di Rosie Bennet, dal podcast Fret Not - Highs & Lows - episodio 15 del 6 settembre 2021
Trascrizione e traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
Nella vita non si impara mai la lezione. Da adulti si continuano a fare molti degli errori che si commettevano da piccoli. Ancora oggi di fronte alle decisioni più difficili mi sento paralizzato. Ma dalla musica ho imparato che non importa essere perfetti; la cosa davvero importante è proporre nella propria musica una parte di sè stessi. Gli errori devono essere presi come parte di ciò che si cerca di fare. Non devono rappresentare un dramma, altrimenti si smette di trasmettere gioia o comunque sentimenti positivi al tuo pubblico. Allo stesso modo, quando la gente mi vede fare qualche errore, pensa "Oh, anche lui sbaglia". Ed è come se questo ci avvicinasse umanamente.
Sono a un punto della mia carriera in cui riesco a perdonarmi per i miei errori. Ricordo che a questo riguardo il genio Frank Zappa mi rispose "Ogni volta che interpreti una canzone, anche se non è tua, diventa qualcosa che in parte stai creando anche tu. Quindi non essere ridicolo. Non puoi fare errori improvvisando mentre suoni. Stai solo creando qualcosa di diverso".
All'inizio della nostra carriera come Queen ci trovammo di fronte al bivio di separarci dal nostro management. Venimmo in contatto con John Reid, che all'epoca già seguiva Elton John. Non posso affermare che il nostro rapporto fosse comunque tutto rose e fiori, ma lui ci mise in condizione di creare il nostro miglior disco. Lui si sarebbe occupato di tutti gli altri problemi. Ci disse che poi saremmo andati avanti insieme.
I Queen sono diventati un gruppo così unito perchè dovevamo esserlo per forza, visti tutti gli attacchi che certa stampa ci riservava a ogni nostra mossa. Ci sentivamo da soli con tutto il mondo contro. Nonostante tutta la nostra fiducia nei mezzi che sapevamo di avere, non eravamo mai certi di piacere sempre al pubblico. Ma sapevamo che avremmo avuto sempre qualcosa di speciale da offrire. Ovviamente anche noi avevamo degli alti e bassi, con momenti in cui ci sembrava tutto inutile o impossibile. Erano sentimenti che potrei paragonare allo sfogliare una cipolla: ogni giorno era una sensazione diversa.
Personalmente ho avuto la fortuna di poter ascoltare a casa Radio Lussemburgo, dalla quale ho scoperto i miti del rock. Erano gli albori di questo genere. Quel primo rock non era molto partecipativo. Si andava ai concerti per mettersi composti ad ascoltare le canzoni. Lo trovavo un tantino noioso. Pensavo fermamente che il pubblico dovesse avere un ruolo più attivo ai concerti. Quando il pubblico a un nostro spettacolo ci chiamò per il bis con You'll Never Walk Alone, io e Freddie ci guardammo negli occhi e dicemmo che avremmo fatto di tutto per accrescere la partecipazione della gente. Fu così che nacquero We Will Rock You e We Are The Champions. All'inizio non era vista come una cosa figa. Dobbiamo considerare che il rock aveva giusto una decina di anni come genere affermato e noi ne stavamo riscrivendo alcune regole.
Oggi con tutti i mezzi di comunicazione che abbiamo si fa presto a cadere nella trappola di dire troppo della propria vita privata anche a degli sconosciuti. Nonostante mi reputi una persona abbastanza attiva sui social e con la stampa, tengo sempre le cose più importanti e personali al sicuro e protette. Si devono per forza fissare dei paletti da non oltrepassare mai. Finchè si tratta di scrivere canzoni, nei miei testi metto tutto me stesso, ma quella è l'unica concessione, perchè altrimenti distruggerei anche la vita delle persone a me più care.
Ancora oggi mi devo dare dei pizzichi in faccia per capire se è tutto vero o se sto vivendo un sogno. Sono molto grato di tutto quello che ho ottenuto. Mi sembra tutto così assurdo, perchè quando iniziammo eravamo dei ragazzi, pensavamo da ragazzi. E nonostante tutto ancora oggi ragiono come un ragazzo. Come ho detto, sapevamo che saremmo arrivati da qualche parte, perchè avevamo qualcosa di speciale. Ma tutto il successo planetario dei Queen è qualcosa che va oltre ogni più assurdo sogno che avessimo. Abbiamo lavorato sodo per questo. Ad aiutarci a fare sempre meglio c'è stata la sana competizione che c'era tra di noi. Litigavamo spesso, ma ci supportavamo a vicenda un po' come succede nelle migliori famiglie. Vorrei che Freddie fosse qui a godersi tutto questo, perchè sono sicuro che saprebbe goderselo meglio di chiunque altro. Siamo diventati parte delle vite di tante persone in tutto il mondo.
Di base sono una persona depressa. Non sono uno che vive di gioia ogni momento. Piuttosto devo trovare il modo per provare gioia in ogni momento. Per questo credo onestamente di non essere la migliore persona con cui vivere. Quando mi diverto lo faccio sinceramente, ma per arrivare ad essere felice devo lottate molto con me stesso.
Quello che fai in un certo giorno non è garantito che lo potrai fare anche il giorno seguente. Per questo credo che sia giusto prendersi delle pause per ponderare al meglio le decisioni più importanti. Da un giorno all'altro il tuo modo di vedere e di reagire alle cose può essere molto diverso, spesso perchè anche il contesto è diverso. Un'altra cosa che reputo necessaria è avere sempre una mente aperta. Non sempre noi stessi siamo le persone migliori per giudicare quello che facciamo. Questo vale anche con le nostre stesse opinioni. Tantissime volte mi sono trovato a lavorare a una canzone, suonandola e suonandola ancora più volte, per poi rendermi conto che magari la resa migliore l'avevo ottenuta spontaneamente al primo colpo.
Sulle cose della vita la vedo in modo diverso. Credo di sposare i principi del buddismo se dico "La vita fa schifo, ma bisogna accettarla e conviverci per quella che è, e magari contribuire a migliorare le cose". Quello slancio di positività in un mare di pessimismo mi da forza. Trovo bello provare a migliorare le cose che non vanno bene. Lo so che sarebbe più bello se dicessi che tutto è già bello e che potrà essere sempre e solo ancora più bello, ma non è il mio modo di ragionare purtroppo. Mi spiace.
Da piccolo ero stato influenzato a pensare che non mi fosse concesso commettere nessun errore, mai. È stato un sentimento che mi ha terrorizzato per molto tempo, ma poi ho voltato pagina. Da bambino ho preso lezioni di pianoforte perchè ero obbligato a farlo. Ogni sabato mattina avevo queste lezioni e non mi piacevano per niente. Tutti i miei amici erano fuori a giocare, mentre io dovevo avere a che fare con il mio maestro di musica, ed era un uomo terribile: fumava quella pipa tutto il tempo e mi picchava sulle mani se facevo degli errori. Mi dava da leggere degli spartiti, a volte li suonava lui stesso e poi mi chiedeva di fare immediatamente la stessa cosa. Alla fine il risultato era che fingevo di leggere la musica. Suonavo per lo più a orecchio. E per anni ho bluffato ai test di musica fingendo di saperla leggere. Tutto quello che ascoltavo riuscivo anche a suonarlo. Ma per via di quei modi estremi decisi di abbandonare il piano, anche perchè dopo aver raggiunto il terzo livello non potevo più ingannare gli esaminatori. Ancora oggi se mi si mette davanti uno spartito devo prendermi almeno una settimana di tempo per suonarlo. Non riesco davvero a capire come facciano quelli che ci riescono subito!
C'è una lezione che ancora non ho imparato: è quella di vivere la mia vita. Se si tratta di mettere a posto qualcosa da offrire al pubblico ci riesco. Ma non sono ancora riuscito a mettere ordine nella mia vita privata. E non sono per niente portato per i comfort offerti dalla tecnologia moderna! Proprio oggi sono stato a casa di persone che al posto dei normali interruttori hanno invece quei pannelli touch che comandano le tende, le porte, le luci, l'intensità delle luci, ecc. Non riuscivo a starci. Trovavo assurdo gestire tutti quei comandi, ma sono confortato dal fatto di sapere che non sono l'unico.
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