Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
«"Possiamo vedere la casa?" È stato così per 32 anni».
Così dice Mary Austin, la donna che è stata la compagna di Mercury per sei anni e che è rimasta la sua più intima amica e confidente fino alla morte, e alla quale ha lasciato in testamento la casa e tutto il suo contenuto.
È qui che ha continuato a vivere, circondata dalla straordinaria collezione di opere d'arte, oggetti d'antiquariato e beni personali accumulati da Mercury nel corso della sua vita.
Ma ora non più.
L'asta, di dimensioni e portata senza precedenti, getta una luce nuova e affascinante su Mercury non solo come collezionista ma anche come conoscitore delle arti, riflettendo le sue diverse passioni per la ritrattistica del XIX secolo e gli arredi francesi e italiani, l'arte giapponese, le ceramiche e i tessuti, gli oggetti art déco e nouveau, per Erté e Goya, Picasso e Miró, Fabergé, Tiffany e Daum.
L'evento clou sarà l'asta serale del 6 settembre, in cui verranno battuti gli oggetti includono il pianoforte a coda Yamaha su cui Mercury scrisse Bohemian Rhapsody e altri successi, il testo di lavorazione di quella canzone, scritto su un calendario della British Midlands Airways del 1974, un assortimento dei suoi costumi di scena più famosi e la porta verde originale del parco di Garden Lodge, ricoperta di graffiti e dediche lasciate dai fan dopo la sua morte.
Austin e Mercury si sono conosciuti nel 1969. Vissero insieme per sei anni, finché Mercury non le disse che pensava di essere bisessuale. No, gli disse Austin, "penso che tu sia gay". Fu la fine della loro relazione sentimentale, ma non della loro amicizia.
Fu la Austin a visitare per la prima volta Garden Lodge con Mercury nel 1980, quando stava cercando una nuova casa.
La proprietà fu costruita nel 1908 per il pittore Cecil Rea e sua moglie, la scultrice Constance Halford. Nel corso degli anni è stata di proprietà di Peter Wilson, presidente di Sotheby's, e dell'agente dei servizi segreti britannici Tomás Harris. Quando Mercury acquistò la casa, questa era di proprietà di un membro della famiglia di banchieri Hoare.
Ricorda di aver attraversato la porta verde e di essere entrata nel giardino,
«...ed era talmente pacifico e tranquillo; c'erano bambini che giocavano e questa casa alla fine del sentiero. E la casa stessa era uno specchio del giardino, molto tranquilla e piena di luce. Una casa felice, ho pensato, da artista. Mi ha lasciato senza fiato; posso solo immaginare che abbia lasciato senza fiato anche lui. Fece un'offerta per il prezzo richiesto a condizione che fosse immediatamente ritirata dal mercato».
Qualche mese fa ho visitato Garden Lodge, prima che tutto venisse rimosso per essere classificato, catalogato e immagazzinato in vista dell'asta, e sono stato accompagnato dalla Austin e da David Macdonald, dirigente senior di Sotheby's e responsabile delle vendite per singolo proprietario.
Varcando la porta d'ingresso della sala, mi sono fermato. Negli anni in cui la Austin ha vissuto qui, non ha cambiato nulla.
«È tutto così com'era», disse indicando con un gesto la sala in cui ci trovavamo. «Quando si è trasferito qui per la prima volta abbiamo spostato i mobili nel posto migliore. Quindi spostarli di nuovo non avrebbe funzionato. Ogni pezzo è esattamente dove l'ha messo lui».
Sembrava che Mercury se ne fosse andato un attimo prima del mio arrivo.
In un angolo si trovava il pianoforte Yamaha acquistato per circa 1.000 sterline nel 1975, quando la stella dei Queen era in ascesa e le ambizioni musicali di Mercury stavano superando il suo vecchio pianoforte verticale. Quando non componeva i suoi più grandi successi, intratteneva la Austin suonando i brani di Winifred Atwell, la pianista trinidadiana di gran moda negli anni Cinquanta.
Solo in vista della vendita, la Austin aprì lo sgabello del pianoforte, trovando un assortimento di disegni e testi che erano rimasti indisturbati per 30 anni, tra cui uno schizzo della band con la didascalia "Dearie me!" e uno di Jimi Hendrix.
«Disegnava sempre Hendrix. Lo adorava».
In fondo alla stanza si trova la galleria dei menestrelli, che offre una vista imponente sul giardino e dove Mercury fece allestire un bar fatto di acero e marmo rosa per intrattenere gli amici. Sul bancone si trovavano un portasigarette giapponese e un posacenere Lalique. Mercury era un fumatore accanito. Accanto ad esso, la figura in legno art déco di un cameriere baffuto in panciotto rosso, che assomiglia in modo impressionante a Mercury, sull'attenti con il vassoio teso.
Le ante dell'armadio si aprirono per rivelare una serie di costumi di scena di Mercury. Tute indossate durante il tour del 1977 dei Queen, tra cui una con le ali del messaggero degli Dei; la giacca di pelle indossata nel video di We Will Rock You, il costume da drag queen del video di The Great Pretender; la divisa militare nera che Mercury indossò alla serata di beneficenza Fashion Aid al Royal Albert Hall nel 1985. Un paio di scarpe da danza, numero 8.
In una scatola c'erano la vestaglia di velluto rosso, ornata di finto ermellino, e la corona di strass e finta pelle - una replica della corona Reale - indossata da Mercury durante la sua ultima esibizione con i Queen, a Knebworth nel 1986.
«È difficilissimo spiegare perché ho conservato tutto, perché la gente non capirà mai. Ma poiché lui si fidava di me, mi sono sentita protettiva nei confronti di tutto. Erano in un luogo d'amore, quindi perché cambiarlo?».
Ma il tempo cambia tutto.
Qualche settimana dopo, incontro di nuovo la Austin, in una sala conferenze della casa d'aste Sotheby's di Bond Street. È una donna dalla corporatura esile, dai modi rilassati e riflessivi, che parla con voce pacata ed esitante.
«A parte le sue stanze private, Garden Lodge era ormai quasi vuota, con le pareti spoglie. Ho un tavolo a cavalletto, preso in prestito da Sotheby's, delle sedie e non c'è null'altro. Casa è vuota eppure ancora bellissima».
Sorride.
«Ho 72 anni e il prossimo compleanno non ne avrò più 50. Mi sto avviando, se tutto va bene, verso l'ottantina e ho sentito che questa cosa doveva essere fatta mentre sono ancora in vita.
Ho guardato tutto e ho pensato: "Abbiamo fatto il nostro corso". Freddie era sicuramente un romantico, e lo sono anch'io. Tutti questi manufatti, la maggior parte dei quali sono antichi, hanno viaggiato negli anni, dal 1800 a oggi, hanno avuto diversi proprietari, sono stati amati e custoditi, ecco perché sono in così buone condizioni. E ora li aspetta il viaggio verso un nuovo proprietario.
Prima che tutto fosse portato via dalla casa, ho camminato in mezzo a tutto e ho rivissuto un momento con ognuno di loro, immaginandoli nella loro nuova vita. E niente sembrava dispiaciuto di andarsene. Ho solo augurato tanto amore e buona fortuna nelle loro nuove case. E ad alcuni pezzi ho detto: "È da un po' che non ci vediamo. Ciao!». Ride. «Non sono Miss Havisham».
Tra gli oggetti all'asta c'è il libro degli ospiti che Mercury teneva per le sue cene a Garden Lodge, con l'elenco dei menu (insalata di pollo tagliuzzata, gamberetti al cocco tailandese, Guotie ai frutti di mare in salsa di limone), del vino e dei fiori - e di ornamenti e segnaposto.
Sembra che significhi molto di più di quanto sembri.
«Probabilmente più di quanto io voglia ammettere». Fa una pausa. «Ho trascorso molto tempo insieme a lui, a riflettere, a trovare me stessa e a rimanere intrappolata nella dinamica di quegli anni che abbiamo vissuto. Solo ora che tutto sta cambiando e sta venendo spostato, in realtà mi ritrovo nel 1969 e lo rivivo rivivendo tutto come se fosse allora».
Si sono conosciuti tramite amici. Lei era una commessa diciottenne di Biba, la boutique alla moda di Kensington. Lui - allora Freddie Bulsara - aveva 23 anni, si era diplomato alla scuola d'arte e gestiva una bancarella di vestiti e tessuti al Kensington Market, mentre stava per reinventarsi come cantante di un gruppo chiamato Smile, che in seguito sarebbe diventato noto come i Queen.
«A quei tempi era normale fare un salto al pub dopo il lavoro. Ti chiedevi: "c'è qualcuno stasera?" Proprio come si faceva negli anni '60. Non conoscevo affatto Freddie».
E poi lui le chiese di uscire. Lei ricorda la data.
«Cinquantaquattro anni fa, il 6 settembre. Andammo al Marquee; credo che stessero suonando i Mott the Hoople. E lui era molto più aperto di quanto non fosse tra la gente sconosciuta. Era estroverso, molto caloroso e divertente, e ci siamo trovati in sintonia. Non è quello che avevo pensato... Pensavo che fosse solo una serata con uno del pubblico. Non ho mai pensato che fosse qualcosa di più. Poi un giorno passammo davanti a Barkers, il grande magazzino. Fuori c'era un fioraio e lui mi disse: "Aspettami lì, ci metto un minuto". Io pensavo che dovevo tornare subito al lavoro... E lui tornò con una sola rosa rossa. Me la diede e io tornai da Biba, pensando: "Che cosa vuol dire questo?". Non riusciva mai ad essere chiaro.... A quel punto non ero innamorata di lui. Ma più ci incontravamo nei pub e più lo conoscevo. In qualche modo scoprivo la persona che era e una volta che lo capii fui persa».
Per i sei anni successivi vissero insieme in una serie di appartamenti a Kensington. Ma nel 1975 le cose cominciarono a cambiare nella vita di Mercury. I Queen erano diventati un fenomeno importante e facevano tournée in tutto il mondo, mentre lui era alle prese con domande sulla sua identità e sulla sua sessualità. E poi arrivò il riconoscimento della propria omosessualità.
«È stato un periodo difficile, sì, di sicuro». Fa una pausa. «Eravamo arrivati al punto in cui mi aveva regalato un anello di fidanzamento. Doveva essere il giorno di Natale, quindi era in ogni caso un regalo da accettare. Ma credo che, man mano che esplorava la sua carriera e la vastità a cui era esposto, si sia reso conto che era arrivato al momento di definitiva transizione per lui. Vedevo che era un uomo molto confuso. Ma con il senno di poi, leggendo i testi di alcune canzoni - soprattutto Bohemian Rhapsody - si poteva capire dove è iniziato il cambiamento di chiave. Non posso dirvi cosa pensasse, perché farei una supposizione. Ma so che aveva difficoltà a riconoscerlo dentro di sé e vedevo che ciò lo confondeva e lo feriva».
Questo ha portato alla fine della loro relazione sentimentale.
«Una volta che la vita di Freddie è cambiata, mi sono resa conto che dovevo farlo anch'io e che ciò che c'era stato doveva diventare acqua passata. Stava iniziando un nuovo capitolo della propria vita ed anche io ero pronta a farlo».
Mary ha due figli, del più grande dei quali Freddie fu il padrino, anche se le sue cattive condizioni di salute non gli permisero di partecipare alla cerimonia. Sebbene Mercury abbia avuto numerosi amanti prima di trascorrere gli ultimi sette anni della sua vita con Jim Hutton, si può dire che Mary sia stata fino alla fine l'unica persona che ha amato veramente, la persona a cui ha dedicato la canzone Love of My Life.
"Tutti i miei partner mi hanno chiesto perché non potevano sostituire Mary", ha dichiarato in un'intervista del 1985, "ma è semplicemente impossibile. L'unica amica che ho è Mary e non voglio nessun'altra. Per me era la mia moglie di fatto. Per me è un matrimonio. Crediamo l'uno nell'altra, e questo mi basta".
«Prima di morire mi disse: "Ti ho lasciato la casa perché saresti stata la donna che avrei sposato, e di diritto tutto questo sarebbe stato tuo. Che ne dici?" Beh, OK...».
È un'indicatore di quanto ti amava.
«Sì. E credo che questo sia ciò che mi ha reso più difficile vivere in quella casa: ciò che avrebbe potuto essere e ciò che è stato sono molto diversi. Come si fa a portare questo fardello a vita? Non lo si porta. Lo metti nell'armadio, lo riponi e lo lasci perdere, perché qui c'era un uomo che avrebbe potuto amarti in modo convenzionale. Chi al posto mio vorrebbe mai rimuginare in questa storia? No. È quello che è. Ed è stato quel che è stato. Per più di 30 anni la casa è stata la scatola dei ricordi più gloriosa, perché ha un tale amore e calore. Tutto ciò che Freddie ha comprato lo ha fatto pensando a uno spazio. "Ah, questa è la misura perfetta! È qui che voglio metterlo. Misura la parete: ci starà benissimo". E quando invece non andava bene, finiva in soffitta».
Mercury era un collezionista esigente e competente. Gli scaffali di Garden Lodge erano tappezzati di libri su ogni aspetto delle arti e dei mestieri, oltre che di cataloghi di sale d'asta e riviste. Faceva visite private alle case d'asta, ma preferiva non fare offerte personalmente. Mandava invece la Austin o il suo assistente personale Peter Freestone a fare offerte per suo conto, con un assegno in bianco firmato in mano.
La Austin sorride al ricordo:
«Quando tornavo da un'asta, ricordo l'attesa sul suo volto.... "L'hai preso?" Sì. E poi, dopo, "A quanto?". Non so perché si fidasse del mio giudizio. Ci sono stati uno o due articoli che mi hanno scioccato».
Ricorda di essere stata istruita a fare un'offerta per un oggetto particolare in un'asta di orologi.
«È stato presentato ed ho pensato: "Perché?". Sembrava piuttosto fatiscente; il colore mancava di lucentezza. Allora ho fatto un'offerta, l'ho riportato indietro, glie l'ho dato e gli ho detto che c'erano così tanti orologi belli... E lui mi ha risposto: "Ah, aspetta e vedrai quando avrò finito". E tornò indietro dorato con lo smalto nuovo e tutto il resto... era semplicemente stupefacente. E allora capii quanto fosse capace. L'aveva visto e aveva pensato: "Sì, so esattamente cosa farci con te"».
Tra i pezzi più pregiati dell'asta c'è una prima stampa in xilografia dell'opera forse più famosa dell'artista Ukiyo-e Utagawa Hiroshige: "Improvvisa pioggia sul ponte di Shin-Ōhashi e Atake", 1857.
Quando una stampa fu messa in vendita da Sotheby's nel 1977, Mary fu inviata ad acquistarla.
«Ma all'asta c'era un folto gruppo di giapponesi e il prezzo stava diventando eccessivo. Pensai: "Non credo che dovrei fare un'altra offerta, mi ucciderà", così mi fermai. Quando glielo dissi, non fu contento. Poi, durante il suo ultimo viaggio in Giappone, tornò e mi disse: "Guarda cosa ho comprato, non indovinerai mai". Era la stessa stampa e aveva pagato esattamente il prezzo di aggiudicazione da Sotheby's". Ride. Mi sono sentita davvero una stupida».
"Sono una frana con il denaro", ha ammesso una volta Mercury. "Spendo tutto quello che ho". Austin dice che...
«...collezionava in modo prolifico e stravagante, ma non in modo ossessivo. Anche se credo che si sia reso conto che poteva diventare ossessivo, e quindi ha smesso. La sala giapponese era piena di oggetti. Non c'era un pezzo di parete libero dove potesse mettere altre stampe».
Sistemando gli oggetti per l'asta, si è imbattuta in una serie di scatole con numeri di lotto, «con dentro delle bellissime stampe che non erano mai state appese al muro».
Mercury non ha mai parlato pubblicamente della sua collezione e non ha mai accettato che questa o Garden Lodge venissero fotografati in riviste di arte, design o architettura. «Era la differenza tra la sua persona pubblica e quella privata. Garden Lodge e tutta la collezione al suo interno era un luogo privato per lui. Era molto discreto. Il pubblico vedeva il personaggio estroverso e spumeggiante. Ma c'era un lato di lui che era molto tranquillo, riflessivo, meditativo. E quella persona tranquilla e riflessiva aveva bisogno di "Mercury" per realizzare la sua ambizione».
Era il suo alter ego.
«Sì, e nel corso degli anni ho visto persone evocare un alter ego fino a che questo ne prendesse il sopravvento. Ma Freddie ha sempre gestito il proprio alter ego, e Garden Lodge e il mantenimento di quel lato della sua vita privato è stato lo spazio meditativo di Freddie, dove tornava a essere Freddie non "Mercury"».
Nell'ultimo appartamento in cui hanno vissuto insieme, «i suoi dischi d'oro erano appesi al muro. Quando si è trasferito a Garden Lodge, sono stati messi nel soppalco. Era un essere umano molto caloroso e speciale, davvero. Si preoccupava di tutti quelli che lavoravano per lui e andava a comprare cose: "a lui o a lei piacerebbe molto...". Ma era sempre un regalo significativo. Non era mai una questione di "ho bisogno di ricevere in cambio un favore di qualcuno". Era sempre per dimostrare apprezzamento verso gli altri. Era un perfezionista su tutto nella vita. La maggior parte dei perfezionisti sono esigenti, spesso più con se stessi che con gli altri, e l'unica persona che perseguitava con il suo perfezionismo era se stesso. E si sentiva ferito dalle cose, ma nessuno vedeva quel lato di lui. Il che mi rendeva più protettiva nei suoi confronti».
Nel corso degli anni è stata, in un certo senso, la custode della loro relazione, rifiutando interviste e non parlandone mai fino ad oggi.
Le è stato inviato il copione del film Bohemian Rhapsody del 2018, interpretato da Rami Malek nel ruolo di Freddie, e le è stato chiesto se volesse incontrare Lucy Boynton, interprete della Austin. Ma avendo custodito la sua privacy per tanto tempo, ha scelto di non farlo e non ha mai visto il film.
«Ho visto i trailer, con Rami Malek che cantava al Live Aid, e ho pensato: "Wow, è un montaggio incredibile". Ma poi ho pensato: no, non posso guardarlo. Non perché sia un brutto film, ma non è Freddie, quindi non è la mia vita. Il paragone è troppo pesante. Non riuscivo a relazionarmici».
Rinunciare ora agli oggetti - i quadri, il pianoforte, i soprammobili, tutto ciò che riempiva la casa - non significa rinunciare ai ricordi, né all'amore che condivideva con Mercury.
Ha conservato solo una cosa della loro vita insieme: una sedia acquistata durante una spedizione di shopping in una casa d'aste in King's Road, all'inizio della loro relazione.
«Avevamo pochi soldi ma avevamo bisogno di mobili. Lui trovò questa sedia e contrattò. La ottenemmo per 5 sterline e non era in buone condizioni. Così l'abbiamo riparata. Da allora l'ho fatta riparare e rimettere a nuovo e ho pensato di tenerla per motivi sentimentali. Ora che la casa è vuota è come se fossi stata trasportata indietro al giorno in cui l'ho vista per la prima volta e Freddie ha fatto i suoi progetti. È una casa molto calda, una casa da famiglia».
Non ha ancora deciso se venderla o tenerla. E non c'è nulla che sia andato via che le manchi.
«Riesco ancora a vedere tutto nella mia mente. Passando per la casa, sostituisco la parete vuota con il Tissot. Nel corso degli anni tutto è diventato più familiare. Attraverso gli oggetti posso ancora vedere e sentire e ricordare i momenti felici. I fantasmi che c'erano all'inizio se ne sono andati. C'è voluto un po' di tempo prima che se ne andassero, ma poi tutti i bei ricordi si sono presi il loro posto».
Quali erano i fantasmi?
«Vedere Freddie diventare fragile, vederlo morire...». Fa una pausa. «Come si fa a spiegare che questo essere umano meritava il mio totale e assoluto apprezzamento e amore? E quell'amore si è modificato, ha avuto il suo corso. Credo che Shakespeare l'abbia espresso al meglio nei propri sonetti: "L'amore non è l'amore che si muta quando si cambia". Ed è assolutamente vero. È quel viaggio di vita insieme. Non l'ho capito bene all'inizio, ma quando leggi i sonetti e rifletti, pensi che sì, questo è amore. È un'emozione meravigliosa da provare e un'emozione meravigliosa da accettare da un altro essere umano. Ma mi ci è voluto molto tempo per capirlo. La morte di Freddie è stata la cosa più difficile da affrontare. Ma il resto è stato solo gioia. Tutto ciò che comprava aveva una connotazione positiva, e successivamente ha assunto un significato importante per lui. C'è molto amore che traspare da tutti i manufatti e dalla casa. In effetti, il suo ultimo dono è stato il dono dell'amore».
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