Il 28 luglio 2010 Brian May viene intervistato per oltre mezz'ora da Terry Gross al programma Fresh Air.
Fra gli argomenti toccati nell'interessante discussione ci sono la stereoscopia (con l'ultimo libro curato da Brian e la London Stereoscopic Company, A Village Lost And Found), così come i suoi percorsi paralleli nel campo scientifico, ma soprattutto si parla del lavoro nei Queen e della genesi di We Will Rock You e Bohemian Rhapsody. La registrazione (inclusa in due versioni all'interno di questo articolo) è andata in onda su NPR (radio di Washington) il 3 agosto 2010. Trascrizione in inglese: BrianMay.com Traduzione in italiano di Barbara Mucci per Comunità Queeniana |

♫ Another One Bites The Dust ♫
[T] Questi erano i Queen. Il mio ospite, Brian May, è uno dei membri fondatori e chitarrista della band. In tempi recenti, si è interessato ad un altro tipo di polvere [di stelle, ndt]. Esattamente tre anni fa oggi, ha presentato la sua tesi di dottorato in astrofisica con il titolo “A Survey of Radial Velocities in the Zodiacal Dust Cloud”. Adesso lui è il Dottor May, ed è il Rettore della John Moores University di Liverpool. Ma questa non è l’unica piega nella sua carriera che potrebbe sorprendere i fans dei Queen. Brian May è anche il co-autore del nuovo libro “A Village Lost and Found”, che contiene foto stereoscopiche dal 1850. Le fotografie sono state fatte da T. R. Williams, uno dei primi fotografi stereoscopici, nel piccolo villaggio inglese in cui era solito trascorrere l’estate. Per vedere queste primissime foto in 3-D, dovete montarle su un visore progettato da Brian May, compreso insieme al libro.
Nella vita come membro dei Queen, Brian May è famoso per i suoi assoli di chitarra e per aver scritto una delle più grandi hit della band, “We Will Rock You”. Il cantante della band, Freddie Mercury, è morto nel 1991. Prima di parlare dei Queen, parleremo del nuovo libro di Brian May.
Brian May, che piacere averti qui. Benvenuto a Fresh Air.
DR BRIAN MAY (astrofisico, autore, musicista): Grazie, Terry.
[T] Hai lavorato a questo progetto sulla stereoscopia ad intermittenza per circa 25 anni, e mi chiedo cosa ti abbia attratto. Qual è? La vera storia di questo villaggio del 1850, o l’idea delle prime foto stereoscopiche?
[B] È la magia dell’effetto stereo, penso, diventato noto come 3-D negli anni ’50, ma risale ai primissimi albori della fotografia nel 1840, e in questo caso il 1850, che è vicinissima alla nascita della fotografia stessa. Sì, è la magia di vedere due fotografie dall’aspetto quasi piatto e poi metterle in un visore, oppure no nel caso riusciate a vederle senza, e poi tutto quanto prende vita. E, all’improvviso, puoi vedere una finestra virtuale, che puoi attraversare. Ora, tutti sanno di cosa sto parlando perché tutti hanno visto il film “Avatar”. Ma quando abbiamo iniziato a scrivere il libro, dovevo spiegare alle persone cosa fosse il 3-D, e, voglio dire… tu puoi dire, guarda, è come il View-Master [il View-Master è un sistema di visione stereoscopica inventato da William Gruber e commercializzato per prima dalla Sawyer's Photographic Service nel 1938. Il sistema comprende: un visore stereoscopico, dischetti montanti 7 coppie di diapositive stereo, proiettori, fotocamere e altri dispositivi per la visione o la ripresa di immagini stereoscopiche, ndt], o è come… sai, molte persone hanno avuto un’esperienza simile a questa nella loro vita. Ma noi ora, per fortuna, siamo nel pieno del boom stereoscopico, un boom 3-D. Quindi è bello per noi creare una sorta di equilibrio in questo, e mostrare alle persone che il 1850 aveva un sacco da offrire alla fotografia stereoscopica, così come ─ nel 2010 ─ il 21° secolo.
[T] Questo è un progetto abbastanza tranquillo. Riguarda il lato visivo, non il suono.
[B] Giusto.
[T] Riguardo come hai rintracciato, trovato queste foto prima che tu sapessi a quale villaggio appartenessero. Hai trovato tu il villaggio…
[B] Assolutamente.
[T] Sei tornato al villaggio. È una controparte calma della tua vita da musicista, e tu eri ancora nei Queen quando hai cominciato, giusto?
[B] Oh, sì. Voglio dire, tutto ciò risale a molto prima dei Queen, davvero. Ero interessato alla stereografia da quando avevo 9 anni. Quindi… sì, per tutta la mia vita, sembra che io abbia avuto tutti questi filoni, cose a cui ero appassionatamente interessato, e sono molto fortunato ad aver avuto la possibilità di chiudere molti di questi cerchi. Uno di questi è l’astronomia, come tu saprai. Sono riuscito ad ottenere la mia laurea in astrofisica.
[T] Il tuo Dottorato di Ricerca, certo. No, è grandioso!
[B] Il mio Phd, sì. Sono un Dottore adesso. Questa è una delle cose.
[T] Ma… ecco cosa mi stavo chiedendo. Mi chiedevo se in tutti gli anni che hai passato nei Queen, avessi bisogno di un momento di pace, un lato privato che riguardasse una passione completamente differente da ciò che stavi facendo con i Queen, un qualcosa che hai perseguito da solo e che fosse tranquillo, solitario.
[B] Sì. È sempre stato un bel cambio di scenario, rinfrescante. In tutti quei giorni con i Queen, quando eravamo in tour, di solito mi svegliavo la mattina e pensavo “Hmm, sono a Philadelphia per una delle poche volte nella mia vita”. Sai, “Cosa faccio?”. Molto spesso me ne andavo su un edificio alto per avere una straordinaria vista della città, e facevo fotografie. Ma molto spesso uscivo per vedere se c’era qualcuno che vendesse foto stereoscopiche, è sempre stata una mia passione, ed ho incontrato molte persone in tutto il mondo. Ne saresti stupito, sai… Giappone, Sudamerica, Nord America, in tutta Europa, ci sono persone interessate alla stereoscopia, disposte a fare scambi con me o trovarmi una di queste preziosissime cose che stavo cercando. E un sacco di volte mi mettevo alla ricerca di materiale di T.R. Williams, e T.R. Williams è l’uomo che ha fotografato “Scenes in Our Village” ed ha anche scritto poesie che vanno insieme a queste foto, e sono una parte molto cruciale.
[T] Ora devo dirtelo, in preparazione di questa intervista, ho ascoltato molte registrazioni dei Queen ed ho pensato a quanto divertenti siano alcune di esse, e a quanto drammatiche siano altre, e a come esse mescolino hard rock, musica teatrale e opera. Ora, se per te va bene, parlerei un po’ del tuo lavoro con i Queen.
[B] Ma certo.
[T] Ed ho pensato che potremmo cominciare questa parte dell’intervista con la più famosa canzone che hai scritto, “We Will Rock You”. Sentiamone un pezzetto. Poi ne parleremo.
[B] Bene, ok!
♫ We Will Rock You ♫
[T] Questa era “We Will Rock You” dei Queen, scritta dal mio ospite, Brian May, chitarrista della band. Cosa ha ispirato questa canzone? Voglio dire, è stata suonata in moltissimi stadi ed eventi sportivi da decenni. A cosa stavi pensando quando l’hai scritta? Pensavi ad essa come ad un inno sportivo?
[B] No, no davvero! Pensavo ad essa più come un inno rock, suppongo, un mezzo di aggregazione, giocando sul fatto che un pubblico è unito. E non mi sono reso conto che poteva adattarsi ad eventi sportivi, e questa è una cosa sorprendente. È meraviglioso per me vedere cosa ha fatto “We Will Rock You”. Sai, “We Will Rock You”, e “We Are The Champions”, naturalmente, trascendono l’impianto tipico del luogo in cui la musica viene ascoltata e apprezzata. Sono diventate parte della vita pubblica, ed è meraviglioso. Per me è fantastico se vado… sai, ad una partita di football o di calcio o in qualsiasi altro posto nel mondo, e la sento. E penso “ Mio dio, molte persone neanche si rendono conto che l’ho scritta io. Molte persone non si rendono conto che sia stata scritta!”.
[T] Giusto.
[B] È diventata una sorta di…
[T] (ridendo) Giusto!
[B] … una di quelle cose che la gente pensa che ci sia sempre stata... Sai, come tornare indietro alla preistoria. E in qualche modo, è il miglior complimento che puoi avere per una canzone…!
[T] Beh, penso… sai, che se le persone non si rendono conto che è stata scritta, in parte è perché suona quasi come un’acclamazione da cheerleader vecchio stile, sai, a causa…
[B] Sì. È diventata parte del tessuto della vita.
[T] … di quello stomp-stomp-clap, e poi perché è un tormentone.
[B] Sì, giusto. Beh… per lo stomp-stomp-clap, sì, la gente pensa che ci sia sempre stata, ma in verità non è così. E non lo so come mi è entrata in testa. Tutto quello che posso dirti è che abbiamo suonato ad un concerto a metà della nostra carriera in un posto chiamato Bingley Hall, vicino Birmingham. Ora, Birmingham è una sorta di casa dell’heavy metal, come probabilmente sai. I Sabbath e gli Slade e altri vengono da quel posto. Ed è stata una grande serata. La gente era… il pubblico rispondeva enormemente, e cantava qualsiasi cosa suonassimo. Ora, all’inizio, la cosa non ci riguardava. Eravamo il tipo di band cui piaceva essere ascoltati, presi sul serio e cose del genere, sai. Quindi la gente che canta insieme le tue canzoni non era parte della nostra agenda. Detto questo e avendo avuto esperienza di quest’onda di partecipazione del pubblico, particolarmente a quel concerto di Birmingham, abbiamo rivalutato la nostra situazione.
Ricordo di aver parlato con Freddie di questo e gli ho detto “Guarda, sai… ovviamente, non possiamo più combattere questa battaglia. Deve diventare un qualcosa che è parte del nostro show, dobbiamo abbracciare questa cosa, il fatto che la gente vuole partecipare. E, davvero, tutto diventa un processo a doppio senso”. Ci guardammo l’un l’altro e lui disse “Hmm, interessante”. E andò via quella notte e, da quanto di più certo sono a conoscenza, scrisse “We Are the Champions”, con tutto questo in mente. Me ne sono andato e mi sono svegliato la mattina dopo con questo… (♪ Brian fa con a voce “stomp-stomp-clap”♪)… in testa perché pensavo tra me e me “Cosa puoi dare al pubblico da fare mentre sono tutti lì schiacciati insieme? Possono battere i piedi, battere le mani, e possono cantare una sorta di tormentone”. Per qualche ragione, “We Will Rock You” è arrivata direttamente nella mia testa, così, semplicemente.
E per me, è una cosa che unisce la gente. È un’espressione di forza. E le parole mi sono venute molto velocemente. In effetti, tutto è venuto fuori molto velocemente, e penso che sia un buon segno quando scrivi una canzone. Deve accadere velocemente, e questo vuol dire che sarà una buona canzone. E le parole sono qualcosa di completamente diverso. Se mi chiedi a cosa stavo pensando per le parole, è qualcosa di differente, anche se sono qualcosa di connesso al tema.
[T] Riguardo al ragazzo a cui viene detto che non va bene?
[B] Sì, riguarda la crescita di un ragazzo che diventa uomo, e i suoi sogni, su come lui stesso si vede, e come vede il suo potere nel mondo. È una specie… una sorta di canzone contemplativa, davvero, sebbene sia un gran tormentone con il pugno in alto. Parla di come bilanciare il tuo potere con l’accettazione, penso.
[T] Come hai registrato lo stomp-stomp-clap in modo che suonasse imponente e risonante, al contrario di 3 persone, 4 persone che battono piedi e mani?
[B] Beh, sai, sono un fisico (ride). Così ho avuto questa idea: se lo avessimo ripetuto abbastanza, e se non avessimo usato echi o altro, avrei costruito un sound che avrebbe funzionato.
Siamo stati molto fortunati. Stavamo lavorando in una vecchia chiesa dismessa a Nord di Londra, e c’era già un bellissimo suono, non un effetto eco ma bello comunque, grande. E c’erano delle vecchie assi buttate per terra. Non sapevo cos’erano, ma sembravano l’ideale per batterci con i piedi. Così le abbiamo impilate l’una sull’altra e abbiamo iniziato a batterci sopra. E suonava già in modo grandioso.
Ma essendo un fisico ho pensato, “Beh, supponendo che ci siano un centinaio di persone a farlo, cosa succederebbe?”. Ed ho pensato “Beh, li vorresti sentire battere coi piedi. Vorresti anche un po’ di effetto, dovuto alla loro distanza da te”. Così, ho sovrapposto un sacco di ripetizioni, non un’eco ma una singola ripetizione a varie distanze. E le distanze erano tutti numeri primi.
Ora, molto più tardi, delle persone hanno progettato una macchinario per fare questo, e penso sia stato chiamato Prime Time o qualcosa del genere, ma questo è ciò che facemmo. Quando registrammo ogni pezzo, abbiamo inserito un ritardo, e nessuno dei ritardi era armonicamente legato. Così quello che ottieni non è un’eco qualsiasi, ma il battito delle mani sembra come se fosse in stereo, ma è anche diffuso come a una certa distanza da te. Così ti senti come al centro di un gran numero di persone che battono i piedi su delle assi e battono le mani...
[T] È sorprendente.
[B] … e cantano anche.
[T] Ora, c’è un’altra cosa davvero interessante per me riguardo “We Will Rock You”. È la canzone più famosa che tu abbia scritto. È una canzone prevalentemente a-cappella. Entri con la tua chitarra solo alla fine del pezzo. Tu suoni soltanto alla fine, ed è sorprendente che, come chitarrista, tu abbia scritto una canzone in cui a mala pena sei presente.
[B] Beh, compaio battendo le mani e i piedi.
[T] Beh… sì.
[B] E compaio cantando, quindi…
[T] E sei molto bravo in questo!
(Risate)
[B] Beh, grazie! Beh, compariamo tutti. Sì, Beh… dai, le canzoni non sono tutte per il chitarrista, secondo me. Le canzoni sono, sinceramente… una canzone riguarda il cantante, e se il cantante ha un’idea, allora sei “quasi arrivato a casa asciutto”.
Sai, puoi realizzare il più bel pezzo di produzione, e io amo produrre. Sai, la produzione è una grande parte della mia vita. Ma sono consapevole che se non hai il cantante giusto, e se lui non ha il feeling giusto, allora stai perdendo tempo. Per me, una canzone è una canzone, e non importa quale canzone sia. Può metterci anche una fisarmonica. Sai, se hai la canzone giusta ed il cantante giusto, e se senti la passione, è quello che conta.
I chitarristi… Beh, non volevo che fossimo standard. Non volevo che sembrasse come… “Oh, qui c’è un assolo di chitarra, e qui cantiamo un altro verso”. Volevo che fosse qualcosa di assolutamente differente. Era voluto che lasciassi l’assolo di chitarra alla fine, proprio perché era una dichiarazione finale e una dichiarazione diversa, portando il brano in una direzione completamente diversa. Cambia anche tonalità in quel punto, sai, è una specie di nave completamente diversa. Non era una canzone pop standard.
[T] Ok, allora sentiamo la parte finale di “We Will Rock You”, e ascoltiamo l’assolo di chitarra. Eccolo.
♫ We Will Rock You ♫

[T] Questo era il finale di “We Will Rock You”, scritta dal mio ospite, chitarrista, cantante e cantautore, Brian May, uno dei membri fondatori dei Queen.
Allora…
[B] Dovrei… posso fare un commento sulla fine della canzone?
[T] Ma certo! (Ridendo)
[B] È interessante che tu abbia suonato la fine della canzone. Riesci a sentire la chitarra che aspetta dietro le quinte. Era questo che volevo dire, puoi sentire questa piccola nota di feedback. E così la chitarra è presente, anche se non prende il centro della scena, attraverso tutti gli ultimi cori, e poi finalmente, irrompe sulla scena. E come puoi notare, Freddie dice “All right”, che significa che sta lasciando spazio alla chitarra, e siamo in un universo differente una volta che la chitarra inizia, e questa era l’intenzione. È molto informale.
E puoi notare… ci sarebbero un sacco di cose da notare! Puoi notare che l’ultimo pezzo, gli ultimissimi riff, sono ripetuti, e non sono semplicemente ripetuti da me suonandoli di nuovo. Sono ripetuti tagliando il nastro e ricongiungendo i pezzi più e più volte. Anche questo era voluto. È un modo di ottenere un qualcosa che ti fa rimanere in allerta fino alla fine. E poi finisce. Non c’è niente dopo di questo, e mi piace molto! (Ride)
Non c’è nessun gran finale. Finisce e basta, e ti lascia a mezz’aria pensando “Beh… cos’è successo?”
[T] Il mio ospite è Brian May, co-fondatore e chitarrista dei Queen. È co-autore di un nuovo libro sulla stereoscopia, la foto 3-D dal 1850. È intitolato “A Village Lost and Found”. Ne parleremo di più dopo un break. Questa è Fresh Air.
♫ Somebody to Love ♫
[T] Se vi siete messi in ascolto soltanto ora, il mio ospite è Brian May, membro fondatore e chitarrista dei Queen. Ha ottenuto un dottorato in astrofisica ed ora ha pubblicato un nuovo libro contenente fotografie stereoscopiche di un piccolo villaggio in Inghilterra. Ed esce con un visore stereoscopico…
[B] Proprio così, l’ho progettato io.
[T] Che dovrete assemblare da soli, e lui l’ha progettato. È stupefacente.
[B] Sì, abbiamo un GUFO.
[T] (ridendo) Così… sapete, i Queen sono un mix inusuale di hard rock, teatralità, e ci metto dentro anche l’opera. E se consideriamo che mediamente negli anni ’70 e ’80 i vostri erano fan hard rock, direi che a molti di loro non interessava la teatralità o l’opera. E questo è fantastico – è sorprendente che voi siate stati capaci di mettere tutte queste cose insieme in un modo che andava oltre i soli fans dell’hard rock. Voglio dire, sei d’accordo sul fatto che sia un mix insolito?
[B] È un mix insolito. E, di nuovo, non è stato voluto deliberatamente. Non è stato pianificato. Noi volevamo solo tirare fuori tutto quello che avevamo dentro. Da bambini, eravamo esposti ad un sacco di roba. Sai, i miei genitori ascoltavano la musica classica, e ne ho ascoltata molta mentre crescevo.
E la radio, quando eravamo bambini, era incredibilmente diversa da come era – da com’è adesso. Penso che il nostro programma preferito fosse “Uncle Mac’s Children’s Favourites”. Ora, tantissimi Inglesi te lo possono raccontare. I bambini potevano scrivere e richiedere la musica che gli piaceva, ma non era musica rock. Non era nemmeno pop music perché a quei tempi non esisteva. Così la gente scriveva e richiedeva roba come “The Thunder and Lightning Polka”. (Ride) O “The Laughing Policeman”, sai, oppure jazz di New Orleans. Sai, quando eravamo piccoli tutta questa roba era mescolata insieme, e noi dovevamo soltanto girare. Mantovani – ora, probabilmente non sai chi fosse Mantovani…
[T] Sì che lo so!
[B] Oh, Davvero? Okay. Lui aveva questi archi, sai, una collezione di violini, viole e violoncelli, eccetera. Ed ha avuto molta influenza su di noi. So per certo che tutto ciò è venuto fuori nella nostra musica. Così, da un lato, eravamo influenzati, spronati, ascoltando gli inizi della musica rock, Buddy Holly, Dio lo benedica. Ringrazio Dio per Buddy Holly, The Crickets. Questo è ciò che mi ha spronato a fare questo lavoro. Ma dall’altro lato, c’era tutta questa roba che avevamo assorbito da piccoli e che si è insinuata nella nostra musica.
[T] Ora, quando hai fatto squadra con Freddie Mercury, che è stato il cantante, l’ultimo cantante dei Queen, lui vi ha mai spinti in una direzione, oppure, sai, vi ha mai accompagnati in direzioni che non vi aspettavate di affrontare musicalmente, teatralmente, in costume?
[B] Beh, i costumi senza dubbio, credo. Sì, Freddie era… Ricordo quando Freddie ci ha visti suonare la prima volta, prima che si unisse alla nostra band, com’era composta prima. Ci chiamavamo Smile, venne da noi e disse, “È grande, è meraviglioso, è incredibile! La vostra musica è grandiosa. Ma… sapete… non vi vestite nel modo giusto”, sai… “e non avete abbastanza luci, e non siete abbastanza drammatici. Dovreste fare uno spettacolo”. Freddie ha avuto una grande influenza nel portarci verso qualcosa di molto più teatrale, studiato per avere una maggiore connessione con il pubblico. Ed è stata una gran cosa. Sì, Freddie ci ha portato un sacco di cose, che sicuramente non avremmo mai preso in considerazione, altrimenti.
[T] Il mio ospite Brian May ci parlerà di più dei Queen nella seconda parte di questo show. Lui è co-autore di un nuovo libro di foto 3-D del 1850 intitolato “A Village Lost and Found”. Ecco uno dei suoi più famosi assoli di chitarra nella canzone “Killer Queen”. Sono Terry Gross, e questa è Fresh Air.
♫ Killer Queen ♫
[T] Questa è Fresh Air. Io sono Terry Gross, siamo tornati con Brian May, membro fondatore e chitarrista dei Queen. Il cantante, Freddie Mercury, morì nel 1991. Mercury era molto teatrale nelle sue performance e nello scrivere canzoni. Una delle canzoni più teatrali e non convenzionali che Mercury ha scritto è “Bohemian Rhapsody”. Come ha fatto a fare per voi la demo della canzone prima che la band cominciasse ad eseguirla?
[B] Si è seduto al piano e… (mima il pianoforte) “De-de-de-de-de-de-de, de-de-de-de-de”, e ha detto, “E qui c’è un momento dove tutto si ferma e c’è un momento a-cappella dove torniamo di nuovo”. Lui aveva già tutto pianificato, e questo è il modo in cui è stata realizzata. La base musicale era pianoforte, basso e batteria, ed io sedevo in studio e la canzone suonava alla grande, intrigante, fresca, vivace, stimolante. E poi, quando i giorni passavano e le settimane passavano, abbiamo iniziato a sovraincidere tutte le differenti parti vocali. E, come probabilmente sai, c’è molto di nostro lì dentro. Abbiamo dovuto fare ogni parte un certo numero di volte fino a che suonasse correttamente, e poi passavamo ad un’altra parte e facevamo le multitracce di ogni cosa.
In quei giorni lavoravamo su nastri a 24 tracce, ed esaurivi le tracce abbastanza velocemente. Così, quando hai messo giù, diciamo una mezza dozzina di tracce, ne devi discutere. Devi combinarle in una sola traccia e poi vai avanti, ma è un processo rischioso perché perdi informazioni a quel punto. Abbiamo perso tante creazioni, e l’abbiamo fatto così tante volte in “Bohemian Rhapsody” che, la leggenda dice, ed è vero… (ride) … il nastro si è consumato. All’improvviso ci siamo resi conto che stavamo perdendo le parti vocali. Si stavano smorzando un po’. Abbiamo messo il nastro in controluce e ci potevamo vedere attraverso, e abbiamo pensato che non c’era rimasto neanche un po’ di ossido su di esso. A quel punto, dovevamo fare rapidamente una copia e andare avanti. È stato un modo molto differente di registrare rispetto a come si registra normalmente, perché non potevi tornare indietro.
[T] Hai detto che è cominciata con, sai, il pianoforte, e poi pianoforte, basso e batteria. Ma hai un assolo di chitarra, un assolo molto famoso.
[B] Oh, sì. È stato aggiunto dopo. Sì, certo.
[T] Sì, e costituisce una sorta di ponte tra due sezioni della canzone.
[B] Sì.
[T] Beh, ho pensato che potremmo sentire un estratto della canzone e sentire il tuo assolo di chitarra che fa da ponte a quelle due sezioni. Bene, ecco “Bohemian Rhapsody” dei Queen con il mio ospite, Brian May, alla chitarra e in alcune parti vocali.
♫ Bohemian Rhapsody ♫
[T] Questa era Bohemian Rhapsody dei Queen, con il mio ospite, Brian May, alla chitarra. E quante voci hai inciso su questa canzone?
[B] Dovrei tornare indietro con la memoria e controllare, ma un sacco, suppongo.
[T] Un sacco. Ah ah ah!
[B] Qualche dozzina. Beh, un sacco di voci per questa canzone. Perché cantavamo, normalmente siamo noi tre – io, Freddie e Roger. John non cantava. E noi avremmo cantato ogni singola riga finchè avessimo sentito che era quella giusta, che avesse la giusta spontaneità, la giusta passione, il giusto tono, che fosse sincronizzata. E poi saremmo andati avanti e sovrainciso… e sovrainciso ancora. Così a quel punto avevi per tre volte tre voci per una singola parte. Ottenevi quindi nove voci per ogni parte. Poi in alcuni casi… c’erano, suppongo, tra le sei e le nove parti sul disco… moltiplichi tutto e ottieni un… sai, Beh, circa 80 tracce, qualcosa del genere, suppongo. Ma a quel punto, quando hai 80 tracce, tutto è stato già buttato fuori e le informazioni sono contenute in molte meno tracce.
[T] Mi potresti spiegare di cosa tratta la parte del Mama Mia, Galileo, Scaramouche?
[B] No. Certo che no!
[T] Ah ah, okay! (ridendo) Freddie Mercury potrebbe avertelo spiegato?
[B] Non l’ho scritta io. Dovresti chiederlo a Freddie. Ah, Beh, non gliel’hai chiesto. Sì…
[T] Tu hai mai…
[B] No, non gliel’avrei mai chiesto…
[T] Perché non gliel’avresti mai chiesto? “Cosa sto cantando? Perché sto cantando questa cosa?”
[B] Beh, sai, è una cosa divertente. Ci penso spesso. Non abbiamo mai discusso su cosa significassero le nostre canzoni. C’era una specie di legge non scritta per cui c’è qualcosa nelle canzoni di strettamente personale, e se qualcuno avesse portato una canzone tu non ci dovevi mettere il naso. Dovevi presumere che tutti sapessero cosa stavano facendo. Ed è bizzarro, vero?
Voglio dire, più avanti questa cosa è cambiata. Ricordo quando ho cominciato a scrivere “The Show Must Go On”, e Freddie viene e si siede vicino a me. E io dico, “Guarda, voglio che tu partecipi. Voglio che facciamo questa cosa insieme”, e abbiamo assolutamente discusso ogni singola parola, e cosa significava e cosa stavamo provando a fare. Ma nei primissimi tempi questo non è successo mai e poi mai. Presumevamo semplicemente che chi scriveva la canzone sapesse cosa stava facendo.
[T] Ora fammi trasmettere una cosa che sono sicura ti sarà familiare. Eccola che arriva.
[estratto dal film “Wayne’s World”]
Mike Myers (Wayne): Penso che potremmo mettere un po’ di Bohemian Rhapsody, signori.
Dana Carvey (Garth): Buona idea.
♫ Bohemian Rhapsody ♫
[B] Il delizioso “Wayne’s World”. Sì...
[T] Sì, Mike Myers… (ridendo) … dal film “Wayne’s World”.
[B] Devo ringraziare Mike Myers per averci presentati ad una nuova generazione in quella occasione. È grandioso ciò che ha fatto quel film, sai…
[T] Cosa ha fatto per i Queen?
[B] Oh, ci ha reso completamente comprensibili ad una nuova generazione. E Freddie già non stava bene a quel tempo, ma gliel’ho fatto vedere. Mike Myers mi ha telefonato e mi ha mandato una copia dicendo, “Fai in modo che Freddie la senta, dai… puoi?”. Ed io ho detto, “Certo”. Così gliel’ho fatto vedere e Freddie l’ha adorato. Ha riso, ed ha pensato fosse grandioso, e lui se n’è uscito, davvero… ciò che disse è praticamente irripetibile, ma puoi metterci un bip se vuoi. (ridendo) Lui ha detto, sai, di avere una cosa strana con l’America, perché l’America era dove eravamo cresciuti, sai, e che ci ha resi una band - con tutti quei concerti. Eravamo soliti andare in tour ogni anno per nove mesi, e gran parte di quel tempo era negli Stati Uniti, in quel primo periodo. Quindi ci ha davvero formati come band ed avevamo assolutamente una storia d’amore con l’America.
Arrivò un punto in cui tutto andò a rotoli in America, e noi eravamo il più grande gruppo al mondo in qualunque posto tranne negli Stati Uniti. E non ho bisogno di scendere nei particolari, sai… le ragioni o altro. Non è importante, davvero. Ma era davvero complicato per noi tornare lì. C’era un intero divario nella storia dei Queen, se lo vedi dal punto di vista degli americani, e Freddie era assolutamente consapevole di ciò. E non siamo più tornati a fare un tour come avremmo dovuto. Sai, in qualsiasi altro posto nel mondo abbiamo suonato negli stadi, ma questo non è mai avvenuto negli Stati Uniti.
E Freddie, quando gli ho fatto sentire questa cosa, disse… (ridendo) … disse, “Potrebbe fare per noi ciò che nient’altro ha mai potuto”. E aveva dannatamente ragione. Sai, è grandioso che anche il fatto che Freddie morì non fece molta differenza là. Ma il fatto che “Wayne's World” l’abbia messa nel film [Bohemian Rhapsody, ndt] ha fatto sì la differenza. E suppongo che la citazione che sto cercando di rendere chiara è che Freddie ad un certo punto mi disse, “Sai, suppongo che io debba (bip) morire prima che torniamo ad essere di nuovo grandi in America”:
[T] Oh…
[B] Ed è una strana affermazione, ma diventata realtà in un modo davvero strano. Ma “Wayne’s World” è stato il veicolo con il quale i giovani hanno scoperto i Queen. Un intera nuova generazione di giovani, ed è stato grandioso per noi, e lo è ancora.
[T] Hai mai sentito la versione dei Muppets di Bohemian Rhapsody?
(Ridendo)
[B] Sì, naturalmente! Certo, sì! Beh, loro…
[T] È molto divertente. Posso mandarla in onda per i nostri ascoltatori?
[B] Certo che puoi. Beh, abbiamo dovuto sentirla per forza perché ci siamo noi sul disco. Sai, ci hanno chiesto se potevano farla, ed hanno detto “Guardate, possiamo cantarla e possiamo eseguirla, ma non possiamo proprio suonarla, quindi possiamo usare la canzone vera?”. Quindi…
[T] Oh, capisco, capisco…
[B] … generalmente… diciamo generalmente, perché non lo permettiamo a chiunque. Ma in questo caso, poiché sono i venerabili Muppets, abbiamo detto, “Ok, la facciamo con voi”. Quindi, sì, l’abbiamo prodotta insieme a loro.
[T] Divertentissimo. Eccone una parte.
♫ Bohemian Rhapsody coi Muppets ♫
[T] Questa era la versione Muppets di Bohemian Rhapsody. Parleremo ancora con il chitarrista dei Queen Brian May dopo una pausa. May è il co-autore di un nuovo libro di foto stereoscopiche del 1850 intitolato “A Village Lost and Found”. Questa è Fresh Air.
♫ Crazy Little Thing Called Love ♫

[B] Oh mio dio! Vai proprio molto indietro nel tempo, Terry. Tu…
(ridendo)
[T] Bhè, lascia che ti faccia solo questa domanda. Freddie Mercury era gay o bisessuale. Non sono sicura di come lui stesso si sarebbe descritto, ma lui non ha mai parlato di questo, che io sappia.
[B] Lui avrebbe detto “sono gay come una narciso, mio caro”
[T] Avrebbe detto questo?
(ridendo)
[B] Certo che l’ha detto.
[T] L’ha mai detto in pubblico?
[B] Certo che l’ha detto in pubblico. Freddie non era uno che misurava le parole.
(ridendo)
[T] Quindi, il nome della band…
[B] Come mi sono sentito – beh, Terry, devo andare proprio indietro con la memoria ed io…
[T] Anche… no, immagino che… è che ci sono molti omofobi tra i fan hard rock, ce n’erano anche negli anni ’70 e ’80.
[B] Come si sono comportati con Freddie? Bhè, sai, è strano. Credo che fosse una specie di argomento non trattato per un sacco di tempo. Beh, sai, davvero… la verità è che è una cosa che a nessuno dovrebbe interessare. Perché alla gente dovrebbe interessare quale tipo di orientamento sessuale abbiano gli altri? Vedi, lui non ha mai fatto mistero di essere interessato più agli uomini che alle donne. Ma è abbastanza strano, non penso fosse sempre stato così perché, sai, nei primi tempi eravamo soliti condividere le camere, ed io sapevo con chi dormiva Freddie, e non erano uomini. (Ridendo) Quindi penso che lui sia cambiato gradualmente, e non ho alcuna idea di come funzionino queste cose. Ma sicuramente non erano affari di nessuno tranne che suoi. E poi, non ne abbiamo mai veramente parlato perché non era qualcosa di importante. Perché doveva essere importante? Noi facevamo solo musica insieme.
E per i fans, non so… questa cosa non è mai stata discussa, veramente. Ma ricordo un tour promozionale per questa canzone che abbiamo fatto, intitolata “I Want to Break Free”. Ora, ci abbiamo fatto un video, una parodia di una soap opera inglese intitolata “Coronation Street”, e ci siamo vestiti come i personaggi della soap, ed erano personaggi femminili. Così, ci siamo vestiti da ragazze, da donne, e ci siamo fatti un sacco di risate. È stato esilarante fare tutto questo. E in tutto il mondo la gente ha riso, e sono stati allo scherzo e in fondo hanno capito.
Ricordo il tour promozionale nel Midwest americano e le facce delle persone diventavano cineree e dicevano, “No, non possiamo trasmetterlo. Non possiamo assolutamente trasmetterlo. Sapete, sembra omosessuale”. Ed io, “E allora?!” (ridendo) Ma ne è venuta fuori una cosa enorme. E mi rendo conto che ha danneggiato non poco i nostri rapporti con certe radio locali e anche con il pubblico.
[T] Oh, davvero?
[B] E questa è probabilmente una delle ragioni per cui si è creata quello strappo tra noi e gli Stati Uniti, ed è stata una vera tragedia perché molte delle nostre hit sarebbero state… si sarebbero adattate alla vita degli Stati Uniti, ma non ci siamo più davvero tornati fino a “The Show Must Go On” e “These Are the Days of Our Lives”. E nemmeno queste sono state delle hit come nel resto del mondo! Sono stati singoli numeri uno in ogni paese civilizzato.
[T] Ora, permettimi di capire alcuni recenti sviluppi nella tua vita. Solo pochi anni fa, hai conseguito il tuo dottorato di ricerca su un tema che stavi perseguendo da prima dei Queen, ed è l’astrofisica.
[B] Esatto.
[T] Recentemente sei stato anche il co-autore di un libro di astrofisica.
[B] Sì certo.
[T] E…
[B] È intitolato “Bang! The Complete History Of The Universe”
[T] Certamente. Quindi…
[B] Un titolo senza pretese, eh?
[T] È interessante per me pensare a te che torni all’università dopo che sei diventato una rock star. Ovviamente, quando hai conseguito il tuo dottorato, non è stato come sederti in una grande aula insieme ad altre persone, ma…
[B] Oh, sì invece. Bhè, fondamentalmente lo è stato. Ma… beh, non ho assistito a molte lezioni. Ma fondamentalmente, abbandoni il tuo status e torni ad essere uno studente. È stato difficile.
[T] Certo. E cosa è stato più difficile?
[B] Beh, è stato difficile perché dovevo essere di nuovo molto addentrato nel sistema. E ti dimentichi di quanto sia difficile, una volta che lasci la scuola e l’università, tornare in quel sistema dove sei costantemente giudicato e valutato mentre vai avanti. E poi metti insieme una parte di lavoro di cui sei particolarmente orgoglioso e c’è qualcuno che ti dice, “Beh, sì, ma puoi rifarlo di nuovo, e fare questo, questo e questo?”. È frustrante e difficile, ed è stata dura, direi. Ma non volevo essere trattato in maniera differente rispetto ad ogni altro studente. Volevo che questo dottorato diventasse qualcosa di reale. E lo è stato. E, sai, non me l’hanno resa facile. E non l’ho mai voluto! È stata dura e ci ho speso un anno, ed ho dovuto letteralmente affossare il resto della mia vita per farlo, ma ne è valsa la pena. Sono davvero felice di aver ottenuto il dottorato.
[T] Hai scritto la tua tesi su “A Survey of Radial Velocities in the Zodiacal Dust Cloud”
[B] Sì, le velocità radiali…
[T] Non so assolutamente cosa tutto ciò significhi.
(Ridendo)
[B] È un’indagine sulle velocità radiali nelle polveri zodiacali.
[T] Oh, “radiale” io lo leggo come “velocità radicale”. Ma ancora non so cosa vuol dire…
[B] Potrebbe essere radicale.
(Ridendo)
[T] Potresti dare ad una persona molto laica la descrizione di cosa stavi studiando mentre…
[B] Certo che posso.
[T] Ok allora.
[B] È uno studio sulle polveri. Semplicemente. Le polveri del sistema solare, in questo caso. Ne siamo davvero circondati, sai? La Terra ruota attorno ad una nuvola di polveri, costantemente, e molta parte di essa cade sulla Terra. Il mio esperimento tentava di scoprire il movimento di queste polveri, cercava di scoprire dove sta andando, cosa sta facendo, da dove viene, e cosa significa in termini di creazione del sistema solare. Ora, ad essere onesti, era quasi… è diventata una cosa da cui la gente scappava. Questo argomento è diventato una sorta di acqua stagnante nei 30 anni in cui sono stato assente, perché la gente era tutta concentrata sulla cosmologia, sai, lo studio su larga scala dell’universo. Ed il nostro piccolo sistema solare non era poi così interessante per molte persone. Ma, fortunatamente per me, nel momento in cui sono tornato, stavamo scoprendo gli esopianeti. Questi sono pianeti in altri sistemi solari, che ruotano intorno al loro sole. È stato scoperto che anche loro hanno le loro nubi di polveri. Allora, se dobbiamo studiare le polveri, perché non studiamo la polvere dei gradini di casa nostra, nel nostro sistema solare? E così, il mio argomento è tornato ad essere di moda, e piuttosto importante.
Il modo in cui ho studiato le polveri è stato attraverso l’effetto Doppler. E un effetto Doppler è un cambio di frequenza, di cui ti accorgi grazie al movimento. Il miglior paragone che puoi fare è la sirena della polizia. Se ascolti una macchina della polizia che viene verso di te, tu senti, “De, de, de, de, de, de” (sempre più forte). Ma quando ti supera, senti “De, de, de, de, de, de, de, de”. Diminuisce, e questo è l’effetto Doppler.
[T] Sì, è vero!
[B] Questo perché le onde si estendono quando la macchina della polizia ti passa vicino, e cambia tra il venire verso di te e l’andare oltre te. Ora, la stessa cosa accade con la luce. Quindi, stavo osservando l’effetto Doppler della luce dovuto al movimento delle polveri.
[T] Quindi…
[B] E da questo si può desumere come si stanno muovendo.
[T] Bhè, allora ci sono larghe implicazioni di quello che stavi osservando?
[B] Ah-ah-ah. Questa è una bella domanda! Le larghe implicazioni sono: da dove vengono? Sono parte della creazione dell’Universo? O si sono create adesso?
[T] Le polveri?
[B] Sì, le polveri. E, in effetti, tutto quanto detto sopra è vero. Vedi, una grande quantità di polveri si crea in ogni momento, nell’Universo, e in particolare nelle Supernovae un sacco di polveri viene buttata fuori. E noi, esseri umani, animali, piante e tutto quello che esiste sulla Terra, siamo fatti delle polveri che sono venute fuori dalle Supernovae. Ora, questa non è una cosa che ho scoperto io, è un fatto. Così, quando Joni Mitchell cantava, “Siamo polvere di stelle, siamo dorati”, aveva ragione. Noi siamo polvere di stelle. E credo sia una cosa davvero stupefacente a cui pensare. Il materiale di cui è fatto il nostro corpo proviene dall’interno delle stelle. È stato creato all’interno delle stelle!
[T] Bhè, Brian May, è stato davvero un piacere averti qui. Grazie infinite per aver chiacchierato con noi. Lo apprezziamo molto.
[B] Grazie. È stato un piacere, Terry.
[T] Brian May è il co-autore di un nuovo libro di foto stereografiche dal 1850 intitolato “A Village Lost and Found”. Potete trovare il video dei Muppets che eseguono “Bohemian Rhapsody” su nprmusic.org. potete anche vedere una carrellata di foto stereografiche di Brian May sul blog di NPR. Le trovate su npr.org.
Questa è Fresh Air.
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Qui è disponibile anche la puntata intera, con parti aggiuntive trasmesse il 3 agosto 2010 su NPR: