quindi non sapevamo cosa fosse. Lui lo mise sul giradischi e ovviamente ci è piaciuto molto. L’ha passato a Phillip Jenkinson che ha abbinato le immagini. Brian, non è sorprendente la misura in cui determinate combinazioni di musica e film si stampino indelebilmente nella nostra mente?
Assolutamente.
E andò proprio così, perché quelle immagini erano come un treno in corsa.
Lo erano, davvero. Indimenticabile, per tutti noi. E tu ci hai concesso quel primo contatto, e te ne saremo per sempre grati. Ecco perché sono qui oggi, per onorare il nostro lungo rapporto di lealtà.
Un ultimo pensiero, perché sai… il lavoro che abbiamo fatto insieme – riprese per documentari, interviste… un sacco di cose che abbiamo messo insieme... Brian, in quel momento non vennero pubblicate, almeno fino a poco tempo fa quando sono stati ritrovati alcuni documentari dei Queen che hanno avuto un impatto grandissimo.
È incredibile. Un impatto davvero grande, sì, e molte delle riprese di te mentre ci intervisti sono state finalmente portate alla luce ed erano tutte ricoperte di polvere e graffi. I ragazzi hanno fatto un ottimo lavoro di restauro ma, ovviamente, è il momento storico ad essere molto prezioso. Siamo tutti lì, parliamo di cose di cui tutti noi, sono sicuro, ci siamo dimenticati. Quindi questo è stato uno degli ingredienti più importanti del documentario. In certi casi, siamo persone un po’ dispotiche, come ben sai, ma per una volta non abbiamo messo mano sul materiale che è emerso... Rhys e Simon hanno messo insieme quel documentario senza che noi interferissimo e penso che abbiano fatto un ottimo lavoro. È stato un gesto d’amore da parte loro, perché sono sia fan che professionisti, e che magnifico lavoro hanno fatto sui documentari dei Queen…!
Splendido, assolutamente. Un’ultima cosa sul concerto all’Hammersmith Odeon, Brian.
OK.
Riguarda l’esecuzione di “Bohemian Rhapsody”, perché uno degli aspetti di “Bo Rhap” che penso sia affascinante è il pianoforte. Lo spessore che il pianoforte ha introdotto in quella canzone… Ho sempre pensato questo: Paul McCartney, ad esempio, che come ben sai suona il basso, che poi si siede al pianoforte e riesce a conferire un suono completamente diverso ad una canzone e, naturalmente, è anche quello che ha fatto Freddie, non è vero? Ed è anche il modo così peculiare con cui lui suona il pianoforte, battendo sui tasti alti con la mano sinistra mentre lascia la destra ferma dov’è. Praticamente la sinistra passa sopra fino….
Aveva uno stile molto personale e aveva alcuni accordi che amava suonare, non il tipo di accordi facili per i chitarristi, e tutto questo ha avuto una grande influenza su di me. Un questo modo ho imparato a suonare i MI bemolle, i LA bemolle ed i FA, e qualsiasi altra cosa che la maggior parte dei chitarristi odia davvero fare, ma questo ha contribuito a farmi trovare modi diversi di fare le cose. Quindi il modo in cui il pianoforte e la mia chitarra si sono fusi insieme è incredibilmente – come posso dire? – incredibilmente riconoscibile al centro di gran parte del lavoro che abbiamo fatto. Freddie era un grande pianista. Lo dico senza esitazione. Lui non pensava di esserlo e col passare del tempo suonava il pianoforte sempre meno. Chiamava altre persone a suonare per lui, ma noi adoravamo il modo in cui suonava il piano. E se ascolti alcune vecchie basi spoglie come “Good Old-Fashioned Lover Boy”, “Killer Queen”, e così via... “Play The Game”, il modo in cui ha suonato con Roger e John su quelle basi è monumentale. È così percussivo, così ritmico… davvero eccezionale, Freddie, in quel campo.
Grazie Bob.
Grazie per essere stato qui. Chiudiamo con gli ultimi passaggi di “Bohemian Rhapsody”. Il modo migliore di annunciare il Natale. I Queen all’Hammersmith Odeon, la Vigilia di Natale del 1975.