di Corey Irwin, UltimateClassicRock.com - 27 novembre 2019
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
La premessa:
«Scrivo ora perché penso di poter finalmente capire cosa mi sia successo nel corso degli anni. Ci ho pensato a lungo, ma avevo solo bisogno di mettermi a distanza di sicurezza da tutti quegli eventi. Questo libro parla della trasformazione di un uomo semplice in un oggetto di folle desiderio e adorazione. Ma è anche un libro su un bambino che avrebbe solo voluto una famiglia normale. Riguarda le devastazioni della tossicodipendenza e lo stato di celebrità. Riguarda la gioventù perduta, il cercare di essere un artista e anche la lotta per restare in controllo della propria vita. Mi rendo conto che non tutto ciò che racconterò sarà gradevole, ma è onesto».
«Nella primavera del 1980 ero in aereo in prima classe con il mio manager, diretto a Monaco di Baviera, in Germania, per partecipare a un programma televisivo. Di fronte a noi erano seduti Andy Gibb e il suo manager. Andy ed io stavamo entrambi vivendo realtà simili a quel tempo: eravamo popstar roventi all'apice della fama. Le ragazze ci adoravano e stavamo sperimentando il successo nelle classifiche di vendita. Abbiamo chiacchierato un po' e una volta sbarcati in Germania ci siamo resi conto che alloggiavamo nello stesso hotel.
Mentre eravamo alla reception, a fare il check-in, sentii un rumore che annunciava l'arrivo di un ascensore. Ho guardato nell'atrio, ed eccoli lì, saltano fuori dall'ascensore Brian May, John Deacon, Roger Taylor e lo stravagante cantante, immensamente talentuoso: Freddie Mercury. Al tempo avevo incontrato e frequentato molte persone interessanti, ma ero rimasto stupito lo stesso. Questi erano i fottuti Queen. Ci passarono davanti e poi successe qualcosa di assurdo. Freddie Mercury si voltò con i suoi occhi scuri ed esotici verso di me, fissandomi dalla testa ai piedi in modo lascivo. Quindi fece lo stesso con Andy. Ci stava guardando come se fossimo il suo primo piatto e il dessert. Si è trattato di un attimo... Prendere o lasciare... Concluso il check-in, vado nella mia suite e, prima ancora di aprire i bagagli, notai che la luce rossa sul telefono lampeggiava, indicando che avevo già un messaggio. "Molto strano. Ho appena fatto il check-in. Chi potrebbe mai lasciare un messaggio così in fretta?", mi dissi. Ho chiamato la reception e la donna mi ha detto con un forte accento tedesco: "Mr. Freddie Mercury ha appena lasciato qui una busta per lei". Tornai di sotto e c'era una busta per me. L'ho aperta e ho scoperto che conteneva mezzo grammo di cocaina e un invito ad andare in studio quella sera per ascoltare il nuovo disco della band. Aveva lasciato la stessa identica cosa anche a Andy Gibb.
Così, quella sera dopo cena, io e Andy Gibb ci siamo diretti ai Musicland Studios, il mitico studio seminterrato fondato dal leggendario produttore italiano Giorgio Moroder. Tutti, dagli Stones a Elton John agli Zeppelin, avevano registrato lì. Ed era lì che i Queen stavano registrando quello che sarebbe diventato il loeo mostruoso album del 1980 chiamato The Game, che conteneva le hit Crazy Little Thing Called Love e Another One Bites the Dust. Ci siamo sistemati in salotto rilassandoci insieme alla band, mentre si prendevano una pausa dalla registrazione. Ci siamo fatti con la roba che Freddie ci aveva lasciato tanto generosamente, e poi, incredibilmente, fummo invitati in studio, piazzati dietro un microfono (insieme a Freddie!) per aggiungere alcune voci. Ma scherziamo?!».
Alcuni mesi dopo, erano in tour per promuovere il nuovo album, e avevano fatto il tutto esaurito per tre sere al Forum di Los Angeles. Il loro batterista, Roger Taylor, mi telefonò dopo che la band arrivò in città per invitarmi allo spettacolo. Ero emozionatissimo. Non avevo mai visto i Queen dal vivo e avevo sempre voluto andarci. Arrivai al Forum e immediatamente venni portato nell'esclusivo Forum Club, dove c'erano un gruppo di altre celebrità e amici della band che prima dello spettacolo mangiavano, bevevano e si drogavano.
Venne Roger e mi accompagnò fuori dalla stanza. "Voglio che incontri una persona...", disse con un invitante sorriso. "Vieni con me!". Scendemmo al piano di sotto dove si trovavano gli spogliatoi della band. Mi accompagnò in uno dei camerini. Era vuoto, tranne che per la presenza di una donna bionda bellissima e sexy con un top minimale e una minigonna ascellare, seduta lì tutta sola. "Candy", disse Roger, "questo è Leif. Leif, mi piacerebbe che tu conoscessi Candy". Ci salutammo, e poi Roger aggiunse: "Candy, per favore, prenditi cura di Leif", prima di lasciare la stanza e chiudere la porta dietro di sè. E Candy si prese cura di me... Quella fu la mia prima vera esperienza con una vera groupie esperta. Voglio dire, fino a quel momento ero stato con molte donne, ma di solito erano mie fan o le loro madri, oppure attrici, modelle o altre celebrità. Ma quello al Forum era un altro livello, un'altra dimensione. Era come un rock'n'roll fatto da professionisti, e mi ha mandato fuori di testa.»