di Julie Webb, New Musical Express del 27 aprile 1974 (realizzata il 4 aprile 1974)
Fonte: Queen archives
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana
Freddie Mercury è un ragazzo piuttosto normale. Usa del semplice smalto nero di Biba, mette eyeliner nero agli occhi e stira i capelli con la piastra elettricha. Dà quasi l'idea di essere annoiato dal successo che i Queen stanno riscuotendo, ostentando un atteggiamento da star che gli calza come un paio di pantaloni aderenti.
Freddie non è trendy, è semplicemente "camp". Chiedetegli se è un tipo strano, e lui ci girerà intorno dicendo: «Sono gay come un narciso, mia cara» (usa l’intercalare "cara" alla fine di ogni frase). Il batterista Roger Taylor aggiunge: «Freddie è semplicemente se stesso, è proprio un frocio».
Tanto per cominciare, hanno un sostegno economico. Per essere una band che è ancora in crescita, possono vantare una quantità impressionante di attrezzature e un sistema di illuminazione che farebbe morire d’invidia anche uno come David Bowie. Hanno un set up che porta chiedersi come sia possibile che ci abbiano messo così tanto tempo ad arrivare dove sono adesso.
Ognuno di loro è un brillante accademico; tutti hanno un diploma e proprio il fatto di avere un'intelligenza superiore alla media li ha aiutati ad evitare di cadere nei classici tranelli dello show business.
«Quando facemmo un demo, eravamo consapevoli degli squali che ci circondavano. Abbiamo ricevuto offerte incredibili da parte di persone che ci dicevano "Vi faremo diventare i nuovi T-Rex", ma eravamo ben attenti a non cascarci. Abbiamo letteralmente bussato alle porte di tutte le società discografiche prima di trovare finalmente una sistemazione. Noi non volevamo essere trattati come una band comune».
Una cosa che sta molto a cuore ai Queen è l'essere descritti come una fenomeno costruito a tavolino:
«Dire questo è puramente spazzatura», rivendica Taylor. «Abbiamo iniziato a suonare fin dai più piccoli locali e successivamente abbiamo pubblicato un album. Non c'era granchè di pubblicità o promozione. Vogliamo parlare dei Cockney Rebel, che hanno ricevuto pubblicità prima ancora di aver fatto niente».
Il Cambridge Corn Exchange è uno di quei posti davvero malmessi, ma c’è atmosfera lì dentro. E quando i Queen fanno il loro ingresso sul palco tutto prende la piega giusta.
Se sembro soffermarmi maggiormente su Mercury e il batterista Taylor è perchè sono quelli che ti colpiscono in quanto autori dell’originale immagine visuale della band. Taylor è il belloccio che ha classe, mentre Mercury è il tipo dall’aspetto più cattivo, ma trasmette vibrazioni positive. Si descrive come un tipo “sciatto” sul palco, ed è vero ─ già solo dal modo in cui sgattaiola per la scena dispensando dei “battona, puttana, mignotta”. In effetti, quando canta nel loro bis con Big Spender e urla “I don’t pop my cork for everyone”, si farebbe bene a credergli sulla parola!
Molto stranamente, Mercury ─ che si confessa essere dandy e poser ─ dice che non hanno un grande seguito nel mondo gay: «Non riceviamo lettere da parte di omosessuali, ma posso dire che qualcuno mi scrive per dirmi che non sono male».
È vero, Freddie non sembra niente male e, se si studiano i testi del loro secondo album ─ da tutti quei riferimenti a tuoni e lampi, alla sfida alle leggi della natura e agli orchi… ─ si comincia a farsi delle domande.
«A me piace che la gente interpreti a modo suo le mie canzoni. In realtà sono solo storie immaginarie. Ieri sera (nel Sunderland) mi sentivo carichissimo quando sono salito sul palco. Quando sono lassù mi sento a mio agio e mi diverto. È la partecipazione del pubblico quello che conta, e ieri sera sono stati veramente grandiosi. Sentivo che sarei potuto andare in mezzo al pubblico a far festa. Semplicemente Freddie Mercury che fa magnaccia sul palco e si diverte».
«La responsabilità ora ci cade tutta addosso, ma ho sempre pensato a noi come un gruppo di prima fascia. Lo so che suona un po’ presuntuoso, ma è così. L'opportunità di suonare con i Mott è stata un’ottima cosa, ma sapevo dannatamente bene da quando si è conclusa quell'esperienza, che sarebbe toccato a noi essere i protagonisti assoluti di un tour nel paese».
Si atteggia molto sul palco, apparendo forte alla folla che lo circonda, mantenendosi di profilo con la testa per alcuni secondi, scuotendo i suoi capelli all’indietro. Tutto perfetto. E c’è altro da vedere ancora delle sue idee che gli passano per la testa:
«Mi piacerebbe essere portato sul palco da sei giovani schiave che sventolano rami di palma».
All'inizio è stato detto che i Queen fossero una sorta di prodotto studiato a tavolino appositamente per andare incontro alle tendenze del business musicale.
«Ci chiamavamo Queen già tre anni fa – prima che sfondasse Bowie!»
Per cui Mercury dice categoricamente:
«Non mi interessa per niente quello che dicono. Penso che le persone abbiano detto delle cose su di noi e poi la loro opinione sia cambiata dopo aver ascoltato l'album».
• Queen II [Classic Rock, 2014]
• Queen II [1974]
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