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Brian May - intervista per MusicRadar [10 aprile 2017]

10/4/2017

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«I Riff: chissà da dove vengono?»
5 consigli fondamentali di Brian May per i chitarristi
In più, l’icona della chitarra nei Queen rivela tutto sul nuovo album Golden Days

 
di Rich Chamberlain, MusicRadar ─ 10 aprile 2017
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana


Potrà anche avere una brillante carriera di oltre 50 anni, ma Brian May ammette che la propria abilità nel comporre parti di chitarra inconfondibili resta un mistero anche per lui stesso.

In un certo senso rassicurante per tutti noi aggrappati all’arte di scrivere riff orecchiabili, May suggerisce che non esiste una formula segreta per creare il genere di magia con cui si è guadagnato da vivere a partire dalla formazione dei Queen.

L’ultimo esempio dalla produzione di Brian May si trova in Roll With You, il singolo di lancio del nuovo album di Brian May: Golden Days. Questo disco rappresenta l’ultima collaborazione del chitarriste incredibilmente affabile con Kerry Ellis l’energica star del West End votata al pop. 

Afferma:

«Non so da dove venga [il riff di Roll With You]. Non so da dove provengano i miei riff. Ero alla ricerca di qualcosa che potessi suonare in modo interattivo con Kerry».
«Ho pensato che sarebbe stato molto bello avere un riff che fosse insistente che sfidasse Kerry fino in fondo. Quel riff  mi è venuto in testa all’improvviso. Ovvio, ero consapevolmente alla ricerca di qualcosa del genere, ma davvero non so proprio da dove arrivi questo genere di cose. Per prima cosa lo senti nella tua testa e provi a suonarlo. I riff: chissà da dove vengono?»



In Golden Days non troverete solo del nuovo materiale. Ci sono anche svariate cover, inclusa una rivisitazione del brano Parisienne Walkways di Gary Moore.

Spiega May:

«Mi è stato chiesto di rendere un tributo a Gary Moore, e Parisienne Walkways non era stata scelta da nessun altro. Ho pensato che per me sarebbe stato un bel pezzo perché è molto poetica. Ero un grande ammiratore di Gary. Ciò che abbiamo fatto è stato più o meno ricreare il brano in un modo che non fosse troppo diverso da come era stato registrato in precedenza, ma volevo anche renderlo in una maniera che si adattasse a Kerry e assicurarmi che fosse nell’intonazione giusta per lei. 
È stato un po’ un salto nel buio perché penso che nessuno in precedenza l’abbia considerato un  pezzo adatto a una voce femminile, ma non appena si sente Kerry attaccare si rivela tanto naturale quanto differente. È stato bello. Un sacco di cose ti piovono addosso dal cielo e questa ne è stata una».




Sarà anche piovuto dal cielo, ma rapidamente è diventato un pezzo che ha rivelato la reale composizione di Golden Days. 

«È anche bello, perché [Parisienne Walkways] è stata fondamentale come spunto per definire questo album come mio e di Kerry insieme, piuttosto che solo di Kerry, visto che la chitarra è la voce principale di quel brano. Quella canzone funziona davvero bene per noi in termini di collaborazione.»



May e la Ellis hanno quindi reinterpretato alcuni brani classici, ma riguardo i ferri del mestiere il sessantanovenne non è ripartito daccapo.

«In termini di attrezzatura sono allo stesso punto in cui sono sempre rimasto», dice. «A dire il vero non sono cambiato così tanto in 40 anni. Ho suonato con un AC30 e un treble booster insieme alla mia chitarra costruita insieme a mio padre. Suono in questo modo la maggior parte delle volte.
 Non mi piace tanto usare molti effetti. Per certe cose utilizzo i delay, ma non ritengo che nella maggior parte di questo album ci siano chissà quali trucchi. Mi piace semplicemente arrivare e suonare.»




Anche l’inconfondibile approccio di Brian May nel registrare la chitarra rimane intatto lungo tutto il disco.

Ci spiega:

«Mi piace considerare la mia chitarra proprio come se fosse una voce che si affianca a Kerry; è stato sempre questo il mio approccio.
Se si ascolta We Are The Champions, la chitarra è la seconda voce, e ricordo benissimo Freddie con la sua mano ad alzare il bilanciamento della mia chitarra per l’ultimo ritornello. Perfino io pensavo che fosse troppo esagerato, ma lui disse che quella era una voce contrapposta alla sua ed era essenziale che ci fosse. È questo il modo in cui io vedo la chitarra»
.
«La chitarra può fare un sacco di cose: può essere un bel sottofondo, può creare una buona base ritmica su cui fare affidamento. Ma negli ultimi 50 anni, nel post-Hendrix, la chitarra è una voce che esige di essere ascoltata allo stesso modo con cui si propone la voce umana.»



Parole sagge provenienti da una vera icona. E non finisce qui. Brian ha un'abbondanza di consigli saggi da condividere, e ci rivela i primi cinque rivolti ai chitarristi.


Leggiamoli e impariamo…





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© Luca Carlino/NurPhoto/REX/Shutterstock
1. Trovate un partner musicale


«Penso che in parte il restare al passo [con il proprio modo di suonare la chitarra] dipenda dal sapersi circondare di persone che ci ispirano». 

«Si fa presto a ritrovarsi abbandonati in un angolino sentendosi persi. Restare parte del mondo è cosa buona. Sono stato molto fortunato a trovare Kerry. Se non altro, lavorare con Kerry sia un fantastico veicolo per una canzone. Non si potrebbe desiderare di meglio. Lei aggiunge la propria interpretazione alle cose che canta ed è interattiva. Tutto ciò è stato ottimo per me.

Non sarei così certo che avrei continuato ancora a scrivere se non avessi incontrato e non avessi lavorato con Kerry, sfidandomi a trovare nuovi arrangiamenti e nuovo materiale. 

Ancora oggi è molto dura senza Freddie qui con me; questo perché Freddie era una persona straordinaria con cui interagire. Arrivava sempre con nuove idee, sempre sfidanti e in ogni genere di direzione. Aveva un marcato pensiero laterale. Naturalmente era lui il miglior veicolo possibile per creare una canzone, se vogliamo definirlo così. Sono stato molto fortunato.
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© James Gourley/REX/Shutterstock
2. Fate diventare le registrazioni come una esibizione dal vivo


«La mia luce guida sia in studio che nelle esibizioni è convincersi in qualche modo che si tratti di una performance dal vivo.» 

«Se pensate “Devo attaccare qui, devo fermarmi qui, devo essere intonato, devo tenere il tempo…” allora non riuscirete mai a sentirvi nella condizione giusta. 

Dovete trovare il modo per trasportarvi col pensiero in un luogo diverso, in cui vi state esibendo dal vivo; sentirvi nel mezzo di un’arena o in qualunque altro posto in cui vi sentiate nel mezzo di una esibizione dal vivo. 

La purezza della registrazione sta tutta nel lasciare esprimere ciò che si ha dentro e fare come se lo si stesse presentando a un pubblico. È questo il trucco per dare vita a una sessione di registrazione in studio: bisogna avere questo grado di immaginazione.»
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© Imaginechina/REX/Shutterstock
3. Cantate i vostri assoli


«Il mio consiglio per tutti coloro che scrivono un assolo è di cantarlo nella propria mente. Prima di suonarlo, dovete essere in grado di ascoltarlo nella testa.»

«Non fate che prendere direttamente la chitarra. Pensateci prima e sentite come vi pare che sia. Dovreste visualizzare il modo in cui vorreste che suoni. Questo vi darà qualcosa verso cui dirigere il lavoro.»
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© Isopix/REX/Shutterstock
4. Tenete sempre in considerazione le parti vocali


«In quanto chitarrista si può andare molto lontano, ma non ho mai pensato che la chitarra fosse la cosa più importante sulla maggior parte dei dischi.» 

«Le cose importanti sono il cantante e la canzone. La chitarra naturalmente aiuta. Generalmente sono molto più emozionato dal resto della canzone piuttosto che delle mie parti di chitarra. Di solito la chitarra arriva all’ultimo momento e viene registrata in modo davvero spontaneo nel giro di 10 minuti.

Le parti più sfidanti sono gli arrangiamenti, assicurarsi che le parti vocali si innestino nella canzone nel modo giusto e che la voce sia in evidenza.  

Inoltre, se siete dei produttori dovrete assicurarvi che il vostro cantante si senta a proprio agio dimenticando di essere vincolato in uno studio di registrazione. Comporre una canzone in studio è come un fantastico puzzle, che spetta a voi mettere insieme.»

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© Ilpo Musto/REX/Shutterstock
5. Credete in voi stessi… e negli altri


«La cosa che dovete fare è crederci. Dovete credere in voi stessi. Questo ogni tanto necessita un esame della situazione.» 

«Fondamentalmente dovete lavorare con gente che vi piace e che crede in voi; e voi dovete credere in loro. La chiave di tutto sta lì. Non si può lavorare nel vuoto.

Di sicuro non potreste andare in tour con persone in cui non credete e che non vi piacciono. Beh… potreste anche farlo, ma sarebbe un disastro.

Sono stato fortunatissimo ad andare in tour e lavorare in studio con persone magnifiche».


─ @claudiobadger
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