di Gil Kaufman - Billboard, 22 settembre 2017
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
"Rock You" è un grido di battaglia che picchia per una durata di circa due minuti senza strumenti musicali tradizionali, a parte il loop con battito di mani e di stivali, fino al momento in cui il chitarrista Brian May arriva con il suo bruciante assolo nei 45 secondi conclusivi.
E "Champions"? Una florida ballata in crescendo sulla rivincita dopo aver preso la terra in faccia ed esserne riemerso trionfante, che si rifà per tematiche tanto a Bach quanto ai Beatles.
Eppure, eccoci qua, 4 decadi dopo, con entrambe le canzoni a ricoprire un ruolo permanente nel lessico del rock, ancora portate e passate ogni giorno dalle radio e in quasi tutti gli eventi sportivi più importanti del pianeta, trascendendo dallo scorrere del tempo, dalle mode e dai possibili ostacoli alla loro popolarità. (Billboard ha appena classificato We Will Rock You nei primissimi posti fra i 100 brani sportivi di tutti i tempi.)
Per un gruppo che già aveva realizzato uno dei singoli più iconici del rock con Bohemian Rhapsody, la doppietta di "Rock You" / "Champions" è stata la prova della duratura eredità dei Queen, perfettamente calzante al sevizio del finale di tutti gli spettacoli dal vivo che ancora oggi portano in scena.
Billboard ha parlato con i membri fondatori della band, Brian May e il batterista Roger Taylor, e anche con l'attuale cantante Adam Lambert ─ e ancora, con un editorialista sportivo del loro tempo ─ circa le origini delle due canzoni, ciò che le rende parte indelebile della storia del rock e di come una band il cui cantante preferiva i boa di piume al baseball sia diventata sovrana dei canti sportivi in tutte le nazioni.
Possiamo dire che We Will Rock You sia essenzialmente una canzone a-cappella, a parte l'assolo di Brian? Fu una scelta davvero strana per un singolo rock. A cosa pensavate?
Roger Taylor
A parte la voce, c'è un solo strumento: non c'era il basso, nessuna batteria vera e propria; soltanto battiti di mani e piedi e solamente quella chitarra nel finale. È proprio una canzone bizzarra. È stata pensata per essere una sorta di canto con il pubblico, una canzone per unire. Ma davvero non avremmo mai immaginato che potesse essere adottata nello sport. È uno dei piaceri del... Ho passato la mia vita in una band, per cui ho messo da parte tutti gli sport. Penso di aver incontrato più ragazze che facevano parte di una band rispetto a quelle che giocano a calcio.
Brian May
Sono state due occasioni ad averci ispirati: una di cui ho parlato moltissimo, che è stata al Bingley Hall [vicino Birmingham, in Inghilterra, ndr] dove il pubblico cantava ogni canzone e poi quando lasciammo il palco continuarono a farlo con "You'll never walk alone" [di fatto l'inno della squadra di calcio del Liverpool, ndr]. Era un momento di transizione per il rock. Si andava a vedere i Led Zeppelin e i The Who, si scuoteva la testa ma non si cantavano le canzoni, non era una cosa cool da farsi. Questo invece era un invito a cantare con noi.
Mi si accese una lampadina e pensai "Non dovremmo ostacolare questa cosa, ma favorirla!". All'epoca la gente non cantava ai concerti rock. Pensai "Interessante! E se scrivessi qualcosa a cui il pubblico possa partecipare al punto da farsi seguire dalla band...?". Andai a dormire e mi risvegliai con We Will Rock You in testa. Quando vai a un concerto puoi appena muoverti, ma si possono battere i piedi e le mani per accompagnarci.
Ricordate da dove arrivò l'ispirazione per il ritmo di "Rock You"?
May
Non so da dove arrivò. Era annidato nella mia mente e volevo fare qualcosa che parlasse delle tre fasi della vita di un uomo: il bambino con le sue speranze, l'adulto coraggioso agli inizi della proria vita e l'anziano che ha imparato ad accettare il proprio posto nell'universo. È profetica, perchè ora mi trovo nella terza fase, mentre allora ero allo stadio 1.4 dell'evoluzione. Un'altra cosa che ricordo è il Boston Garden, dove c'erano delle travi in legno e pavimento a parquet, e quando la folla faceva baccano prima del bis sembrava come se tuonasse. Ho sentito quel suono, ed era già nella mia mente. L'unica domanda era come fare a riprodurlo in uno studio di registrazione.
Eravate preoccupati che gli altri pensassero che foste matti?
May
Ero lì in studio nel Wessex, nervoso per dover dire alla band "...E quindi non c'è nè batteria nè basso, c'è soltanto da battere i piedi e cantare per la maggior parte del tempo". Così ci mettemmo a battere su queste tavole in quella vecchia chiesa in cui stavamo registrando e pensai che facessero un bel rumore, "Pestiamo così e battiamo le mani... ed io le sovrainciderò un milione di volte per farle sembrare un immenso pubblico". Su ogni parte settai dei delay differenti; non sono multiplo una con l'altra. Non c'è l'eco dell'ambiente chiuso. Diventa sempre più grande e con il passare dei secondi il suono inizia a confondersi un po', per cui sembra che sia un vero pubblico che va disperdendosi. Facemmo in questo modo per la musica e poi la stessa cosa con le voci, fingendo di non essere noi, ma un piccolo pubblico che poi diventava una grande folla.
Mi stavo spingendo oltre i confini di ciò che sapevo fare in termini di ricreare un suono live in studio di registrazione. Non volevo che fosse una normale canzone in cui ci si ferma per l'assolo di chitarra, per cui una volta che il testo avesse detto tutto ciò che c'era da dire poi sarebbe arrivato l'assolo. Era bizzarro.
Taylor
Queste sono esattamente le parole che userei io: "spoglia". Non avremmo potuto creare una canzone più minimalista. È come un canto tribale e primitivo. Cogliemmo lo spirito di quel periodo, l'umore, il fatto che il punk stesse arrivando, e questa fu la nostra risposta. Avevamo sempre fatto cose molto complesse e dischi intricati prima di allora, e questo finì per rendere la nostra musica ricca di strati sovraincisi e complessa. C'era un'altra nostra canzone su quell'album, su News Of The World, chiamata Sheer Heart Attack. Era molto punk. E poi ce n'era ancora un'altra chiamata Sleeping On The Sidewalk, che era molto diretta, un blues registrato in un solo colpo. Stavamo creando in modo consapevole un album più semplice dei precedenti.
May
Fu come un sogno, ma in modo differente da come ci aspettavamo. Però funzionò bene e subito dopo di quel momento il pubblico iniziò a battere i piedi e le mani. Oggi ogni bambino sarebbe capace di suonarla alla batteria.
"Rock You" deve essere un sogno per i batteristi, giusto? Scherziamo quanto vogliamo sui batteristi, ma questo brano è fondamentalmente tutto fatto con le percussioni.
Taylor
Devo far mantenere il tempo, per cui sì, sono io a condurre le danze. Fu un'idea di Brian: "Qual è il ritmo più semplice che possa trascinare e fare in modo che gli altri si uniscano a noi?. E questo è quello che semplicemente abbiamo fatto. Scrisse tre strofe con dei ritornelli molto semplici. Registrammo i battiti con i piedi e con le mani, sovrapponendoli tante volte. Lui settò i delay con quelle mappe complicatissime per fare in modo che sembrassero tantissime mani e piedi. Non si trattava soltanto di registrare una trentina di piedi e di mani, era più che altro una questione di regolare bene i ritardi fra di essi.
May
Roger era un po' preoccupato del fatto che non vi fosse la batteria. Ma a Freddie l'idea piaceva; disse: "OK, dimmi cosa devo fare ed io lo farò nel modo migliore". E come ogni volta, così fece. Registrammo due o tre ripetizioni, tutto qui. Se davi a Freddie una cosa da fare, lui la completava ridandoti indietro dieci volte quello che riceveva. Amplificava tutto.
Riuscireste a rappresentare con un'immagine com'è stato registrare quegli elementi percussivi?
Taylor
Ci trovavamo al centro dello studio con la piattaforma della batteria dei Sex Pistols, che era fatta di legno e andava bene per batterci i piedi sopra. E c'era un pianoforte con il coperchio superiore chiuso, sul quale ci siamo seduti. Indossavamo tutti degli stivaletti e battevamo prima i piedi sulla piattaforma e poi le mani. Registrammo una manciata di spezzoni e poi Brian fece il resto occupandosi degli effetti per moltiplicare il suono.
Anche il video di "Rock You" è notevole, perchè sembra che vi abbiano filmati nella tundra gelata, il che appare un po' misero. Era così?
May
Lo ricordo in modo vivido, in quanto il brano non era destinato a diventare un singolo, per cui il video è stato un'idea successiva. Avevamo appena realizzato un video per Spread Your Wings nella stessa campagna e pensammo: "Facciamone uno piccolo anche per We Will Rock You". All'epoca la cosa mi fece innervosire, perchè pensai che stessimo sottostimando la cosa. Nel breve lasso di tempo che ci era rimasto a disposizione, un'ora, girammo le scene e i nostri nasi erano tutti arrossati a causa del freddo gelido. Non erano altro che poco più di un paio di scene, niente di che. Portai il video in studio di registrazione e lo rivoltai come un calzino, montandolo e realizzando dei tagli a ogni battuta, utilizzando inquadrature il più possibile ravvicinate. Era un video improvvisato che non dice nulla della canzone. A volte questo è un bene, perchè la gente può ascoltare e farsi le proprie fantasie nella testa.
Taylor
Girammo il video nel campo di una casa di campagna nel Surrey che avevo appena acquistato e non avevamo ancora completato la compravendita; per cui non avevamo accesso alla dimora. Immaginammo "Si potrebbe registrare qui lo stesso". Faceva un freddo assolutamente gelido e girammo tre riprese. Io indossavo quegli orribili stivali Wellington bianchi e neri. Mi pento di averli usati.
Il video di "Champions" ha un'anima molto diversa. Cosa cercavate in quel caso?
Taylor
Per quel video girammo le riprese in Drury Lane a Londra, nel New London Theatre. C'erano circa 1000 persone del nostro fan club. Lo rifacemmo per 50 volte, fu estenuante.
A differenza da "Rhapsody", entrambe le canzoni erano piuttosto brevi, finendo per sembrare a volte più dei brani pop che degli inni rock.
May
In parte rappresenta le sensazioni che avevamo in quel periodo. Avevamo attraversato la nostra immensa fase barocca, che ebbe il picco in Bohemian Rhapsody. Sentivamo che ci saremmo dovuti spingere oltre, il più possibile ed il pericolo era che non potessimo sottrarci a tutto ciò; ne facevamo parte. L'idea principale era spogliare il tutto, rimuovendo quanto più era possibile. Eravamo influenzati dalla musica anni '50. In quel periodo si decideva il tema principale della canzone, realizzando la strofa, un'altra strofa e poi veniva fatto il ritornello. Non c'era bisogno di spingersi oltre. Quando si riusciva a dire tutto ciò che andava detto, quella sarebbe stata la fine del pezzo.
Taylor
Abbiamo sempre voluto che stessero insieme. Sembra che funzionino così. Non pensavamo che We Will Rock You potesse essere un singolo. La vedevamo più come un'introduzione a We Are The Champions, che è una canzone più classica, in grande stile. Ci rendevamo perfettamente conto di non voler essere etichettati come dinosauri glam rock / prog rock, per cui eravamo intenzionati a cambiare e cercammo di continuare a cambiare.
Queste canzoni uscirono mentre in Inghilterra stava esplodendo il punk. Vi rendevate conto di questo scenario? Ha esercitato una qualche influenza?
Taylor
I più grandi erano i Sex Pistols. Ce ne rendevamo perfettamente conto. Eravamo nello stesso studio di registrazione con loro che registravano l'album di quel periodo. Ero attratto dall'energia di quel genere... Ne avevo compreso il concetto, il pericolo, il testosterone.
Fu una vostra idea quella di far mandare in radio le canzoni una dopo l'altra come fosse un solo brano oppure venne direttamente a loro?
May
In qualche modo mi ero battuto affinchè questa cosa fosse evidente nell'album. Vengono una dopo l'altra all'inizio del disco e pensai che potesse funzionare, anche se c'era qualche discussione a riguardo: "Le stazioni radio manderanno mai in onda una canzone che non ha la batteria?". Sentivo che avrebbe funzionato alla radio. E infine facemmo uscire il singolo "Champions". We Will Rock You era il suo lato B in Europa e Inghilterra. La compagnia discografica americana decise di farlo uscire come singolo a doppio lato A e una emittente radio di New York, WNEW, le fece incidere di propria iniziativa con entrambe le canzoni sullo stesso lato in modo da poterle mandare in onda consecutivamente. We Will Rock You se la cavò bene.
Taylor
Ora che ci penso, nelle radio sembravano propensi a farlo. Ricordo di averle sentite in onda una dopo l'altra insieme per un sacco di volte. Sull'album non c'è stacco fra le due canzoni. In questa maniera alla fine della prima ci si aspetta immediatamente che inizi la seconda.
Contrariamente a quello che potrebbero pensare alcuni, nessuna delle due canzoni parla di voi, dei Queen, vantandovi di essere dei fighi. Riguardano i vostri fan, giusto?
Taylor
In We Are The Champions si intende "noi" nel senso "tutti noi", collettivamente, non solo noi della band. È un peccato che alcune persone non abbiano colto questo dettaglio in modo corretto. "Non c'è spazio per i perdenti" non è la più carina delle frasi, ma veramente intende dire "noi tutti". È una celebrazione.
Ricordi la prima volta che hai sentito "Rock You"?
Adam Lambert
Non saprei neppure se è possibile parlare di "prima volta" perchè è sempre come la prima volta. La gente cresce ascoltando entrambe le canzoni agli eventi sportivi. Ricordo dei pre-partita a scuola o di averle sentite negli spot pubblicitari. Sapevo di queste canzoni prima ancora di rendermene conto, se così si può dire. Questo fa parte della natura iconica che hanno tutti e due i pezzi; sono ovunque. Penso che la prima volta che mi chiesi "Che band è questa?" fu quanto ascoltai Bohemian Rhapsody nel film Wayne's World. Mio padre mi disse che erano i Queen e mi fece sentire "Champions" e We Will Rock You, ed io pensai "Oh! Le ho già sentite in precedenza" e cominciammo a canticchiarle insieme.
Dan Epstein
[giornalista musicale che scrive per Rolling Stone ed è autore di Big Hair e Plastic Grass - A Funky Ride Through Baseball & America In The Swinging '70s]
Sono abbastanza vecchio per ricordare quando uscirono queste due canzoni. Erano delle hit ed io ero fan dei Queen all'epoca. Pensai: "Oh wow! Queste sono le due fichissime nuove canzoni dei Queen!". Però non ravvisai che sarebbero potute essere pertinenti in tanti ambiti diversi o che sarebbero diventate degli inni sportivi.
La prima volta in cui realizzai per davvero che fossero qualcosa in più fu quando andai alla partita di basket in un liceo nella quale avrebbe giocato il fratello maggiore di un mio amico. Erano passati solo pochi mesi dalla pubblicazione e la gente faceva quel ritmo bomp-bomp-womp sulle gradinate ogni volta che la loro squadra prendeva il sopravvento. Penso che sia un ritmo semplice eppure potente, con un andante che chiunque può seguire. Non c'è poliritmica. Ricordo che restai sbalordito da quanto fosse figo in mezzo al frastuono creato dal rimbombo metallico all'interno della palestra del liceo con l'eco ambientale sulle gradinate nella pausa fra una giocata e l'altra. Tutto era perfettamente a tempo.
A quel punto i Queen suonavano nelle arene e mi chiedevo se non avessero pensato quella canzone per farla risuonare dalla folla. Poco dopo quella partita, andai a vivere a Ann Arbor, nel Michigan. Andavo a tutti gli eventi sportivi nelle Università dello Stato e ovunque sentivo quel suono, sia alle partite di hockey che di pallacanestro. Se c'erano un paio di persone che battevano quel ritmo in un momento di silenzio, tutta l'arena si infiammava in un attimo. Tutti iniziavano a fare la stessa cosa. Era come una chiara dichiarazione di intenti, ed è per questo che funziona così bene agli eventi sportivi.
Quali dettagli ti hanno fatto capire che queste due canzoni erano differenti?
Lambert
Penso che siano molto orecchiabili. I dettagli peculiari di entrambe le canzoni sono semplicissimi da interiorizzare e da cantare per chiunque, che si tratti di un cantante oppure no, anche se sono al 100% rock 'n roll. È così che sono i Queen, anche se allo stesso tempo erano una pop band. Per "pop" si definisce qualcosa di molto accessibile. Penso che loro abbiano capito come fare a connettersi con la gente, tenendo a mente il loro pubblico e non comportandosi in modo auto-indulgente, come lo erano invece altri artisti dello stesso periodo. Pensavano per davvero ai loro fan, cosa che era assolutamente avanti rispetto al loro tempo. Nella storia del rock and roll c'è questo aspetto del restare al passo senza svendersi, e i Queen capirono come fare colpo nella gente infilandosi sotto la loro pelle.
In che modo hai sentito parlare di loro da bambino?
Lambert
Al Super Bowl. Mio padre doveva andare a un raduno con dei suoi colleghi. In ogni pausa si sentivano i Queen, ma era lo stesso a qualsiasi evento sportivo a cui andai ad assistere da piccolo, anche se non era la cosa che preferivo fare [ride].
Qual è la parte di "Rock You" che preferisci?
Lambert
Il groove è pazzesco. Ha un sound così nuovo ed è ancora adesso attuale. Succede qualcosa quando si fa lo stomp-stomp-clap insieme alla batteria e poi si inizia a cantare. È divertente. È una canzone divertente!
C'è una frase che preferisci in "Champions?"
Lambert
C'è una parte del testo in cui mi sono sempre identificato: "Ho avuto la mia manciata di sabbia lanciata in faccia, ma ce l'ho fatta". Ci vedo molto di me stesso. Ho fatto un paio di errori, la mia storia non è stata perfetta. Ho preso delle torte in faccia nella vita e nella carriera, ma sono rimasto in piedi dicendo: "Sono orgoglioso di me stesso e di noi". Ho cercato di portare in piccola parte la torcia portata da Freddie in modo così fantastico. Per me è un onore e provo una sensazione di orgoglio per questo. Penso sempre a lui quando mi esibisco.... quello che ci ha lasciato è enorme.
"Champions" non sembra essere improbabile come canzone da cantare con i propri fratelli della stessa fede sportiva mentre ci si abbraccia alle partite, giusto?
Epstein
È una ballata piuttosto sofisticata, quasi una canzone d'amore. Quando Liza Minnelli la cantò al Freddie Mercury Tribute Concert fu un momento perfetto. È proprio il genere di canzone alla Liza Minnelli, e di solito non si pensa alle sue interpretazioni in occasione di eventi sportivi.
Ho questo vivido ricordo di quando compresi che era di un altro pianeta durante una replica della finale NCAA di basket del 1978. Era la sfida tra Duke e Kentucky, e il Kentucky vinse. Però c'era una menzione in cui si diceva che i fan del Duke si riunirono dopo la partita per cantare We Are the Champions. Non erano loro i campioni, ma questo diede tutto un altro significato alla canzone: "Fottetevi! Non abbiamo vinto, ma abbiamo combattuto e dato tutto quello che avevamo da dare al meglio delle nostre possibilità, per cui in qualche modo siamo anche noi campioni!". Questa cosa mi ha sempre colpito: quella spavalderia di fondo nella canzone e quell'atteggiamento di sofferenza inespressa.
C'è una lunga tradizione di sport inglesi nei quali i fan cantano canzoni come quella... Ma la cultura sportiva negli Stati Uniti non è la stessa; non è mai stata vissuta stringendosi insieme per cantare una canzone, a meno che non fosse "Take Me Out To The Ballgame" o altri cori da match al college che sono molto più frivoli e festosi. "Champions" non si presta per questo. Uno dei motivi era l'omofobia intrinseca della cultura sportiva americana e anche il fatto che a cantarla fosse quest'uomo bisessuale così appariscente che chiaramente traeva ispirazione sia dal teatro che dalla tradizione sportiva. Ironia della sorte, ho sempre pensato che questo dettaglio fosse alquanto delizioso.
Taylor
In primis penso che sia una bellissima canzone con un ritornello assolutamente magnifico. È molto trionfale. Si adatta a ogni occasione, qualunque essa sia. Chiudiamo sempre gli spettacoli con lei perchè è la migliore "canzone finale" che conosciamo. Fui molto sorpreso di vedere che gli eventi sportivi l'avessero adottata. Non ci avrei mai scommesso. Ricordo che Brian disse: "...come fanno agli eventi sportivi", ma non intendevamo per le arene sportive, però l'accettiamo lo stesso.
Voi come band siete rimasti sorpresi dal fatto che queste due canzoni così peculiari siano diventate degli inni sportivi assoluti?
May
Onestamente no, non mi sorprende. Anche se non penso che io o Freddie le avessimo concepite in questi termini. Noi intendevamo riferirci al nostro pubblico e come farlo sentire come dei "campioni". Le canzoni hanno assunto un significato completamente differente. Ma è logico. Negli stadi del football o della pallacanestro ci sono due squadre avversarie che vogliono accrescere il proprio spirito di squadra e si utilizzano canti che creano incitazione. Quando suoniamo ai nostri concerti siamo tutti della stessa squadra. Il senso della canzone sta nell'avere consapevolezza dei propri mezzi.
Ricordo di essere rimasto scioccato quando Freddie cantò per la prima volta ["Champions"] in pubblico. Pensai "Adesso si sentiranno tutti parte del team!". Forse in questo si può leggere un po' di arroganza, ma si tratta davvero solo di credere in se stessi per arrivare ad ottenere il massimo. Il più grande complimento che ci sia mai stato fatto è che queste canzoni siano entrate a fare parte della vita della gente, piuttosto che restare solo in un disco. Suscitano delle sensazioni nella gente. È un meraviglioso privilegio girare il mondo oggi e sentire l'energia sprigionata dalla folla.
Perchè pensate di essere così popolari ancora oggi?
Lambert
Ho sempre trovato ironico che queste due canzoni gemelle e mascoline siano la colonna sonora di partite e eventi sportivi... Viene quasi da chiedersi: "Sapete chi è a cantare? Sapete di cosa parla? Avete mai visto che aspetto aveva a quel tempo?". Questo rappresenta quanto fossero diversi gli anni '80.
Provo emozione con entrambe per quel senso di orgoglio, rafforzamento e unità che è così bello... il fatto che non siano state scritte non per dire "io", ma "noi". I Queen erano davvero astuti e volevano coinvolgere tutti i presenti nell'arena affinchè si sentissero parte dello spettacolo. È un aspetto rispetto al quale i Queen erano molto più avanti di qualsiasi altra band, fin dai primi tempi... nel far battere le mani e i piedi, il momento di botta e risposta di Freddie con il pubblico... Facevano sentire il pubblico come parte integrante della band.
May
A volte mi fa ancora venire un gran groppo alla gola. È impossibile restare indifferenti. Mi sento davvero un privilegiato... È la più grande ricompensa che si possa raccogliere in questo mondo. Le nuove generazioni danno per scontato che queste due canzoni siano sempre esistite... che nessuno le abbia scritte.
Siete mai stati a qualche evento sportivo in cui le hanno suonate?
May
Uno dei miei preferiti fu quando andai a vedere i Chicago Bulls contro i Lakers. C'era Michael Jordan contro Magic Johnson e fu incredibile. Ma ogni volta che il gioco si fermava, il pubblico attaccava con We Will Rock You. Mi fece sorridere moltissimo.
Come ci si sente a suonarle tutte le sere?
Lambert
Una delle cose che amo maggiormente dell'essere in tour con i Queen è che hanno un catalogo molto ampio. Lo show dura due ore, quindi c'è solo il tempo per fare alcune delle loro tantissime canzoni. Hanno talmente tante hit che fondamentalmente ci si ritrova a fare uno spettacolo di soli successi musicali. Sono brani che tutti conoscono. Come performer questo è ciò che si può desiderare maggiormente. Ci esibiamo con il pubblico che canta insieme a noi e questo li porta a scatenarsi. Non è un'esperienza passiva.. È questo il segreto. Sono anche un modo perfetto per chiudere lo spettacolo, con tutti che cantano "We Are The Champions" e con i coriandoli che vengono giù. Coinvolgere il pubblico alla Freddie-maniera è una mia tradizione. È un bel messaggio da lasciare alla gente.
Sono anche le canzoni defintive per il bis. Quando le suonate oggi sentite qualcosa di diverso rispetto a un tempo?
May
Quando le suoniamo è il momento finale di un intero spettacolo e Adam ha girato il pianeta disseminando acuti impossibili. Effettivamente penso che, senza esagerare, io e Roger suoniamo meglio oggi di quanto facessimo ai vecchi tempi. In quel momento del concerto ci sentiamo assolutamente orgogliosi. Inoltre sentiamo di aver instaurato una connessione con il pubblico. La gente impazzisce. Fanno tutti un gran frastuono e a quel punto hanno risposto ai nostri stimoli facendo tutto ciò che gli chiediamo. È un surplus. Tutti sanno che arriva quel momento, si sa cosa sta per succedere, ma quando arrivano sentiamo di essere a casa.
È sempre bellissimo. Sono più che delle hit. Non serve in alcun modo che cerchiamo di sdoganarle.
di Manuele Bellisari - Comunità Queeniana Italiana
Nel dicembre del 1977 è stato possibile ascoltarlo su KLIF, KTAC, WKY, WABC 17-10, WLS 19-6, WQXI 8-3, KHJ ex -23, KFRC 28-21, KILT 12-3, B100 27-10, KXOK 17-8, 100 13-8, WMET 9-4, 96X 29-22, KSLQ 7-2, WTIX 6-2, Z93 20-10, WAKY 10-4, KCBQ ex -23, WING 22-9, KNDE 10-5, KPAM ex -30, WIFI 15-9, WOW ex -23 e KIOA 22-15.
Fonte: Cashbox, 31 dicembre 1977
• News Of The World 40th Anniversary Edition, boxed set [2017]
• Jim Jenkins, fan feature News Of The World [2017]
• News Of The World ovvero come i Queen sono sopravvissuti al punk [The Quietus, 2017]
• News Of The World, il sesto album in studio dei Queen
• Myles Kennedy (Alter Bridge) «News Of The World, potere curativo della musica», Classic Rock [2016]
• Roger Taylor presenta News Of The World su Nuovo Sound: grinta, incisività, feeling [1977]
• Roger Taylor intervistato per News Of The World su Ciao 2001 [1977]
• Roger Taylor, press release di EMI Italia per News Of The World [1977]
• Freddie Mercury 71st Birthday Party, il 2 settembre 2017 al Casino Barriére di Montreux
• Brian May intervistato a Jonesy's Jukebox [2017]