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Brian May - intervista per il Daily Mirror [16 maggio 2002]

16/5/2002

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Ho perso mio padre, il mio matrimonio e la band... Ho pensato al suicidio, ma Anita mi ha salvato
Esclusiva: Brian May, il chitarrista dei Queen, parla dell'amore e del suo nuovo musical

di Nina Myskow, Daily Mirror - 16 maggio 2002
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana


Brian May è sfinito. Il suo volto ─ racchiuso nella sua famosa criniera ─ è pallido. I suoi tratti appaiono tesi. Il leggendario chitarrista della rock band Queen ha dormito pochissimo per intere settimane.

We Will Rock You ─ lo spettacolare musical del West End che porta in scena 31 successi dei Queen con una nuova storia scritta da Ben Elton ─ ha aperto la propria serie la scorsa notte. E dal mese di gennaio Brian ha dedicato ogni singolo momento a esso.

In quanto co-produttore dello spettacolo insieme a Robert De Niro, è stato in teatro giorno e notte, dedicato e completamente ossessionato dall'argomento.

Nonostante il duro lavoro, è assolutamente euforico. Nel backstage del Dominion Theatre, mentre il suono di We Are The Champions rimbalza fra le pareti dell'edificio, mi dice con felicità:


«È una follia! Ci si ingozza buttando giù il cibo in tutta fretta. Non ho neppure il tempo per andare al bagno, per l'amor del cielo! Eppure mi sento benissimo. Sono molto concentrato e molto fortunato».



Nonostante la fatica, ha anche un bell'aspetto. All'età di 54 anni sembra in modo assurdo lo stesso che è sempre stato.

Ma il modo in cui si sente è completamente in contrasto con quello che ha fatto per la maggior parte dello scorso decennio. La tragica morte di Feddie Mercury nel 1991 a causa dell'AIDS lo ha fatto cadere una depressione che è culminata in un crollo totale quattro anni fa e pensare al suicidio.


«Sono seduto qui con il sorriso e sono molto felice ora. Ma all'epoca non l'avrei mai immaginato», mi racconta con qualche esitazione, sempre educato e intelligentissimo come al solito; in fondo è pur sempre una persona molto riservata.

«Ho pensato che la mia vita fosse finita. Ero totalmente e profondamente depresso. Intendo la vera e propria depressione, quella che letteralmente ti impedisce di scendere dal letto e che ti porta a tirare fin sù le coperte.

È come essere paralizzati. Ho sentito di non riuscire più a vedere il colore. Per me letteralmente il mondo non aveva colori. Neppure la musica è riuscita a tirarmi fuori dai momenti peggiori. La depressione ti piomba addosso come una nebbia, una nebbia nera.

Ricordo che guardavo i pianeti lassù e pensavo: "Mio Dio, qualcuno ha costruito quell'aereo, qualcuno ci sta viaggiando. Hanno avuto la forza di raggiungere i propri scopi. Io non so neppure come buttare giù la colazione. Come fanno le persone ad avere un tale controllo delle loro vite?».

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La morte di FREDDIE non è stato l'unico disastro con cui si è dovuto confrontare Brian quell'anno.



Dice con espressione triste: «È morto mio padre e tutto è successo allo stesso momento. Ho perso uno dei miei amici più stretti, ho perso la band che era come una famiglia, ho perso il mio matrimonio. Tutto nello stesso anno.

Ho una grande forza, un lato fortemente ottimista, ma poichè non ho elaborato la perdita mi sono portato addosso questa leggera depressione per un lungo periodo. Poi, molto dopo, quando ero giunto ad una crisi totale, ho perso anche mia mamma».


Ha provato molti tipi di terapia, ma che alla fine non si sono rivelati di aiuto. In profonda depressione, Brian si è ricoverato alla Cottonwood, una clinica in Arizona dove nessuno sapeva lui chi fosse: «Ero insieme a persone in condizioni simili alla mia, ma anche con drogati, alcolizzati e persone con disturbi alimentari.

È la stessa cosa: si perde sé stessi. Si perde il proprio auto-controllo. Ti rendi conto che non sei l'unica persona a soffrire.»

Brian ha sempre evitato le cure. Non ha mai assunto droghe. «So che la gente lo trova difficile da credere. È quello che mi hanno detto quando sono entrato lì: "Davvero? Un chitarrista rock! Ma dici per davvero?". Semplicemente non era il mio modo di essere».


Ha anche resistito ad assumere antidepressivi fino all'ultima settimana. Quando si è arreso i risultati sono stati disastrosi.

«Mi hanno fatto sentire 100 volte peggio. Tremavo. Avevo tutti i momenti questa sensazione extracorporea, avevo perso tutta la mia parte interiore, non riuscivo a ingerire nessun cibo.


Ma nel momento in cui mi sono detto "Non posso stare così" è stata la volta che ho iniziato a sentirmi meglio. Ho iniziato a fare passi in avanti e nella giusta direzione.

Era l'inizio di una nuova vita. Ripartire da zero. Ero una nuova persona. Ora sono incredibilmente produttivo, molto euforico, felicissimo. Non sono religioso, ma ringrazio Dio ogni giorno.»


Anche la sua duratura relazione con l'attrice Anita Dobson ─ che ha conosciuto negli anni '80 quando lei recitava nel personaggio di Angie nella serie EastEnders ─ ha portato una nuova linfa vitale.


Con un sorriso che gli illumina il volto, dice:

«Lei è incredibile. Se non avessi Anita, tutte le terapie del mondo non mi avrebbero rimesso in sesto. Se ora non fosse al mio fianco non sarei in questo stato. È come una parte di me.


Sono molto logico. Ho avuto una educazione scientifica e non sono il genere di persona che direbbe tutto questo con leggerezza. Ma, per quanto mi riguarda, Anita ha una forza sovrannaturale.

Ogni volta che ho provato a voltarle le spalle nel modo più impercettibile non ne ho avuto il coraggio.


Da quando le ho messo gli occhi addosso è stata una parte essenziale della mia vita. Perfino mia mamma diceva: "C'è una specie di luce che traspare attraverso Anita". E una volta che se ne è avuta la prova non si può farne a meno».


Scrolla le spalle e ammette:

«Quando si arrabbia con me il mondo diventa nero, per davvero. La conversazione cambia decisamente toni».


All'epoca in cui si sono conosciuti la vita di Brian era sottosopra. Era sposato con tre figli e il trauma della separazione lo affligge ancora. Racconta:


«È stato un profondo inferno per tre anni. Puro dolore. È impensabile accettare di svegliarsi senza i propri bambini. Chiunque si trovi in quella condizione non potrà mai dimenticarli. Non so se per me è ancora così, a dire il vero. Ma nel mio cuore so che non c'era alternativa.»


Adesso, come ogni altro genitore, parla con orgoglio di come stiano bene. E nel novembre del 2000 ha finalmente sposato Anita. Spiega:

«È stato fatto solo per noi stessi. Ci siamo guardati negli occhi e abbiamo preso in pieno l'impegno. Così tutto è stato magnifico. Per me è stata una grande cosa. Un mio precedente matrimonio era fallito, per cui non mi ci sarei ributtato dentro senza una profonda chiarezza di intenti. Ma ha rafforzato la nostra relazione oltre ogni immaginazione.»

Brian ora sente di aver raggiunto il giusto equilibro nella vita fra la casa, i figli ed il lavoro. Un equilibrio che è andato temporaneamente perso, perchè il musical è molto impegnativo. Sei anni di sviluppo, ad un costo di 7,5 milioni di Sterline.

È un uomo adorabile, affettuoso, premuroso e profondamente sincero.

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APPASSIONATO alle giovani leve, descrive in modo perfetto la standing ovation raccolta a "Parkinson", registrato per la proiezione il 18 maggio.



Dice: «Mi ha fatto venire i brividi. Quando è morto Freddie tutti noi abbiamo pensato che fosse la fine. Ed era così: la fine di un'era. Ma in questo c'è qualcosa che continua a vivere.

Nessuno potrebbe cantare come Freddie, ma nessuno sta provando a farlo. Il tutto è intriso dello spirito dei Queen, e Freddie ne fa parte. Lui c'è, in modo forte e chiaro».

È ovvio che a Brian manchi ancora Freddie. Dice in modo affettuoso:

«Ma il più delle volte ho ricordi molto felici. E i ricordi di quei momenti in cui lui soffriva si sono un po' affievoliti. Ha affrontato in modo incredibile la propria malattia. Non l'ho mai e poi mai sentito lamentarsi.


Diceva sempre "Oh, fo***ti! Questa è la mia situazione. Non ne parliamo più. Andremo avanti a fare musica"».

Hanno trascorso un sacco di tempo insieme in Svizzera, a Montreux, dove i Queen hanno uno studio di registrazione. Uscivano per cenare. Freddie amava bere un bicchiere di vino e chiacchierare. Erano rari i momenti in cui stava abbastanza bene da poter lavorare.

«Buttava già un paio di vodka, si metteva al banco di registrazione e cantava come mai prima», dice Brian scuotendo la testa con stupore.

«L'ultima cosa che ha cantato è stata Mother Love. L'ha fatta in modo più che mai appassionato, duro e acuto. Arrivò al penultimo verso e disse: "Non ce la faccio più. Tornerò per finirla un altro giorno quando mi sentirò bene". Ma non l'ha mai fatto.

Adoro l'ultima canzone che ha scritto: A Winter's Tale. Non fa filosofia, parla semplicemente di quanto sia bella la vita. L'ha scritta in una mattinata, vicino al lago guardando le montagne.

È evidentissimo che lui avesse questo meraviglioso senso di accettazione e perfino una specie di gioia. "Questa è la mia vita e l'ho vissuta al massimo". Ed è ciò che ha fatto, assolutamente.


Cosa penserebbe Freddie del musical?». Brian si fa una grossa risata. «Oh, sarebbe entusiasta del fatto che la musica continui a vivere in questo modo. Sarebbe felice di trasferirla alle nuove generazioni, così come lo sono anche io: davvero orgoglioso.

Ah, e lo adorerebbe! Infatti so che è così lì dove si trova adesso, da qualche parte; di sicuro. Sono certo di questo».

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─ @claudiobadger
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