di Andy Greene - Rolling Stone, 20 luglio 2020
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
Ho finito il mio pranzo e sono andato da loro, mentre lavoravano. Sono entrato in studio e abbiamo chiacchierato un po' e mi hanno detto: «Vogliamo farti ascoltare l'album». Pensai: «Ho un sacco di tempo. OK, fatemelo sentire!».
Hanno messo in play l'album, ma hanno lasciato Innuendo per ultima. Quando è finito hanno detto: «Pensi di poterci aggiungere un po' di chitarre?». Io ho risposto: «Non credo che ne abbia bisogno. Ce ne sono già di fantastiche». Ma loro insistettero: «No, no, no, no! Vogliamo qualcosa di più». Così gli dissi: «OK, ci proverò».
Avevano lì una Gibson Chet Atkins, che era una grandissima chitarra spagnola. Era la stessa che Brian May aveva usato nella canzone. Ho suonato per un paio d'ore nel tardo pomeriggio. Abbiamo fatto qualche registrazione. Ci siamo presi una pausa. Abbiamo fatto altre registrazioni. Tutta pura improvvisazione. Non cercavamo altro. Non volevano nessun tipo di cosa strutturata.
Dicevano soltanto: «Suona qualsiasi cosa ti passi per la testa». È sempre stata una cosa che sono sempre stato in grado di fare. Non so come o perché, ma grazie a Dio è qualcosa che amo fare. In quel processo creativo succedono cose molto belle prima che un produttore possa sfinirti a suon di «Puoi farne un'altra così?». Risposi: «Beh, ne ho registrate dieci! Cos'altro vuoi da me? Dissanguarmi?».
I ragazzi furono davvero grandi. In seguito mi scrissero una lettera per ringraziarmi di ciò che avevo fatto e mi hanno inserito nei crediti del disco. Andò proprio così. Fu un momento meraviglioso, appena prima che perdessimo Freddie. Roger, Brian e Freddie furono particolarmente gentili. Formavano davvero un gran gruppo. Erano unitissimi. Lavoravano insieme, trovavano le giuste intese. Sembravano davvero affiatati. Vederli all'opera era bellissimo.
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