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Brian May - intervista per International Musician [aprile 1975]

27/8/2020

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Le origini del sound di Brian May: pro e contro del fare parte di una band di successo

di Michael Burgess - International Musician and Recording World, aprile 1975
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana

Il successo, per tutte le grandi cose a lungo attese che promette, non è tutto come si potrebbe pensare.
 
Se ne dubitate, chiedete a Brian May. Per cominciare, Brian sa che il successo non ha aiutato la sua chitarra. Al contrario, in effetti. I Queen sono così impegnati oggi che Brian non ha mai la possibilità di esercitarsi. È costantemente assediato da richieste telefoniche per sessioni fotografiche, interviste, programmi radiofonici e apparizioni televisive, oltre al lavoro dal vivo, alla registrazione e alle prove che fanno parte della routine della band. Il tempo che ha a disposizione è molto limitato.
 
Brian è un musicista molto bravo. Ha sviluppato uno stile tutto suo di suonare la chitarra sorprendente per una band così agli inizi della carriera, ed è già valutato a pieno titolo come un chitarrista importante.




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​«Non posso dire di essere esattamente felice dello stato che ho raggiunto nel mio modo di suonare», dice Brian. «Ho attraversato un periodo, suppongo che sia stato tra i 19 e i 20 anni in cui sono migliorato e progredito molto. Il mio modo di suonare, infatti, si è sviluppato quando sono passato da chitarrista ritmico a chitarrista solista e ho iniziato a pensare alle note piuttosto che al suono. Negli ultimi anni, però, non credo di essere migliorato molto. Suppongo che sia la legge dei rendimenti decrescenti. Ogni piccolo miglioramento che riesco a trovare mi costringe a lavorare per un tempo considerevole, e alla fine il cambiamento è quasi impercettibile.»
 
Brian si concentra principalmente sulla scrittura e sull'arrangiamento, ma questo non significa che abbia rinunciato al suo futuro da chitarrista.
 

«Per me la chitarra è lo strumento espressivo per eccellenza. Sto cercando di migliorare il mio modo di suonare il pianoforte, ma non credo che sarò mai in grado di esprimere il grado di emozione sulle tastiere che posso esprimere con la chitarra. E mi dispiace dire che non ho neppure il tempo necessario per esercitarmi con la chitarra.»




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​Naturalmente Brian May ha avuto più successo negli ultimi 18 mesi che nei precedenti 24 anni della sua vita. La cosa importante è il fenomenale successo dei Queen. Dopo aver lottato per anni in band di varia statura, Brian ha finalmente trovato persone con le quali poter lavorare in totale armonia. È riuscito a combinarsi con loro per produrre uno dei suoni più distintivi che si siano sentiti in giro negli ultimi tre o quattro anni.
 

Nel mezzo di tutto questo, naturalmente, Brian si è ammalato. E la malattia di per sé può rivelare verità che altrimenti potrebbero restare ignote.
 
«Ammalarmi mi ha davvero sconvolto la vita. Prima di questo devo dire che mi ero preoccupato molto per le cose della band che per la mia vita in generale. Sembrava sempre che ci fosse qualcosa a preoccuparmi. Oggi quasi non mi preoccupo più di tanto. Mi sono reso conto che le cose che appartengono alla mia musica e alla band sono importanti, ma non tanto quanto alcuni dei fattori fondamentali della vita.
Suppongo di essere quello che si potrebbe definire un tipo di persona ansiosa, ma sono riuscito a controllare la mia preoccupazione nella misura in cui ora è sotto controllo. Quando sono rientrato dalla malattia ho scoperto che il mio modo di suonare era molto arrugginito. Immagino che non sia una cosa insolita, in realtà. Ho scoperto di aver perso un po' della mia velocità e della mia reale abilità con lo strumento.
D'altra parte, mi sono reso conto che una pausa mi aveva permesso di vedere le cose da un punto di vista completamente diverso e sono riuscito a tirar fuori alcune idee per i concerti dei Queen e lo show in generale che sembravano piacere a tutti e che abbiamo effettivamente usato nell'ultimo tour britannico.
Ho ritrovato abbastanza velocemente la mia capacità di suonare dopo alcune prove, e sento che in realtà ne ho tratto un miglioramento.»

 

Naturalmente la pausa di Brian May aveva fatto sì che la band registrasse il suo ultimo album Sheer Heart Attack in modo molto discontinuo. Spesso Brian non era in grado di prendere parte alle sessioni o, se poteva, non era in grado di suonare in modo soddisfacente. Questo significava che alcune parti dell'album sono marcatamente sovraincise e registrate in momenti diversi.
 

«Devo dire che sono rimasto sorpreso che l'album sia venuto così bene», ammette Brian. «Per qualche strana ragione ci è sembrato di avere un'impressione piuttosto diversa sull'album a causa dello strano modo in cui siamo stati costretti a registrarlo. E anche tenendo conto di tutti i problemi che abbiamo avuto, nessuno di noi è rimasto scontento del risultato finale.»




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​Il successo dovrebbe anche significare, tra le altre cose, più soldi di quanti la maggior parte della gente possa mai sognare. Questo è generalmente vero. Ma ci sono delle eccezioni, i Queen tra queste. Brian ammette che, sebbene i Queen siano una delle band più grandi del Paese, non sono mai riusciti a evitare di spendere più soldi di quanti ne guadagnino. Questo perché la band segue una politica inaugurata dagli Yes, che consiste nel reinvestire gran parte dei loro guadagni nel futuro del gruppo. Molti potrebbero pensare che sia strano, per esempio, usare nove amplificatori AC30 sul palco come fa Brian. Ognuno di essi è un vecchio modello originale a valvole, e sia lui che la sua squadra on the road che perlustra i negozi di strumenti alla ricerca di vecchi AC30.

 
«Stanno diventando piuttosto difficili da reperire ultimamente, ma siamo riusciti a trovarne a sufficienza. Ogni volta che andiamo in tour tutti gli amplificatori sono sottoposti a manutenzione e se qualche valvola deve essere sostituita, viene sostituita. Io uso gli amplificatori in questo modo: ho iniziato con un AC30 perché ho scoperto che mi dava un suono molto migliore di qualsiasi altra cosa potessi comprare. Quando la band ha iniziato a suonare in ambienti più grandi, piuttosto che scambiare gli amplificatori e perdere il mio suono, ho deciso di usare due AC30 in parallelo.

Ricordando che abbiamo solo tre strumenti nella band, uso molti effetti delay nel mio modo di suonare le chitarre, e le ri-amplifico attraverso un secondo set di AC30. In effetti, alcuni effetti sono così complicati che vengono trattati un altro paio di moduli delay, e vengono ri-amplificati dal mio terzo AC30. Ognuna di queste coppie è a sua volta microfonata e alimenta il mixer principale del sistema di amplificazione. Gli altri tre AC30 che ho sono tutti di riserva come pezzi di ricambio, dato che è probabile, vista l'età degli AC30 che potrebbero avere qualche problema.

Uno dei problemi principali che abbiamo è che il suono che sentiamo sul palco è molto diverso da quello che sente il pubblico. Anche se sarebbe possibile amplificare il volume del suono della mia chitarra abbastanza da farla sentire al pubblico direttamente dal palco, ho bisogno di sentire che sto ottenendo il suono che voglio. Questo è vero il motivo per cui uso così tanti amplificatori. Anche se poi si sa che è possibile stare sul palco e sentire il suono direttamente dagli amplificatori valvolari, ma risulta strano per il pubblico.

È un campo ben preciso e mi rendo conto che se entrassi in quei dettagli potrei iniziare a generare dei feedback; e infatti li uso molto spesso per gli effetti speciali. Sul palco i miei movimenti sono strettamente limitati in questa zona. Sapendo come muovermi riesco a percepire il suono che sto suonando e anche ad influenzarlo.
Penso che il mio set-up produca un suono sbilanciato più sugli acuti, ma sono consapevole che anche tutti gli altri hanno problemi o vantaggi simili, a seconda di come la si pensi.
Uno dei problemi più grandi che ho è la diversità del suono che si presenta tra un posto e l’altro in cui ci esibiamo.

Il Rainbow, per esempio, mi dà sempre grossi problemi. Per qualche strana ragione ─ suppongo sia perché il soffitto è così alto ─ tutto il suono sembra spostarsi verso l'alto, allontanandosi da quello prodotto dagli amplificatori. Per sentirmi soddisfatto del suono sul palco devo spingere il mio set-up oltre i propri limiti.
Di solito questo mi preoccupa un po' e si riflette nel mio modo di suonare, ma in ogni caso tutti gli arrangiamenti sul palco possono avere un effetto buono o cattivo sul suonare.

Ricordo che alla fine del nostro tour britannico, l'ultima volta che ci siamo esibiti, c'era una troupe cinematografica per la prima serata al Rainbow. A causa loro abbiamo dovuto mettere altri microfoni alimentati dal nostro sistema di amplificazione. Alla fine il nostro sistema è saltato il pomeriggio prima dello spettacolo. Quando alla fine siamo saliti sul palco eravamo perfettamente consapevoli di dove dovevamo posizionarci per le riprese video, e tutto sommato questo ha contribuito a rovinare un po' lo spettacolo.

Se salgo sul palco e sento che tutto è perfetto, tutto sembra decollare nel modo giusto.»


 
La maggior parte dei musicisti soffre la mancanza di disponibilità economiche. Dato il tipo di introiti che i Queen dovrebbero avere, ci sarebbe da pensare che abbiano un intero magazzino di chitarre, un assortimento di sassofoni, trombe e quant'altro. Brian May non ha niente di tutto questo.
 
«L’unico strumento al quale mi interessa migliorare davvero è il pianoforte. Al momento sono limitato perché non riesco a sentire dove sono tutte le note del pianoforte mentre lo suono.
Sulla chitarra riesco immediatamente a trovare una particolare nota o una scala, ma al pianoforte è molto più difficile per me. Devo mettermi lì con calma e cercare nota per nota prima di poterle provare a metterle nel giusto ordine.»




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─ @claudiobadger
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