Adam Boulton di Sky News viene raggiunto per la review dell’anno dal leggendario Brian May, chitarrista dei Queen.
di Adam Boulton, da Sky News del 24 dicembre 2002 (registrata il 16 dicembre 2002)
Fonte: www.brianmay.com
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
“Dateci il bambino prima che compia sette anni e risponderemo dell'uomo”
[cit. Aristotele, ndt]
Ricevuta la sua prima chitarra all’età di sette anni, Brian May non l’ha mai più abbandonata da allora. Nei rari momenti in cui non strimpellava con la band, ha studiato laureandosi con lode in Fisica e Matematica, con davanti a sé una carriera da astronomo professionista. Ma preferendo l’hard rock allo studio delle particelle di polvere nel sistema solare, Brian May ha optato per quello che ha portato fama internazionale. L’enorme successo dei Queen negli anni ’70 e ’80 ha reso tutti e quattro i membri del gruppo delle leggendarie icone del rock. Ci sono stati anche importanti spin-off. Per Brian May questi includono il lavoro a musiche per i film, la televisione e il teatro, e l’attuale successo con un musical nel West End. Ma in quest’anno del Giubileo d’Oro sarà ricordato come l’uomo con la chitarra sul tetto di Buckingham Palace.
BRIAN MAY:
Sì, credo che lo sia stato. È stato incredibile. Incredibile. Devo dire che mi ha cambiato la vita. Non ci sarà più un momento come quello.
ADAM: Perché ti ha cambiato la vita?
BRIAN:
Mmmm… è stato davvero un esercizio per affrontare la paura e in realtà anche per relazionarsi con essa e dare il meglio, perché c’era una grandissima possibilità di rovinare tutto. È stato completamente dal vivo e ─ sai ─ di fronte a un miliardo di persone, se fai un errore in God Save The Queen, loro se ne accorgerebbero. Per cui, voglio dire, tutto il lavoro di arrangiamento che ho fatto e l’interazione con l’orchestra è stata una cosa molto difficile da portare a termine.
ADAM: Ma comunque la tua idea era quella, farla tutta?
BRIAN:
Lo era. Beh, mi è stato chiesto di suonare l’inno nazionale, ma la mia idea era di andare lassù. Però credevo che mi dicessero di no, e invece mi dissero “Sì, OK”. Quindi devo dire che mi sono dovuto confrontare con la realtà, la pressione e la meraviglia di fare una cosa del genere, perché nella mia vita non mi sono mai sentito così carico come in quel minuto e cinquanta secondi.
ADAM: Eri legato?
BRIAN:
No, no, no. No, non ero legato. In realtà non c’era tanto pericolo. Cioè, voglio dire, mi sarei buttato giù da solo se avessi fatto un errore, capisci?
ADAM: Non sono proprio riuscito a comprendere cosa riguardasse il tuo abito…
BRIAN:
In realtà riportava i titoli delle canzoni delle grandi icone del rock che ho fatto mie negli ultimi 50 anni.
ADAM: E quali erano?
BRIAN:
Mmmm... Beh, Jimi Hendrix, aah... gli Everly Brothers, tutti i generi di persone. Buddy Holly e i Crickets ─ persone che mi hanno influenzato... mmm, proprio tutto ciò a cui potessi pensare... i Rolling Stones, i Sex Pistols, stranamente. In realtà ho fatto God Save The Queen e non molti sanno che c’è anche la canzone dei Sex Pistols che si chiama così. Quindi anche loro erano sull’abito.
ADAM: Naturalmente c’è sempre stato il gioco di parole fra il nome Queen e la Regina…
BRIAN:
Sì, è strano. Ed è una cosa a cui non penso mai a dire il vero. Però sì, c’è qualcosa di strano, non è vero? E penso che a volte sia stato un impedimento. So che la Principessa Diana abbia superato quell’impasse e probabilmente è grazie a lei che ─ penso ─ sia riuscito a salire su quel tetto. È una cosa molto interessante. Voglio dire, il nome Queen non era pensato per avere qualcosa a che fare con la famiglia reale. È semplicemente il termine “Queen” ed ha un sacco di altre connotazioni.
ADAM: Beh, e se ti chiedessi quali sono?
BRIAN:
Beh, nessuno può dire quali siano. Era solo un nome nello stesso modo in cui lo era The Beatles. È qualcosa in cui le persone si possono identificare ed eravamo ben consapevoli che ci fosse ogni tipo di interpretazione differente che gli si può conferire; sai, intendo il connotato gay. È il tipo di cose che vengono ingigantite, un abito che ti mettono addosso. Per cui c’era quel lato più leggero di ciò che facevamo, anche se c’erano aspetti seri.
ADAM: Ma all’inizio volevate che l’aspetto gay venisse fuori?
BRIAN:
No, no, non lo volevamo, perché di fatti non eravamo tutti gay e credo che nessuno di noi pensasse che lo fossimo all’epoca. Ehmm... alla fine uno di noi si è rivelato essere gay, e la cosa è interessante, ma penso che…
ADAM: Di chi è stata l’idea del nome “Queen”?
BRIAN:
Penso che questo nome sia stata proprio un’idea di Freddie, ma è stato qualcosa verso cui tutti noi abbiamo acconsentito nella stessa misura, perché penso che in quei giorni, è strano, penso fosse il genere di cosa dandy molto alla moda al Kensington Market e nei posti da cui provenivamo. Non importava quale genere di persuasione sessuale si avesse e credo che per me sia stato l’aspetto liberatorio degli anni ’60. Sai, se ci pensi, l’aspetto positivo degli anni ’60 è stato il non dare più importanza a quale razza, colore o orientamento sessuale si avesse; e questo per me è stato un aspetto molto importante. Per cui, se avessimo incarnato quello spirito, sarebbe stato…
ADAM: Però avevate anche quella sorta di finto tono imperiale?
BRIAN:
Sì, un qualcosa di finto imperiale?
ADAM: Anche tantissime delle vostre canzoni…
BRIAN:
Hai ragione sai. E questa è… sì… è una considerazione interessante. Veramente la qualità caratteristica degli inni che abbiamo scritto nasceva dal modo in cui il pubblico si relazionava con noi. E scoprimmo che era bello avere un’interazione così contraccambiata. Così venimmo definiti come “la prima rock band da stadio”; questo perché si creava quell’interazione. Canzoni come We Are The Champions, We Will Rock You e perfino The Show Must Go On (se avessimo proseguito) erano tutte cose che univano moltissimo il pubblico. Il fatto che siano state impiegate per gli eventi calcistici e sportivi in generale in giro per il mondo ne è la testimonianza.
ADAM: Perfino Flash Gordon aveva questo genere di tema...
BRIAN:
Mm... Flash. Sì ─ è una cosa strana. Il più delle volte abbiamo scritto le canzoni per il nostro pubblico. Eravamo consci di cosa gli piacesse e volessero. Non volevamo fare esattamente le cose che loro si aspettavano. Volevamo sfidarli e loro sono stati sempre ben disposti a farlo.
ADAM: L’altra cosa riguardo l’inno nazionale sul palazzo è che si è trattato quasi del momento definitivo di Air Guitar, non è così?
BRIAN: [ride]
Beh, lo sarebbe stato se non avessi avuto una chitarra con me lassù.
ADAM: Ma no, voglio dire che i ragazzini fantasticano, capisci. Non riusciranno mai a fare la stessa cosa.
BRIAN:
Sì, sì ─ è interessante. Sono molto addentrato nell’Air Guitar. Per me è un'altra di quelle cose che riveste più significati. Da un lato è bello che lo facciano i bambini, perché ogni bimbo vorrebbe fare quel genere di cose: immedesimarsi e imitare. Ma su un altro piano le cose che ho messo insieme e ho fatto uscire negli album di Air Guitar sono delle raccolte di alcuni dei più grandi inni del rock di tutti i tempi. Sai, gli attimi di storia del Rock, i momenti definitivi della chitarra elettrica e…
ADAM: Cosa stai facendo esattamente? Fare in modo che la gente ci suoni sopra? Dirgli come…
BRIAN:
Sì, possono fare ciò che gli pare. È diventata una cosa come il karaoke, che la gente vuole fare nei pub e nei club, e talvolta anche nella camera da letto di casa. Era diventata una faccenda privata ed ora è come se stesse tornando pubblica. Ma la cosa importante è che i più giovani stanno scoprendo il catalogo, davvero sai, un catalogo con alcuni dei momenti più belli del rock, in cui le persone scoprono un riff. La chitarra elettrica è molto diversa da quella acustica e penso che sia cresciuta con queste bellissime arie rock.
ADAM: Beh, credo che naturalmente tu non abbia mai davvero giocato a air guitar, perché fin dall’inizio hai una tua chitarra e l’hai costruita da solo.
BRIAN:
Beh, non puoi sapere davvero se faccio air guitar oppure no, sai?
ADAM: Beh, so che hai una chitarra da quando avevi sette anni.
BRIAN: [risate]
Sì, ho sempre avuto una chitarra.
ADAM: Forse è perché suonavi air guitar da quando avevi cinque anni?
BRIAN:
Prima di allora suonavo l’air ukulele! [risate] Mio padre mi insegnò a suonare l’ukulele quando ero piccolo e da lì ho imparato gli accordi. Poi li ho trasposti sulla chitarra e il resto della storia si è svolta nella competizione a scuola. Tutti avevano una chitarra ed era illegale averne una a scuola. Voglio dire, era proprio proibito suonare la chitarra. Quindi eravamo soliti farlo sotto la pensilina delle biciclette nel retro della scuola. Ci sfidavamo nel riuscire a suonare le cose per primi e nel modo più rapido e migliore possibile. Era divertente. [sorride]
BRIAN:
Ho costruito la mia chitarra insieme a mio padre. Si, mio padre era straordinario in quanto a manufatti, elettronica, invenzioni di ogni tipo; e la costruimmo insieme, sì.
ADAM: E ancora ce l’hai.
BRIAN:
Ce l’ho ancora. Ancora la suono. È ancora il mio unico e solo vero strumento.
ADAM: Sai, ricordo che I’hai suonata negli stadi, così come…
BRIAN:
In ogni stadi del mondo, sul tetto di Buckingham Palace… ovunque, in ogni sessione di registrazione in studio. Sì.
ADAM: E per di più è migliore di una Fender o di qualsiasi altra, non è così?
BRIAN:
Per me è migliore di una Fender o di una Gibson. Sì, è uno strumento molto personale. Al giorno d’oggi ─ vedi, mi faccio pubblicità ─ la si può comprare, perché Burns, la Burns Guitars, ne produce delle repliche veramente belle. Per cui meglio venderle più rapidamente possibile finché verranno prodotte.
ADAM: Comunque non sei mai stato un tipo che spaccava la propria chitarra. Lo sei stato? Non credo…
BRIAN:
Non ero il tipo che spaccava chitarre, anche se una volta ne distrussi una. Era la prima copia della mia che avessi mai avuto e mi sono sentito talmente frustrato per via del fatto che non mantenesse l’accordatura che la lanciai per aria. Normalmente se lanci qualcosa per aria c’è sempre qualcuno pronto a prenderla, ma in quella occasione non ci fu nessuno. Inoltre ci trovavamo su di un palco molto grande, quindi si stritolò per terra sei metri più in là e non ne restò molto.
ADAM: Hai sempre voluto essere per prima cosa un musicista oppure c’è stato un momento in cui hai dovuto seriamente decidere se fare altro o entrare nel mondo del Rock?
BRIAN:
C’è stato un momento in cui davvero mi sono lasciato trasportare in modo piuttosto doloroso. Intendo dire che stavo portando avanti i miei studi, stavo espletando il dottorato, e insegnavo in una scuola secondaria per guadagnare i soldi necessari per fare il dottorato. Nello stesso tempo provavo quasi tutto il tempo con la band. In più insegnavo la matematica alla mia ragazza. [ride] Per cui, sai, era un periodo in cui non chiudevo occhio, ma chissà dove sarei arrivato…
ADAM: Era una di quelle cose che capitano quando hai appena 20 anni?
BRIAN:
Sì, esatto. Andavo all’Imperial College, ma penso che ci fosse una sorta di regola non scritta dentro di me secondo la quale quando si sarebbe presentata la circostanza avrei dovuto prendere una decisione. Avrei dovuto mollare e fare quello che ho sognato tanto intensamente.
ADAM: E quale momento o opportunità ti si è presentata?
BRIAN:
Il momento culminante in realtà è stato quando i Queen si sono messi insieme come band, con le nostre personalità, e sentimmo che avremmo avuto la forza di conquistare il mondo.
ADAM: Alla fine è arrivato Freddie Mercury.
BRIAN:
C’era già Freddie. No, a dire il vero legammo subito con Freddie. Conoscevo Roger perché eravamo stati insieme in una band precedente, al college. Il tassello finale è stato John ─ John Deacon. Entrò nella band e improvvisamente pensammo “Ecco, così va bene. Questa è la cosa giusta”. E avevamo questa perversa convinzione che potessimo conquistare il mondo. È molto strano, ma sai, avvenne qualcosa e credo che tu sappia...
ADAM: Non avevate né un contratto, né un manager che arrivasse e dicesse “Bene, sapete, posso farvi diventare delle star”, o cose del genere…?
BRIAN:
No. Non avevamo bisogno di mettere insieme le cose. L’energia ci veniva da dentro e gradualmente iniziammo a raccogliere un seguito intorno a noi. È diversissimo da come vanno le cose oggi, con quello che si vede in TV e il genere di cose alla Pop Idol. Penso che noi fossimo accomunati dal fatto di condividere un sogno comune e un’ambizione.
BRIAN:
Credo che sia stata una strada in salita. Di sicuro non avvenne dalla sera alla mattina. Sì, il primo paio di anni fu una battaglia e penso che a volte ci sentimmo disillusi. Freddie ed io prendevamo ogni giorno il bus numero 9 fino al Trident Studios. Cercavamo di capire cosa stesse accadendo alle nostre registrazioni e all’accordo discografico, cercando di ottenere del tempo a disposizione per andare in studio. Quelli sono stati tempi molto difficili e vedevamo altra gente fare grandi progressi. Vedi, durante in quel periodo tutta questa specie di…
ADAM: …ci fu il nuovo arrivo?
BRIAN:
Beh, ci fu l’esplosione del Glam, se vogliamo chiamarlo così. Sai, stavamo cercando di dare un effetto drammatico al nostro spettacolo e non lo facemmo. Retrospettivamente è stata una fortuna, perché non eravamo un gruppo davvero Glam come ad magari ad esempio gli Sweet o gli Slade, ma in quel periodo David Bowie andava molto forte ─ aveva successo. Ricordo di essere andato a vederlo al Finsbury Park Astoria, all’epoca chiamato Rainbow, e pensai: “Mio Dio, semmai riuscissimo ad arrivare a questo livello ce l’avremmo fatta davvero”, sai. E un paio di anni più tardi ci riuscimmo, il che fu grande. Ma c’era questa sensazione che non ce l’avremmo fatta in tempo e che ciò che facevamo non sarebbe stato più attuale. In un certo senso avremmo potuto perdere il treno.
Ma guardando indietro penso che avemmo il tempo di maturare ed elaborare la nostra arte, perfezionare le registrazioni, perfezionare lo show sul palco e farci trovare pronti quando si sarebbe presentata a noi l’occasione. Bohemian Rhapsody è stata qualcosa di diverso. Siamo stati fortunati a viaggiare in tutto il mondo fin dall’inizio, cosa che è avvenuta grazie a una buona intuizione del nostro primo manager, Jack Nelson. Ci disse: “Sentite, non restate solo in Inghilterra. L’Inghilterra è un posto molto piccolo. Viaggiate per il mondo e conoscerete cosa succede in ogni posto”. E noi lo facemmo. Killer Queen fu una piccola hit in Inghilterra ─ beh, forse media ─ e inoltre avevamo problemi economici disperati quando cercammo di separarci dalla società che ci gestiva, cosa che infine facemmo. Firmammo con John Reid, e lui ci disse: “Guardate, mettetevi da parte e dimenticate tutte le vostre preoccupazioni. Fate il miglior album che abbiate mai realizzato ed io mi occuperò di tutto il resto”. Così facemmo A Night At The Opera, e Bohemian Rhapsody è stato il singolo che funzionò come un razzo. Sai, è incredibile come tutto avvenne, ed in tutto il mondo. Credo che il video abbia contribuito molto a tutto questo. Era una cosa innovativa. Per noi è stato solo un divertimento.
ADAM:In questo caso più nera di com’era non poteva venire.
BRIAN:
Sì. Girammo le riprese senza un soldo e senza la benché minima prova o qualsiasi altra cosa. [risate] E avevamo enormi commissioni da pagare a tutti a quel tempo. Quindi, al costo di 5000 Sterline avemmo questo veicolo che ci aveva offerto Bohemian Rhapsody...
ADAM: E inoltre non assomigliava a nient’altro.
BRIAN:
Era piuttosto insolita. Era come un allontanamento. Di nuovo, guardando al passato, non mi sembrava che fosse chissà quale balzo in avanti per noi e per Freddie, perché lui faceva cose stranissime. Iniziò a scrivere cose molto complesse già nei primi album, ma Bohemian Rhapsody funzionò davvero. Era la cosa giusta ed è immortale, non c’è dubbio su questo. Sembra che sia stata votata al numero uno fra le canzoni di tutto il mondo.
ADAM: Di cosa parla? Cosa ne pensi?
BRIAN:
Perché? È semplicemente qualcosa di molto misterioso e assume talmente tante forme, suoni e colori diversi. Nonostante tutto penso che qualcuno di voi l’abbia cantata con molta passione. Nessuno di noi sa davvero cosa riguardi. Penso che sia una cosa interessante, quindi le si può dare il significato che si vuole.
ADAM: Come avete fatto a scriverla se non sapete di cosa parla?
BRIAN:
Beh, vedi, non l’ho scritta io. È la creatura di Freddie, alla quale ovviamente noi abbiamo contribuito...
ADAM: Ma lui ne conosceva il significato?
BRIAN:
Beh, naturalmente sapeva cosa volesse dire, sì. Ma è imponderabile e penso che questo le aggiunga fascino. So che per lui questa canzone aveva un significato molto importante, come avveniva con tutto il suo materiale. Lui lo ha sempre negato. Ha sempre detto: “Tutte le mie cose sono carta da formaggio”, ma in realtà se presta attenzione alle sue canzoni, dentro ci sono tante cose bellissime.
ADAM: E l’altra cosa che sei riuscito a gestire è tenerti al passo con la scienza. Ti senti per questo uno scienziato frustrato?
BRIAN: [sorride]
No, la scienza mi diverte. In realtà penso di essere capace di godermela più da dilettante che da professionista. Ho lavorato duramente da astronomo. Ho lavorato alla tesi di dottorato per quattro anni, ma ora mi mantengo aggiornato e faccio quello che voglio, ed è molto piacevole. No, è stato più frustrante essere un astronomo, perché non credo di essere stato un granché di astronomo. Non penso; non sono stato abbastanza disciplinato.
ADAM: E cos’è la “polvere”?
BRIAN:
Cosa è la polvere? [ride] È una domanda topica questa.
ADAM: È ciò che hai studiato, la polvere nel cosmo. Non era il tuo argomento?
BRIAN:
Sì, la polvere che osservavo io ruota intorno al Sole come lo facciamo anche noi. Fa parte del sistema solare ed è il progetto per cui ho studiato. Ho cercato di determinare da dove provenga. Sai, si è creata nello stesso periodo della Terra o sono detriti generati da delle collisioni ─ cosa che è ─ oppure è semplicemente polvere spazzata attraverso il sistema solare come parte dello spazio interplanetario? Non penso che abbiamo risposte appropriate a nessuna di queste domande [ride], ma...
ADAM: Da allora c’è stato qualcuno che abbia dato risposte?
BRIAN:
C’è ancora un lavoro che prosegue. Si potrebbe pensare che possa essere più semplice oggi perché si può andare lassù con i razzi spaziali e raccogliere la materia, ma il fatto è che si tratta di materia così tenue… C’è solo un granello di polvere ogni tanti metri cubi, per cui in realtà è molto difficile da raccogliere. Per cui c’è ancora una stazione astronomica che prosegue nel suo studio. Lo trovo ancora affascinante. È molto difficile spingersi oltre. Mi piacerebbe tornare a studiarla un giorno.
ADAM: Oh davvero? Hai un dottorato onorario, quindi pensi di tornarci sopra e conseguirne un vero e proprio oppure portare a termine il tuo percorso?
BRIAN:
Sì, forse ─ forse. Ma ho la tendenza ad essere molto impegnato. Non ho tempo in questo periodo. Infatti, riguardo i Queen, ─ come potrai ben immaginare ─ sono 10 anni che non c’è più Freddie e si potrebbe credere che i Queen siano scomparsi, ma penso che ci abbiano impegnato, e quest’anno come mai prima. Di sicuro lo è stato il nostro manager. Anche io lo sono stato, devo dire.
ADAM: Ho letto da qualche parte che Robbie Williams stia per subentrare alla voce?
BRIAN:
No, nessuno subentrerà alla voce. Non penso che Freddie sia rimpiazzabile. Conosciamo Robbie molto bene e abbiamo registrato un pezzo con lui. Non so se lo sappiate o meno, ma abbiamo fatto una versione di We Are The Champions per un film, ed è andata molto bene. No, ho un grande affetto per Robbie e penso che sia un interprete favoloso, ma nessuno prenderà il posto di Freddie.
ADAM: Per cui, visto che è così, come pensate di essere Queen senza Freddie?
BRIAN:
Beh, il grande veicolo che abbiamo lanciato quest’anno è il musical. Ci abbiamo messo dentro cuore e anima. Non abbiamo semplicemente detto “Hey, fate un musical sui Queen”. È qualcosa a cui abbiamo lavorato non solo quest’anno, ma in molti degli anni passati e continua ad andare di bene in meglio.
ADAM: Al momento è il musical più popolare.
BRIAN:
È il numero uno ed è una cosa meravigliosa, sì. E siamo molto orgogliosi della nostra creatura ed estremamente orgogliosi del cast. È un cast meraviglioso. Le voci sono magnifiche e la recitazione è magnifica. La mia opinione sul copione scritto da Ben Elton è che sia magnifico. Ha ricevuto un sacco di insulti per questa cosa, ma vedendo l’effetto che ha sul pubblico c’è tanta ammirazione ed io…
ADAM: Voglio dire, è quasi diventato un evento di culto per la gente.
BRIAN:
Così sembra, e un sacco di persone ci vanno più volte, perché credo che si sentano come a un concerto rock. Non c’è nulla che gli assomigli in città. La gente esce saltando e gridando, e con un gran sorriso sul volto. E sai, penso di non essere l’unico a sapere che ci sia buona musica, non si tratta di essere presuntuoso. So che le canzoni sono bellissime e creano sempre una connessione. In un certo senso non ci si può sbagliare, ma anche il copione…
BRIAN:
C’è ogni genere di cosa. C’è stata The Queen Symphony, che ha scritto, eseguito e presentato in pubblico Tolga Kashif. Ora è uscita in CD. Non sono stato coinvolti nella sua realizzazione, per cui non è stata una di quelle cose che mi ha visto impegnato corpo e anima.
ADAM: No. Dove volevo arrivare è che la musica è lì presente, completamente disponibile nelle registrazioni, ma quando suonate dal vivo siete intrinsecamente Queen.
BRIAN:
No, non ci esibiamo molto come Queen. Lo abbiamo fatto un po’. Siamo stati premiati con una stella su Hollywood Boulevard quest’anno, per cui abbiamo accettato e ci siamo presentati. È stato molto carino ed in quell’occasione abbiamo fatto anche un concerto. Ma era solo piuttosto una improvvisazione dal vivo nella quale io e Roger abbiamo suonato insieme ad alcuni amici. Ma non facciamo molto in quella direzione. Potremmo, ma c’è un certo problema con il reparto voce. Non possiamo sfuggire da questo aspetto.
ADAM: Cosa vorreste fare? Cantare da soli?
BRIAN:
Un po’ cantiamo. Voglio dire, Roger in realtà è un buonissimo cantante ed io sono passabile. Per cui potremmo cantare le canzoni da soli se volessimo. Potremmo invitare amici come ospiti, cosa che sarebbe carina. Abbiamo dei buonissimi amici che hanno una bellissima voce. Penso che suoneremmo a orecchio.
ADAM: E oltre a completare finalmente il tuo dottorato in astronomia, quali sono le tue altre ambizioni?
BRIAN:
Ambizioni? [sospira] Suppongo fare altra musica e migliore della precedente. Penso che si debba sempre sognare in grande le cose che non sono state fatte nel passato. La cosa più bella sarebbe far sciogliere i cuori di tutti e cambiare davvero il mondo, e fermare chi uccide altre persone. Quella sì che sarebbe una grande cosa, non è così?
ADAM: Brian May, grazie mille.
BRIAN:
Grazie.