Intervista a Brian May: perchè lo spazio spacca «L'astronomia è infinitamente stimolante» Dalla rivista How It Works del 9 ottobre 2015 di Philip Watts, che riprende l'articolo principale pubblicato nel numero 6 della rivista All About Space di Jonathan O'Callaghan del dicembre 2012. Traduzione in italiano di Barbara Mucci per Comunità Queeniana |

Fino a pochi anni fa, il nome di Brian May non evocava certo il pensiero di un astronomo con gli occhi puntati al cielo notturno. Dopo che i Queen hanno scalato le vette della celebrità, con Brian May come chitarra solista, il mondo dei telescopi è stato messo un pò nel dimenticatoio, dato che hit dopo hit hanno conquistato le classifiche. All’insaputa dei più, comunque, l’amore di May per l’astronomia è cominciato molto prima che lui diventasse uno dei più famosi chitarristi al mondo.
Trovandoci con May al lancio del suo libro The Cosmic Tourist, scritto in collaborazione con Sir Patrick Moore e Dr Chris Lintott, i presentatori di Sky At Night, May ha rivelato cosa per primo lo ha interessato della fisica e dell’astronomia:
«La risposta è Patrick, assolutamente Patrick. Da solo ha ispirato un’intera generazione ─ alcune generazioni in verità ─ a guardare in alto e verso l’esterno e ad iniziare ad interrogarsi sul “cielo di notte”. Uno di questi ero io. Ne rimasi ammaliato fin dall’età di 8 o 9 anni, e non mi ha più lasciato».
L’ammirazione di May per Sir Patrick era evidente fin dall’inizio:
«Ho preso uno dei libri [di Sir Patrick] dalla biblioteca della scuola e l’ho letto dall’inizio alla fine tantissime volte, ed ho scoperto che potevo anche vederlo alla TV.
Così ho implorato i miei genitori di farmi rimanere alzato a guardare The Sky At Night, e ci rimasi incollato».
Anche se Sir Patrick ha avuto una grande influenza nella vita di May, lui cita anche altri come ulteriore motivo per il suo precoce amore per l’astronomia, ben prima dei suoi giorni con i Queen. E infatti è stata quella motivazione che l’ha condotto alla laurea in fisica e matematica all’Imperial College di Londra, alla fine degli anni ’60:
«La ragione per cui ho preso la mia laurea in fisica all’Imperial College fu perché avevo l’astronomia in testa», ha detto May. Fu un radioastronomo di nome John Shakeshaft a fornire ulteriore ispirazione a May dopo un seminario a scuola, dove «l’ho afferrato e gli ho detto che volevo diventare astronomo. Gli chiesi cosa avrei dovuto fare e lui rispose che dovevo prendere fisica all’università».
Dopo aver ottenuto la sua laurea, May ha continuato «facendo un corso post-laurea per un dottorato ed un progetto per il dipartimento di astronomia ad infrarossi, sebbene tutto ciò che ho fatto è stato uno studio sull’effetto Doppler. Quello che facevo era osservare le polveri del Sistema Solare e le proprie dinamiche».
Però non è stato tutto rose e fiori. «Da qualche parte lungo questo percorso mi sono fatto distrarre un pochino dalla musica!», scherza May. Trent’anni è una bella distrazione, ma comprensibilmente May ha detto che lui non fu "dispiaciuto" di abbandonare il suo dottorato per unirsi ai Queen. Sul fatto se May abbia conservato il suo interesse per l’astronomia durante i suoi giorni con i Queen, lui stesso ci ha raccontato che «sì, l’ho fatto davvero», ma è stata proprio la sua tesi a fornirgli l’incentivo a lasciarsi il dottorato alle spalle.
«Ad essere onesti, ero arrivato ad un punto un po’ complicato con la mia tesi. Feci tre anni di studi e scrissi gran parte di essa, facendo anche un anno extra in più per sostenermi insegnando matematica alle superiori. Quindi ci ho messo 4 anni in totale per realizzarla con foto, diagrammi e indice. Poi il mio supervisore disse che era un buon lavoro, ma mi suggerì di rivederlo e fare qualcosa in più qua e là. Gli dissi che non potevo tagliare niente. Non sono mai andato oltre il presentarla a chi di dovere».
Da quel momento May l’ha messa da parte, pensando che "forse… un giorno…" sarebbe tornato a lavorarci. Ma solo dopo trent’anni ha riesumato la sua tesi “da circa tre bauli nella mia soffitta”, e tornò a lavorarci.
«È stato ancora grazie a Patrick», dice May. «Non conobbi Patrick attraverso l’astronomia, ma attraverso un programma radiofonico. E in questo programma io composi della musica e diventai molto amico di Patrick. Di volta in volta mi chiedeva cosa era successo al mio dottorato, e perché non l’avessi finito. Chiesi a Patrick: “Come potrei farlo adesso; è passato troppo tempo!” E lui disse, “no, non è vero, puoi farlo, perché non lo fai?”».
Mentre May cominciava considerare l’idea di completare ciò che aveva cominciato trent’anni prima, aveva però bisogno di un’ultima spinta per rientrare nel mondo accademico dopo tanto tempo passato ad essere una rock star.
«Ho cominciato a parlarne alla stampa perché alcune persone cominciarono a chiedermene per una qualche ragione», ha detto May.
«Uno di questi articoli è stato letto anche dal capo del dipartimento di astrofisica dell’Imperial College dell’epoca, il professor Rowan-Robinson, e mi scrisse una email che fu probabilmente uno dei più grandi shock della mia vita! Diceva: “Ho letto l’articolo. Se hai serie intenzioni di finire il tuo dottorato in astronomia, sarò il tuo supervisore. Torna all’Imperial College e completeremo il tuo dottorato”».
Fu una decisione difficile per May, ma alla fine disse:
«Era un’offerta che non potevo rifiutare. Ma dovevo buttare all’aria la mia vita. Ho abbandonato ogni cosa per un anno, e sono stato vicino a rinunciare per tre volte, perché era molto difficile rimettere insieme i pezzi» [della vecchia tesi].
Ma noi siamo sicuri che, a parte tutti i disagi, May sia stato felice di finire ciò che aveva cominciato:
«È stato elettrizzante quando finalmente l’ho ultimata», ha ammesso May.
«Non so dirti come ci si sente quando hai passato tutto questo…Gli esaminatori furono abbastanza duri con me, non so se volessero fare di me un caso esemplare! Ho avuto dei momenti molto ruvidi con i miei esaminatori esterni, ma quando ho fatto tutte le correzioni e gliele ho portate, e loro dissero “OK, puoi avere il dottorato”, ero davvero emozionato perché era come chiudere un cerchio, una cosa che avevo sempre desiderato di fare».