Con un tour, un singolo di successo e un nuovo spregiudicato album, 'A Night At The Opera', i QUEEN sono sulla vetta del mondo. E Freddie Mercury racconta a Harry Doherty che la band ha ora consolidato una propria identità... Articolo in versione pubblicata su Uncut Magazine - 22 novembre 1975, fonte www.QueenCuttings.com Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana |
mormora un Roger Taylor stanco mentre si confronta ancora una volta col nuovo album dei Queen, dopo quattro mesi trascorsi a prendere decisioni sul da farsi. La band era convinta di aver concluso finalmente il tutto, e che per la stampa finale mancassero solo poche ore. E invece c'è ancora da lavorarci.
In un altro angolo della sala di registrazione, Freddie Mercury ─ in genere loquace nonostante la stanchezza accumulata nelle ultime settimane ─ è altrettanto inorridito dal pensiero di dover tornare in studio.
Afferma:
«Non dimenticherò mai questo album, mia cara. MAI. Abbiamo voluto far ascoltare ad alcuni amici quello che abbiamo fatto finora. Il punto è che non capiranno mai l'intero disco con un solo ascolto. Quindi dopo un po' saremo tutti fuori, scocciati e dimenticheremo volentieri tutto».
John Deacon sta curvo dietro una scrivania, a scorrere la lista di date che andranno a comporre il tour britannico del gruppo. Trova qualcosa da ridire per ogni location indicata sui fogli che ha davanti, ed è evidentemente divertito a manifestare le proprie rimostranze.
I tre membri della band sono riuniti presso la sede del loro manager prima di partire per Londra, in direzione del Roundhouse Studios, dove il nuovo album intitolato A Night At The Opera è pronto per essere presentato a una selezione di amici, membri dello staff e addetti della stampa.
Come si addice all'immagine regale dei Queen, viene servito Champagne in abbondanza.
L'ascolto dell'album è previsto per le sette in punto, ma quindici minuti dopo l'orario fissato siamo ancora tutti al Rocket, con Freddie al telefono che parla con gli Stati Uniti d'America, per dare spiegazioni a un giornalista riguardo «questo incredibile album che abbiamo appena realizzato».
Roger e John parlano di come il nuovo singolo da sei minuti, Bohemian Rhapsody, abbia sconvolto tutti, e ridacchiano tra di loro al solo pensiero.
C'è una certa confusione in merito a quanto è successo alle bobine dell'album.
«Non me ne vado se i nastri non sono in studio. Che cosa imbarazzante!», dice Freddie. Alla fine partiamo per il Roundhouse a bordo di una limousine con un autista. All'ingresso dello studio c'è un cartello con su scritto "Welcome To A Night At The Opera".
Mentre entriamo, John Deacon mi spiega
«Spero che certa gente non venga stasera. Siamo un po' tesi. Io voglio solo andarmene e stare in giro per strada».
Mi dice anche che hanno solo quattro giorni di tempo per assemblare lo spettacolo live che i Queen porteranno in tour in tutto il mondo, e le sue parole un po' preoccupate mi giungono mentre stringiamo la mano ad altre persone in fila nella hall dello studio.
Alla fine l'anteprima del disco si svolge senza intoppi. Tutti sembrano impressionati dalle canzoni. Molti dicono che è la cosa migliore che i Queen abbiano mai fatto. E giudizi così decisi vengono espressi già dopo il primo unico ascolto. Il disco si conclude con l'inno inglese rifatto alla chitarra da Brian May, che oggi non è presente perché troppo stanco per partecipare all'incontro.
Dopo l'ascolto ognuno è rimasto seduto al proprio posto. Solo Mercury si arrabbia e dice a qualcuno: «Alzati, sì tu...!», per poi aggiungere «Meno male che è finita...», dirigendosi verso l'auto che ci aspetta per andare a cena in un ristorante esclusivo di Londra.
Lì Freddie sfodera il lato più impaziente del proprio carattere. Quando il suo pasto tarda ad arrivare a tavola, afferra un cameriere e gli dice senza mezzi termini che lui è stufo.
Alla fine però parliamo del nuovo album. Mi spiega che questo è il miglior disco dei Queen, ma anche il più spregiudicato che abbiano mai fatto:
«Ci sono voluti circa quattro mesi per realizzarlo, e ora siamo andati davvero oltre ogni scadenza con il tour che intanto si avvicina. Ma è più importante fare l'album come vogliamo noi, soprattutto dopo che vi abbiamo investito così tanto tempo. Gli ultimi ritocchi sono più importanti di tutto il resto. È il nostro album più importante.
Ad essere onesti, stasera è stata la prima volta che lo abbiamo potuto ascoltare con calma. Penso che siamo riusciti a mettere insieme le canzoni migliori. Sarà davvero il nostro miglior album. Lo è sul serio. Se pensassi che ci fosse qualcosa di sbagliato, lo direi; ma in questo lavoro ci sono alcune cose che volevamo fare già da tempo. Sono molto soddisfatto delle parti operistiche. Volevo davvero essere esagerato con la voce, perché tendono a confrontarci sempre con altri; una cosa davvero molto stupida. Se ascolti come si deve la sezione operistica, capirai che non è possibile fare nessun paragone, e questo è ciò che volevamo ottenere».
Perché un tale bisogno di essere esagerati?
«Noi non vogliamo essere esagerati, ma è qualcosa che abbiamo insita dentro. Ci sono tante cose che vogliamo fare, ma che allo stesso tempo non possiamo fare. Al momento abbiamo realizzato un album che ─ diciamocelo ─ è troppo complesso per chiunque. Ma era proprio ciò che volevamo ottenere. Avremmo potuto fare un paio di cose che sono in A Night At The Opera già nel primo album, ma sarebbe stato troppo per una parte degli ascoltatori. Davvero. Non si può concentrare tutto su un album. Deve essere una progressione costante. Dopo Sheer Heart Attack abbiamo pensato "adesso abbiamo capito che siamo in grado di fare determinate cose". Vocalmente possiamo superare qualsiasi band. Abbiamo pensato di non porci dei limiti nè barriere. Basta fare esattamente quello che vogliamo. E così è successo che ho avuto questa idea operistica, e ho pensato "perché non lo facciamo?!". Ed è andata così».
Freddie hai mai pensato che i Queen si stessero esponendo a rischi eccessivi?
«Lo abbiamo sempre fatto. Ci siamo sempre esposti a rischi. Lo abbiamo fatto con Queen II. In quell'album abbiamo fatto così tante cose sopra le righe che la gente ha cominciato a commentare con "Che schifezza auto-accondiscendente, troppe voci, troppo di tutto". Ma i Queen sono così. Dopodiché hanno cominciato a capire cosa siamo veramente»
Perché scegliere un singolo epico da sei minuti?
«Abbiamo pensato che fosse una canzone forte e l'abbiamo pubblicata. Ma ci sono state molte discussioni a riguardo. Qualcuno ha suggerito di tagliarla, perché i media di solito mandano in onda canzoni da tre minuti, ma non c'era nessun senso a editarla. Non andrebbe bene. Abbiamo voluto pubblicarla come singolo perché volevamo dire che questo è ciò che sono i Queen in questa fase».
Mercury rivendica l'unicità della band:
«Siamo davvero diversi. Facciamo cose in uno stile completamente diverso da chiunque altro. Ma non abbiamo acquisito queste caratteristiche appositamente perché ci rendono diversi. È successo e basta. Se domani la danza dovesse improvvisamente andare in voga, oppure il jazz dovesse godere di una nuova ondata di popolarità, noi non cambieremmo. Continueremmo a suonare sempre quel che ci pare allo stesso modo, perché è ciò in cui crediamo. Quando Seven Seas Of Rhye è diventata una hit, tutti dicevano che sarebbe rimasto il nostro target di mercato, e che quindi avremmo continuato su quella tendenza. Noi non vogliamo fare in questo modo. Abbiamo superato tante difficoltà, e siamo molto meticolosi. Per questo album abbiamo scartato letteralmente decine di canzoni. Se alle persone non piacciono le canzoni che facciamo al momento, a noi non fotte proprio niente. Siamo probabilmente la band più sofisticata del mondo. Prestiamo molta cura in ciò che facciamo. E se facciamo un bell'album, ci assicuriamo che sia assortito bene, perché dentro vi abbiamo riposto tantissimo amore”.
Il giorno dopo, i Queen sono tornati al Roundhouse Studios per "aggiungere gli ultimi ritocchi" a A Night At The Opera. La tentazione era troppa, ed hanno remixato l'album.
Questo è il perfezionismo che fa per voi!