In questa intervista pubblicata su Canon Professional Network a luglio 2015 ci svela i retroscena, come è riuscito ad entrare in contatto con i Queen, gli aspetti tecnici e le prospettive future del suo servizio.
Traduzione integrale in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana Tutte le immagini di questo articolo sono di proprietà di / All pictures reported are property of Peter Neill - Canon Europe - Canon Professional Network |
In una intervista esclusiva, ha parlato con Steve Fairclough, che scrive su CPN, per svelare come sono stati realizzati gli scatti stereo-fotografici dei leggendari Queen, e come siano stati fotografati con le Canon EOS DSLR e le ottiche EF.
Il progetto ha visto Peter all'opera con una band che ha ammirato per tanto tempo: «Da una età molto precoce ho avuto come idoli due band: i Queen e gli U2. Sono il più giovane di tre fratelli, ed erano quello che gli altri due ascoltavano. Essendo il più piccolo, e seguendo quello che facevano i due più grandi, ascoltavo anche io questi due gruppi. Non ho sviluppato un mio personale gusto musicale fino all'adolescenza, ma ho sempre continuato a seguire gli U2 e i Queen».
Parte dell'epico concerto è stato trasmesso dal vivo sulla TV BBC, e Peter ricorda: «Amo quel concerto – è stata un'esperienza straordinaria. A loro [i Queen] è piaciuto il materiale [fotografico] realizzato, e mi hanno chiesto di fotografare altri quattro o cinque concerti, ed è stato fantastico. A quel punto non avevo avuto una grande interazione con la band – erano come una nave in corsa e non c'era bisogno che interagissero molto con me».
■ L'aggancio stereoscopico
Ma Peter aveva un'idea in mente, dal momento che sapeva che il chitarrista dei Queen, Brian May, era un appassionato amante della stereofotografia. Difatti, Brian May ha riesumato nel 2008 la London Stereoscopic Company (LSC) – una società organizzata inizialmente nel 1854, quando l'immagine stereoscopica vittoriana e la sua visualizzazione era molto in voga. Da allora Brian May ha pubblicato diversi libri di stereografia, con il collaboratore e co-autore Denis Pellerin – che è anche il curatore della collezione fotografica di Brian May – ed ha anche inventato il proprio visore stereoscopico, conosciuto come ‘The Owl’ [il gufo, ndt].
Peter ha lasciato un po' di tempo alla band per elaborare l'idea, mentre continuava a fotografare alcuni concerti inglesi del tour dei Queen, che vedevano il cantante statunitense Adam Lambert come frontman.
Peter rivela: «Poi ho ricevuto una e-mail in cui dicevano "Sì, vogliamo farlo", e poi lui [Brian] ha parlato con il management per autorizzarmi a fotografare il concerto di Liverpool. A quel punto ho discusso con la Canon per capire quale strumentazione avrei dovuto usare – doveva essere un duplicato di qualsivoglia cosa usavo quelle sere. Così ho utilizzato una EOS 5D Mark III con ottica EF50mm f/1.4 USM, e Canon mi ha prestato un'altra 5D Mark III e un'ottca 50mm».
■ Costruire un'attrezzatura stereo
Con la "luce verde" a fotografare i Queen in stereo, Peter ha dovuto organizzare l'aspetto logistico. Rivela: «Ho costruito una specie di attrezzatura fatta in casa, con due fotocamere collegate a una striscia di metallo con sotto dei manici. Poi ho preso due pulsanti di scatto cablati e li ho collegati insieme in modo da controllare entrambe le fotocamere contemporaneamente. La messa a fuoco era regolata manualemnte, ma poichè conoscevo il concerto bene a quel punto, sapevo dove i differenti soggetti sarebbero stati sul palco nelle varie fasi… quindi, invece di provare a coglierli e metterli a fuoco su due fotocamere separatamente, aspettavo che si muovessero nei punti in cui sapevo che avrei potuto fotografarli. La genesi è stata questa qui».
Brian May ha fornito a Peter alcuni consigli sul posizionamento delle fotocamere nell'impianto, e Peter rivela: «Brian mi ha consigliato di andare oltre le caratteristiche della vista umana, ma il posizionamento delle fotocamere non era una cosa calcolabile matematicamente. Quando sono arrivato al concerto, la prima cosa che ho fatto è stata mostrare l'attrezzatura a Brian per assicurarmi che ne fosse soddisfatto. La cosa più importante era tenere le due fotocamere su un piano livellato».
Peter aggiunge: «È stato bellissimo usare il Mark III per questo, perchè era eccellente con la bassa illuminazione, che è la chiave per ogni servizio a un concerto, ed è davvero una fotocamera versatile e semplice da usare, il che voleva dire tantissimo. Non è troppo pesante – si potevano scegliere modelli più pesanti per quelle foto –, ma avrebbero limitato la mia abilità di scattare con l'attrezzatura che stavo usando; il peso sarebbe stato una tragedia».
Come menzionato sopra, il concerto scelto per il progetto stereo era quello alla Echo Arena di Liverpool, nel mese di febbraio 2015, anche se Peter ammette senza problemi: «Ci andai sapendo che non avrei scattato un'unica coppia di foto!», e degli scatti spiega: «Mi spostavo in tutti gli angoli dello stadio, mi aggiravo in posti differenti – avevo un pass tripla A che significava "vai dove ti pare"».
Con due ottiche 50mm f/1.4 USM collegate alle due 5D Mark III di base, Peter spiega: «In termini di apertura, la maggior parte delle volte ero fra f/1.8 e 2.2. Mi piace usarle con una bassa profondità di campo, e anche ─ per la natura delle immagini stereo ─ questa bassa provondità di campo significava che l'effetto distanza delle cose sullo sfondo sarebbe stato massimizzato nel prodotto finale. Se mi capiterà di rifarlo, terrò assolutamente le aperture e il resto come ho fatto in quella prima occasione».
■ Le difficoltà riscontrate
Ma Peter ha incontrato delle difficoltà durante gli scatti? «Oh sì! Il più grande rompicapo era la messa a fuoco. Cercavo di aspettare il più possibile che le persone [della band] fossero nel campo di scatto, ma direi che con la messa a fuoco manuale di due fotocamere mentre le persone saltano da una parte all'altra del palco come banane spesso il momento della messa a fuoco durava pochissimo tempo, molto meno di quello che serviva a me. Quindi... sì, è stato un grosso problema quello lì. Direi che circa uno scatto su quattro aveva la messa a fuoco giusta. Erano circa solamente il 25% degli scatti».
Peter ammette: «Ho cercato un paio di opzioni per mettere a fuoco un'ottica e trasmettere il settaggio all'altra con delle specie di ingranaggi. Ho messo qualcosa insieme con un amico che costruiva sistemi di messa a fuoco a inseguimento per realizzare video con le DSLR, ma non avevamo il 100% dell'affidabilità. C'è sempre quel minimo di differenza fra l'anello di messa a fuoco e le meccaniche interne delle due ottiche, quindi se anche avessi messo a fuoco un paio di volte ci sarebbe stata comunque qualche discrepanza – non si è rivelata una cosa pratica da fare. Per quanto sia faticosa la messa a fuoco manuale... mi orienterei su questa anche la prossima volta».
Ha messo a fuoco guardando dal mirino delle due fotocamere 5D Mark III e, anche se questo richiede molto tempo ─ e per questo vuole trovare un sistema per facilitare una più rapida regolazione della messa a fuoco ─, Peter fa notare: «Mi sono buttato in questa cosa sapendo che non avrei fatto una sola coppia di foto stereo, e ho finito per realizzarne 88 [coppie], ed è molto gratificante sapere di aver realizzato 88 scatti che vanno bene».
Aggiunge: «Il secondo problema era il peso delle fotocamere, e non usavo un'attrezzatura da tenere sul torace, per cui alla fine del concerto avevo le spalle che mi tremavano (ride). Se dovessi rifarlo nuovamente, userei certamente un'attrezzatura di sostegno per il torace per aiutarmi a sostenere il peso».
Una volta che tutte le immagini in concerto sono state scattate, Peter le ha dovute rivedere e montare. «È stato difficile. Quello che ho fatto è stato mettere tutte le immagini della fotocamera A e della B su due schermi, uno del portatile e l'altro affianco dell'iMac, sul quale visualizzavo tutte le foto della camera B. Letteralmente, ho catalogato tutte le immagini affiancate con la tastiera del portatile e quella dell'iMac».
Peter ha stimato di aver scattato circa 700 immagini su ogni fotocamera e fa notare: «Alcuni set di immagini che non ho scartato per problemi di messa a fuoco, li ho scartati per l'aspetto delle facce o se la composizione non andava bene. Il 25% delle foto scattate sono state scartate solo per problemi di messa a fuoco, ed a questa va aggiunto un altro... forse un 30%. Ciò che ha rappresentato la fetta più grande della torta è stato il problema di messa a fuoco.
Spiega: «Ciò che è stato critico era assicurarsi che gli orologi delle due fotocamere fossero esattamente sincronizzati, per rendere le informazioni sugli orari precise che mi sarebbero servite in seguito. Poi ho messo insieme ogni coppia di immagini e, usando Lightroom, davo delle valutazioni a 5 stelle se era una buona coppia stereo. Dopo aver defnito le coppie stereo migliori, ho eliminato quelle che non andavano bene – Poi ho preso quelle da usare. Infine, una volta in possesso delle 88 coppie identificate, le ho esportate dal portatile e le ho trasferite tutte sull'iMac.
Poi, con Photoshop, ci ho smanettato per sovrapporle una sull'altra, per assicurarmi che funzionassero come coppie stereo e fare tutto il necessario. Ho impiegato un numero indefinibile di ore – per fotografare i concerti ci volevano tre ore, ma il lavoro sulle immagini ha richiesto probabilmente circa 30 o 40 [ore]».
Nel montare le fotografie, Peter cerca di non cambiare molto alle immagini originali, ma dice: «Un sacco di immagini funzionano meglio in bianco e nero, e talvolta devi dargli un po' di tonalità di colore. Non uso mai Photoshop per modificarle con contenuti che non hanno in origine quando vengono scattate. Il più che faccio è rimuovere una bottiglietta dal lato della batteria, ma la maggior parte delle cose riguardano la regolazione delle tonalità… magari aggiungendo un po' di blu alle ombre: davvero, i cambiamenti riguardano solo le tonalità».
Peter racconta: «Alla fine ho inviato 88 coppie di stereo fotografie a Brian [May]. Ci ho messo un paio di settimane per regolare al meglio tutte le immagini. Quindi, alla fine sono venute fuori 88 coppie definitive».
■ Il processo di stampa lenticolare
Ultimato il montaggio delle immagini, il passo successivo è stato vedere se alcune delle coppie stereo funzionavano con la stampa lenticolare. A Peter è stato suggerito di rivolgersi all'azienda di stampa Riot of Colour, che ha sede a Greenwich, a Londra. Andrew Roblett, proprietario e direttore di Riot of Colour, spiega: «La cosa più inusuale del servizio di Peter era il fatto che avesse scattato in stereoscopico, ed era la prima volta che ci ritrovavamo ad approcciare una produzione partendo da immagini stattate con un'angolazione leggermente diversa».
Aggiunge: «Il nostro processo è chiamato ‘auto-stereoscopico’. Non si possono stampare due immagini diverse – semplicemenete non funziona. Quindi c'è bisogno di ricreare una vista auto-stereoscopica. Ciò che abbiamo fatto è prendere le immagini di Peter e ricavare quante più informazioni possibili, necessarie per generare una vista auto-stereoscopica; alla fine abbiamo trovato 15 immagini. Il software che usiamo per i nostri lavori è stato sviluppato autonomamente. L'interlacciamento è il processo di mettere insieme tutte e 15 le immagini come fossero una sola, da stampare in una sola volta».
Andrew spiega: «Le 15 [immagini] sono vera matematica – dobbiamo trovare la risoluzione giusta per la stampante… la Canon [la stampante si chiama Océ Arizona] ha 600dpi, e le speciali lamine che abbiamo utilizzato sono da 40lpi; quindi se le dividi le immagini risultanti per due, ne risultano 15. Questa cosa sembra stupida, ma è incredibilmente importante, perchè se non c'è sinergia fra le due ottiche e il frame, si generano delle piegature nei punti in cui si auto sistemano per corrispondere alla risoluzione settata.
Poi abbiamo cercato i supporti lenticolari che volevamo usare – la speciale plastica su cui stampiamo. Quel pezzo di plastica rifrattiva, in sostanza, fa tutto: mette insieme tutte quelle 15 viste di nuovo in una sola per i due occhi umani – alla giusta distanza fra di loro; quello stacco è molto importante e 'progetterà' poi l'immagine 3D con il vero feeling di una immagine 3D».
Andrew aggiunge: «Abbiamo poi stampato usando la Canon Océ Arizona, che agisce direttamente sul supporto – cosa molto importante dal momento che la messa a fuoco corretta si ottiene appena dietro allo strato plastico. Ai vecchi tempi si usava laminare le stampe sul retro, ma lo strato di colla necessario per l'unione fa perdere la messa a fuoco dell'immagine finale. Quindi il passo importante e rivoluzionario è stato stendere l'inchiostro appena dietro la lamina plastica, e pertanto ottenendo la migliore messa a fuoco e la maggiore qualità del pezzo. Poi la sigilliamo e la tagliamo, preparandola per la cornice.
Il modo in cui funziona il 3D è un po' come mettersi davanti a un barattolo di fagioli e girarci intorno. Se si guardasse dal retro del barattolo, oppure se si chiudesse uno degli occhi, si oscurerebbe l'una o l'altra direzione e viceversa. Il problema del 3D è capire quale informazione sta sullo sfondo. Con una coppia stereoscopica, siccome quello che percepisce l'ottica è solo a 4 pollici di distanza, non si ha una grande visuale intorno al soggetto, specialmente alla distanza in cui questa differenza si annulla».
Nel rivelare uno dei trucchi del mestiere, Andrew dice: «Quello che facciamo nella nostra manipolazione in auto-stereo è estremizzare questo aspetto. Quando lo si massimizza, si arriva a punto in cui non ci sono più differenze. Ciò che serve ora è disegnare meticolosamente lo sfondo per ingannare l'osservatore facendogli vedere un set di immagini che ruotano in modo realistico attorno al soggetto, conferendo una vista a 360°. Ma naturalmente la gente non può portare in giro un sistema di fotocamere largo 4 piedi, quindi obbligatoriamente deve essere ottenuto in fase di elaborazione software».
Delle stampe, Peter Neill dice: «Il prodotto finale ha un aspetto particolarmente straordinario – una di esse passa dal colore al bianco e nero spostandosi con la testa. Un'altra è una grande immagine verticale alta un metro e venti centimetri e larga ottanta. C'è Brian [May] in piedi di fronte alla batteria con la sua chitarra. Nella foto, la sua gamba destra copre metà del logo Queen sulla batteria, ma la cosa assurda è che spostando la testa verso destra si vede dietro la sua gamba, ritrovando il resto del logo! È pazzesco!».
Peter ha nei piani di realizzare alcune stampe lenticolari stereoscopiche per una mostra che sta organizzando in una location non ancora definita a Londra nell'autunno del 2015. L'esposizione delle sue immagini dai concerti includerà anche molti degli altri artisti con i quali ha lavorato nella sua carriera, compresi gli U2, The Script, Justin Timberlake, Ennio Morricone… e molti altri.
■ I passi successivi: il libro fotografico dei QUEEN !
Per dare seguito al progetto di foto stereoscopiche dei Queen, Peter ha offerto tutte le sue coppie di immagini per la possibile inclusione nel progetto per il libro stereoscopico "QUEEN IN 3D" al quale sta lavorando Brian May.
Peter rivela: «Lui userà alcune di esse nel libro di foto 3D dei Queen che sta per fare uscire. Gli ho detto che può usare qualsiasi di queste 88 coppie stereo lui desideri nel libro».
Del coinvolgimento di Brian May, Peter dice: «Ci siamo sbambiati infinite e-mail sull'argomento, provini delle immagini e lui è alla ricerca di immagini per il libro. È un uomo incredibilmente indaffarato, un tipo incredibilmente gentile – un ragazzo adorabile. È stato bellissimo conoscerlo un po', e non era una cosa che mi aspettavo potesse accadere».
Ma, anche se Peter ha fotografato forse la più grande rock band del mondo in stereo, non pensa assolutamente di fermarsi a questo… Rivela: «È qualcosa per cui sono molto interessato a continuare con gli altri artisti con cui lavoro – Ne faccio un sacco con i The Script, e gli ho mostrato un piccolo video di una delle stampe [lenticolari] con Brian [May] davanti alla batteria. La stavo mostrando a Mark, il chitarrista dei The Script, l'altro giorno, e gli piacerebbe fare quel genere di cose in un paio dei loro concerti del prossimo tour». Quindi, sembra che il viaggio di Peter Neill nella stereofotografia abbia ancora molta strada da percorrere...
Nella borsa degli attrezzi di Peter Neill...
Fotocamere:
EOS 5D Mark III
EOS 5D Mark II
EOS 70D
Ottiche:
EF24-70mm f/2.8L II USM
EF35mm f/1.4L USM
EF50mm f/1.2L USM
EF50mm f/1.4 USM
EF70-200mm f/2.8L IS II USM
EF85mm f/1.8 USM
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