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Abele Gallo - recensione del film Bohemian Rhapsody [30 novembre 2018]

30/11/2018

2 Commenti

 
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Il film sulla carriera e la persona di Freddie Mercury emoziona al punto che diventa secondario qualsiasi malcontento

di Abele Gallo

La notte non ha portato consiglio, ha riempito i sogni, la testa e il cuore di immagini, del film ma non solo, che hanno teso la mente come un elastico; quando lo si lascia dopo averlo tirato c'è uno schioppo, un colpo brusco prima che la superficie torni normale.


Non scrivo questo post su Bohemian Rhapsody (il film) perché se lo aspetta qualcuno, lo faccio semplicemente perché i Queen sono una parte fondamentale della mia vita da 35 anni; un film sulla vita degli zii e sulla loro carriera va visto, analizzato, criticato, vissuto, rivisto, sognato.


Chi ha assistito a "The Doors" di Oliver Stone nell'ottobre di 27 anni fa (l'accostamento lo faranno in molti, visti i risultati clamorosi al botteghino) si sarà accorto che il paragone rispetto al film su Jim Morrison, dal punto di vista prettamente cinematografico, è impietoso. Se il biopic sulla vita di Freddie e sulla carriera della band non si è realizzato prima un motivo potrebbe anche ricercarsi nel fatto che i produttori volessero confezionare un film non troppo distante dall'omologo "doorsiano". Adesso abbandono il mood distaccato e freddo per tuffarmi nelle emozioni che, da suddito della Regina, mi ha regalato il film. La proiezione è durata due ore, ma la tensione è partita di mattina, come se attendessi "il concerto della vita"; non aspettavo altro che arrivassero le 22:30 per ascoltare la chitarra di Brian in una rivisitazione pazzesca della sigla storica della 20th Century Fox (in perfetto stile Wedding March di flashiana memoria).
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Mi sono immerso totalmente nella storia, grazie al fatto di conoscerne i particolari, al netto di quelle incongruenze che, probabilmente, erano necessarie affinché si confezionasse un compendio di sole due ore a fronte di una storia ventennale. Ho fatto tesoro delle preziose informazioni trasferite dai fratelli della Comunità Queeniana Italiana che avevano visto il film in anteprima.


​Giacché la produzione musicale del film è, ovviamente, marchiata Brian May e Roger Taylor, i ragazzi avranno anche suggerito aneddoti e dato un'impronta notevole alla realizzazione della storia (se non la conoscono loro...); il cambio in corsa del regista ed altri micro fattori avranno avuto un ruolo decisivo nella stesura di quello che poi è stato il risultato finale. Perciò non mi sento di muovere una critica sui baffi di Freddie su WWRY né su altre contraddizioni temporali. Voglio celebrare Rami Malek, Gwilym Lee, Joe Mazzello, Ben Hardy. I Queen del cinema sono risultati così reali da lasciarmi a bocca aperta (Ben Hardy forse il meno "reale"): sguardi, movenze, vezzi, tutto molto familiare, grazie anche a chi ha lavorato dietro le quinte.
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Temevo che Rami potesse farsi sopraffare dalla personalità di Freddie ma, alla fine, la sua interpretazione potrebbe valergli l'Oscar. A parte la musica, la colonna sonora della nostra vita, colpisce la solitudine di un uomo che sul palco è un marziano ma nella vita reale è circondato da squali e da un unico, immenso Amore (meravigliosa Lucy "Mary" Boynton). Non che certe cose non si sapessero, ma, come si fa solitamente nei film, dove si fa sempre il tifo per qualcuno, a un certo punto speri che lui allontani le cattive compagnie per sposare Mary, avere dei Mercurini e invecchiare serenamente, regalandoci altre perle della sua arte. Il finale non è uno scontato strappa-lacrime, ma un confondersi tra la folla di Wembley e illudersi di farne davvero parte, magari alzando le mani al passaggio di un improponibile drone targato 1985 che si dirige verso il palco. Quando Rami Mercury aizza la folla con i suoi vocalizzi capita che stringi forte la mano di chi ti sta accanto (non solo sulla sedia ma anche nella vita) e piangi come un bambino ma cerchi di non mostrarlo agli altri compagni (d'avventura e di concerti) seduti dall'altra parte.
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Un solo appunto, in questa fase morbida e zuccherina di questa analisi: non voglio dire che la figura di John Deacon risulti trattata con dileggio ma, quantomeno, credo che le recenti dichiarazioni sulla sua figura da parte di Brian e Roger abbiano trovato trasposizione nella pellicola.


Alla fine, il risultato è sempre lo stesso: i Queen, a quasi cinquant'anni dalla loro fondazione, continuano a far parte della vita di intere generazioni, lo faranno per le prossime e, compatibilmente con il ruolo che avrà la musica nel futuro, al netto dei Ghali e Sferaebbasta -minkia di turno in Italia e nel mondo, riempiranno l'esistenza e il cuore di chi, avvicinandosi alla loro musica e alla loro storia, non li lascerà MAI!
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■ Leggi anche...


​

          • Bohemian Rhapsody, il film ufficiale al cinema

          • Tutta la storia del progetto biopic su Freddie Mercury nelle parole dei protagonisti

          • La nostra recensione dell'antreprima mondiale di Bohemian Rhapsody
─ @claudiobadger
2 Commenti
Piero Antonino
7/12/2018 13:08:31

Mi hai emozionato......quasi quanto la pellicola.....!!!

Risposta
doriana indino
14/6/2019 10:56:46

sei riuscito a farmi piangere...

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