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Brian May - intervista su Science Friction [29 giugno 2016]

9/7/2016

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Asteroid Day, intervista con Brian May

di Tata Uraniu, da Science Friction del 29 giugno 2016
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana

Giovedì 30 giugno è l’Asteroid Day. È il secondo anno che lo celebriamo, grazie agli sforzi e al lavoro della Asteroid Day Foundation, il cui fondatore è niente di meno che Brian May, che sappiamo essere il chitarrista dei Queen o ─ più precisamente ─ «l’astrofisico» chitarrista dei Queen.
 
Brian May afferma per inciso:

«Più di un milione di asteroidi può potenzialmente entrare in collisione con la Terra. Con tutti i telescopi attualmente disponibili ne abbiamo individuato circa l'1%. La “Dichiarazione 100X” mira a far salite il numero di asteroidi scoperti al ritmo di 100 volte anno su anno nel prossimo decennio. Quanto più si apprende sugli impatti di asteroidi, tanto più diventa chiaro che la razza umana vive con i minuti contati. “Asteroid Day” e la “Dichiarazione 100x” sono un modo per contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica sulla vulnerabilità della Terra ed accrescere la consapevolezza sul fatto che gli asteroidi possano colpirci di nuovo. Asteroid Day è quindi il veicolo attraverso cui sensibilizzare il pubblico per aumentare la nostra conoscenza riguardo la possibilità che ci colpisca un asteroide e su come possiamo difenderci.»

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Rees, Richters e May all'annuncio del primo Asteroid Day, Londra novembre 2014
A cosa è dovuto questo interesse verso gli asteroidi?

Brian May:  «Sono innamorato dell’astronomia e della cosmologia. Trovo bello che oggi in tanti trovino le risposte alle nostre domande circa l'universo! Certo, la mia passione non si riferisce agli asteroidi perché mi piacciono, ma perché sappiamo che c’è un pericolo ad essi collegato che abbiamo sottovalutato a lungo. Più ne sappiamo e più ci rendiamo conto che nel cosmo ci sono un sacco di oggetti che potrebbero colpirci. Forse conosciamo quelli più grandi, ma sappiamo molto poco degli asteroidi di medie dimensioni che potrebbero cancellare dal pianeta un'intera città. Penso che sarebbe una tragedia se ci svegliassimo di colpo con la notizia che, per esempio, dopo alcune settimane a Buenos Aires venga completamente distrutta, senza che possiamo farci nulla. È questo il significato dell’Asteroid Day: cercare di stimare il pericolo e vedere se siamo in grado di intervenire nel caso in cui una tale tragedia fosse imminente.»
 


Come hai iniziato con l’astrofisica?

«Naturalmente da dilettante. In realtà io SONO un dilettante; nessuno mi ha mai pagato per essere un astronomo, e forse è bene che sia così. Però  mi ha sempre affascinato, fin da quando ero piccolo. C’era una gran sete di conoscenza. Volevo sapere quali fossero le stelle e le cose che si potevano vedere in cielo. Quando ero un ragazzino ammiravo il cielo buio sulla mia testa e vedevo la Via Lattea. Al giorno d’oggi molti bambini, se vivono in città, crescono senza mai vedere le stelle!»
 


Per la maggior parte di noi la scienza è un argomento troppo complesso per essere compreso. Come possiamo renderla più semplice e più interessante per attrarre i giovani in questa direzione?

«Questa è una domanda che ci riguarda molto. Ci sono molte nozioni di astronomia davvero semplici da capire. A me piacciono tanto le immagini. Conosci il detto "Un'immagine vale più di mille parole"? Ebbene, in astronomia questo si applica perfettamente. Possiamo scrivere quante equazioni vogliamo alla lavagna, ma se presentiamo l'immagine di una galassia a spirale improvvisamente le persone sono in grado di vedere e capire meglio ciò di cui parliamo. Sotto vari aspetti l’astronomia non è un argomento molto complesso…  Credo che questa oggi sia la nostra grande sfida: rendere la scienza più accessibile al grande pubblico, interessante ed emozionante come è per davvero.»
 


Da bambino pensavi di diventare più un musicista o uno scienziato? Cosa accomuna il mondo della musica rock a quello della scienza e degli asteroidi?

«La cosa divertente è che, per quanto mi riguarda, non vedo alcuna differenza fra le due cose... E in seguito si è appreso che il mondo dell’epoca vittoriana la pensava come me. La maggior parte degli scienziati erano musicisti e molti musicisti erano appassionati di astronomia. Quindi, personalmente, ho avuto una sorta di sensibilità vittoriana fin da quando ero bambino, anche se non ci pensavo e non me ne rendevo conto. Volevo semplicemente conoscere tutto! Volevo avvicinarmi a tutto, sapere qualsiasi cosa e comunicare con le persone intorno a me attraverso la musica. Ma a un certo punto ho dovuto fare una scelta. C'era un bivio sulla mia strada, così ho studiato astronomia per quattro anni. Ho insegnato in una scuola media; ero un insegnante di matematica. E la musica rimasta un po’ in secondo piano, ma ho sempre sentito il suo richiamo... Poi è arrivato il momento in cui i Queen erano pronti a fare il grande salto e ho pensato che se non avessi colto quell’occasione non si sarebbe più presentata. Dopo aver realizzato tutto quello che si poteva con i Queen lasciando da parte la mia vita da scienziato, ho avuto l'immensa fortuna di tornare nel mondo della scienza dopo circa 30 anni. Ho ultimato la mia tesi di dottorato e sono vicino alla comunità scientifica. Però ora i due mondi sono molto più collegati di quanto non lo fossero una volta. Molto di più! Ad esempio, Matt Taylor ─ che è coinvolto nel progetto della “missione Rosetta” ─ è un fan convinto della musica metal e ha sicuramente più tatuaggi di me. Tantissime persone con cui parlo hanno la mia stessa sensazione: noi, come esseri umani, abbiamo solo una vita e ci spetta di diritto entrare in contatto con ogni tipo di conoscenza e idee; il che significa che l'arte e la scienza sono sullo stesso piano. Inoltre, in un certo senso, sarebbe bello non essere più costretti a fare distinzioni così nette fra di esse, ma vederle come semplici cose che si fanno... non c'è bisogno di dividere arte e scienza in categorie separate.»
 
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Sei una persona che potrebbe andare nello spazio, grazie alle risorse a disposizione. Hai mai pensato a questa cosa?

«Ci penso, e anche un sacco! Tuttavia suppongo di essere un po' vecchio e il mio corpo non è in gran forma. Però mi piacerebbe rimanere nella Stazione Spaziale Internazionale per un po' e contemplare la Terra da lontano.  Abbiamo avuto una conversazione privata con Tim Peake pochi giorni fa, quando era ancora lì, ed è stato assolutamente meraviglioso, perché mi ha fatto vedere un intera orbita della stazione. Praticamente mi ha fatto vedere attraverso la sua prospettiva nella cupola da dove è possibile osservare la Terra con il Sole appena visibile a Oriente ed è stato uno spettacolo incredibile. Ero affascinato dal fatto che gli astronauti non abbiano alcun modo di osservare lo spazio. Non so se lo sapete, ma nonostante credo ci siano diversi portelli di soccorso, la stazione spaziale non è progettata per far mettere le persone sedute a guardare nello spazio buio; è quella la cosa che vorrei di più.»
 


Quali probabilità pensi che abbia l’umanità di sopravvivere nel prossimo secolo?

«Non so che possibilità abbiamo di sopravvivere. Credo che ci siano rischi molto elevati che il pianeta venga rovinato dalla sovrappopolazione. Ho un certo rispetto per la specie umana e una sorta di orgoglio a riguardo, ma ci sono anche molte caratteristiche che detesto: la trovo molto egoista e distruttiva. Non mi piace la prospettiva del raddoppio della popolazione e dello sterminio di tutte le altre creature del pianeta. C’è già stata abbastanza cementificazione e distruzione dell'ambiente... Ne  abbiamo discusso alla prima conferenza Starmus, ed ero molto emozionato perché Armstrong, il primo uomo sulla Luna, era tra il pubblico. Gli ho detto che non sono troppo sicuro del fatto che meritiamo di andare nello spazio. Ma non mi riferivo agli astronauti! Parlavo dell'uomo come specie e il pensiero di raggiungere altri pianeti per distruggerli mi sembrava terribile. Dopo la sua conferenza, Neil Armstrong è venuto da me e ha detto che avevo ragione, perché la specie umana deve farsi un autoesame e rimediare a tutto questo. Quando ha pronunciato il suo discorso conclusivo alla conferenza ha detto qualcosa come: "Ho trascorso gli ultimi 50 anni assistendo all'invio di persone nello spazio, ma vorrei trascorrere i prossimi 50 vedendoci migliorare il nostro modo di essere".»


 
Visto che nel sistema solare ci sono più di un milione di piccoli oggetti che vagano nello spazio, qualcuno di essi potrà prendere il nome di Freddie Mercury?

«Sì! In realtà vi è già stato un passo in questa direzione e credo che presto ne avremo notizia. Probabilmente non dovrei dirlo, perché al momento credo che si tratti di un progetto riservato. Però sì, c'è proprio un’iniziativa che si propone di dare a un asteroide il nome di Freddie e io vi sono coinvolto.»
 
 

Fonte: www.sciencefriction.ro

─ @claudiobadger
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