di Akira Saheki - NHK World, 21 gennaio 2019
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
Il corrispondente di NHK, Akira Saheki, ha incontrato il batterista Roger Taylor per parlare con lui del film, di Freddie e dei momenti della band in Giappone.
Il mio primo pensiero è stato sentirmi contentissimo per il fatto che sia piaciuto a così tante persone. Era proprio quello che volevamo io e Brian; un film che raccontasse una storia, principalmente una storia vera, non in tutti i dettagli e sequenze temporali, ma volevamo che il pubblico si sentisse colpito e anche un po' sollevato. Penso che il film provochi questo in chi lo vede. Volevamo qualcosa in cui le persone ci riconoscessero. Siamo molto felici che sia diventato così popolare.
Quale delle scene ti ha commosso di più?
Penso che la cosa che mi ha commosso maggiormente sia la relazione di Freddie con suo padre. Adoro quando alla fine il padre improvvisamente capisce tutto ciò che aveva fatto Freddie, provando un grande orgoglio. Credo che quello sia un momento bellissimo.
C'è una scena durante le registrazioni di Bohemian Rhapsody, quando ti chiedono di cantare ancora più acuti, sempre di più... È successo per davvero?
Non esattamente come si vede nel film, perchè a dire il vero quando mi veniva detto "più alta, più alta" io in realtà cantavo sempre con la stessa altezza. Me erano note davvero molto alte e penso che io fossi l'unico fra tutti a poter raggiungere quei livelli. Però la scena si presta in modo carino e divertente.
Il film sta attirando le attenzioni di nuovi fans, adolescenti, perfino persone negli "enti" e "enta". Cosa pensi di questo fenomeno?
È un vero fenomeno ed è bellissimo. Penso che per noi sia fantastico avere un nuovo pubblico. Siamo una vecchia band ed abbiamo avuto un buon momento negli anni 70, 80 e 90. Ma sapere oggi che nel 2018 tantissimi giovani stiano davvero riscoprendo la nostra musica per la prima volta è fantastico. Mi offre delle buonissime sensazioni.
Cosa pensi che attiri così tanto la gente verso i Queen?
Sta alla gente dirlo. Personalmente credo che sia per la buona musica, e di qualità. E penso che l'abilità di noi musicisti sia buona, che il cantato sia buono. Può darsi che non incontriamo i gusti di tutti; non abbiamo lo stile adatto a ognuno. Ma alcune delle nostre canzoni hanno un qualcosa di trionfale, da grandi occasioni, una sensazione di parlare direttamente al cuore delle persone.
In un'intervista hai detto che ora ci si è resi conto delle reali abilità di Freddie come musicista. Potresti approfondire questa cosa?
Tutti gli altri aspetti, gli elementi teatrali di Freddie, la sua vita privata, ecc., spesso distolgono l'attenzione della gente dal fatto che fondamentalmente lui fosse un musicista, ed anche bravissimo. Oltre ad essere un grande uomo di spettacolo e un cantante, era un bravissimo musicista e compositore. Volevamo che questo emergesse dal film, e non solo gli elementi lascivi, gli aspetti che tanto la stampa voleva raccontare sui giornali. Lo facevano perchè non sapevano parlare di musica. La musica è di chi la ascolta, non per dare cose da scrivere ai giornali.
Svariati mesi fa hai scattato una foto di te con la statua di Freddie nel giardino di casa tua. Puoi parlarci di quella statua?
Ho una statua di Freddie nel giardino, e la adoro. È bellissima, davverpo enorme. Ho pensato che sarebbe stato simpatico averla lì in giardino e credo che Freddie l'avrebbe trovata molto divertente come cosa.
Quali sono le cose di Freddie che ricordi maggiormente nel tuo quotidiano?
Beh, lui è semplicemente parte del muro portante della mia mente. Non lo si dimentica mai. È da tanto che se n'è andato, ma non lo dimenticheremo mai, perchè è parte di noi. Io e Brian ci sentiamo sempre come se lui fosse lì in un angolo e pensiamo di sapere cosa penserebbe lui degli argomenti di cui parliamo.
Sì, credo che lui vivesse una dicotomia. A quei tempi le cose erano molto diverse e tutto veniva nascosto. Penso che provasse una grande confusione. Ha avuto delle fidanzate molto attraenti, perchè aveva un modo di fare molto carino. Per cui, sì, aveva tanti conflitti interiori e penso che questo sia rappresentato molto fedelmente nel film.
Pensi che il film fornisca al pubblico spunti di riflessione rispetto allo stato problematico in cui vivono le minoranze nella società di oggi?
Penso che moltissime persone appartengano a minoranze in un modo o nell'altro. E spero che il senso del film abbia una qualche risonanza per loro e che gli faccia forza. Ci sono troppi confini, restrizioni e barriere culturali, e non credo in nessuna di queste cose. Penso che dovremmo pensare a tutti noi come esseri liberi e diversi.
Riguardo il Live Aid, nel film è rappresentato come qualcosa che ha unito la band quando le divergenze la stavano per separare.
Non eravamo davvero sul.... Beh, avemmo alcune discussioni. Il Live Aid a dire il vero ci tirò fuori da un periodo in cui eravamo annoiati e un po' stufi. Penso che ci prese e ci fece ricordare che eravamo davvero un'ottima band e che c'era un pubblico che ci offriva tantissimo amore. Per cui ci ridiede una grande e rinnovata fiducia.
Com'è stato essere lì sul palco del Live Aid?
È stata una cosa nuova, perchè era di giorno, senza tante luci di scena e noi eravamo vestiti con normali abiti civili. Per cui abbiamo pensato che fosse il caso di fare una buona performance, lasciare che fosse la musica a parlare. E ricordo che durante Radio Ga Ga ho pensato che il pubblico si stesse divertendo. Pensai: "Sta andando bene!". E poi, 10 minuti dopo, verso la fine del nostro set, in We Are The Champions alzai lo sguardo e mi sembrava di vedere un campo di grano, con tutto il pubblico che teneva le braccia in alto ondeggiando. Pensai: "Sì! Sta andando proprio bene! Abbiamo fatto un buon lavoro oggi". È stato molto gratificante.
Una delle scene emblematiche del Live Aid è quella del botta e risposta di Freddie con il pubblico. Quando ha avuto inizio quel genere di interazione?
Cominciò poco tempo prima, un paio di anni, quando capimmo che c'era una grande empatia fra il pubblico e la band. Perciò cercavamo sempre di incoraggiare le persone a cantare e interagire con noi. E Freddie diventò un maestro assoluto nell'instaurare quell'interazione, in modo da sentirci un tuttuno. Quando canta “We are the champions..." non intende che noi, la band, siamo i campioni, ma tutti insieme siamo i campioni. È quello il senso.
Da dove ha preso l'idea?
Si è trattato di qualcosa che funzionava, un qualcosa che sviluppò da solo. Era molto bravo. Aveva il dono di dirigere energicamente le cose. Ci lavorò un po' sopra e ogni sera lo riproponeva in modo differente.
Beh, ora non stiamo cambiando un bel niente. Siamo solo ciò che siamo. Non so proprio dirti come stia cambiando la musica. Penso che ci sia troppa automazione nella musica odierna, troppi computer, troppo autotuning e non c'è virtuosismo con gli strumenti. Per cui non penso che la gente impari più a suonare gli strumenti come avveniva una volta. Però si può contare su alte cose, come i campionamenti e altri trucchetti in studio. Non amo questa tendenza dell'autotuning che sento ovunque. È come avere qualcuno che canta in un microfono con un'altra persona che manipola l'intonazione. Lo trovo fastidioso. Se si ascolta Whitney Houston cantare una canzone di Aretha Franklin si capisce che non aveva bisogno di autotune.
Radio Ga Ga parlava della radio. Era un periodo in cui la radio si stava trasformando in televisione, come adesso si sta trasformando in streaming.
Sì, è vero, proprio così. Sembrava che MTV spopolasse ovunque in America. Era come se i video avessero preso il sopravvento diventando più importanti della musica stessa. In effetti realizzarne uno costa come dieci volte quello che metto io per fare un disco. Sembrava davvero che si stesse prendendo un binario sbagliato. Pensai, beh, ci siamo innamorati della musica grazie alla radio, ma poi abbamo anche noi fatto le cose in grande con costosi video. Per cui non sono certo io poterne parlare.
In un'altra intervista hai menzionato il brano Bohemian Rhapsody come il tuo preferito.
La adoro. Penso che sia una gran canzone. Non saprei dire se è la mia preferita. È difficile trovarne una. Abbiamo fatto un sacco di canzoni che mi piacciono e non riesco davvero a metterne una al di sopra delle altre. Ho un debole per Under Pressure, perchè ci siamo divertiti tantissimo nel farla. Adoro tutte le persone che erano coinvolte insieme a me. Ci siamo divertiti molto e c'è stata tanta soddisfazione personale nel fare quel disco. E fra l'altro ha molto da dire. Di preferite ne ho tantissime.
Il film è davvero popolarissimo in Giappone e i Queen si presentano come una band che ha una profonda connessione con il paese. Alcuni affermano che i Queen divennero popolari prima in Giappone che in Gran Bretagna e negli USA. Facevate dischi giusti per noi?
È complicato. In Gran Bretagna diventammo abbastanza popolari e in America fu lo stesso. Ma poi, quando venimmo in Giappone, ci ritrovammo improvvisamente al top assoluto. E poi tornammo in Gran Bretagna, dove anche eravamo diventati grandi. Però il Giappone fu il primo paese ad amare davvero i Queen. Impazzivano per la band. Non lo dimenticheremo mai. Quel primo arrivo all'aeroporto di Haneda a Tokyo fu incredibile. L'intero tour fu come un sogno.
È per quello che avete fatto anche una canzone in giapponese?
Penso di sì, ma amavamo anche la cultura del posto. Freddie ne andava matto. Sarebbe andato a Tokyo per due settimane solamente per fare acquisti.
Quante volte siete stati in Giappone?
Bella domanda! Almeno dieci o dodici volte.
Siete andati spesso negli stessi posti?
Ricordo che facemmo un tour in cui andammo dovunque. Andammo in posti come Kanazawa e un sacco di altre città. Altre volte siamo stati solo a Tokyo e Osaka. Una volta ci sono venuto da solo per un concerto insieme ai miei idoli Joni Mitchell e Bob Dylan. Facemmo un concerto in un grande tempio vicino a Osaka. Quell'occasione fu fantastica. Se non sbaglio ho fatto una canzone insieme a Yoshiki.
Cosa significano per te i Queen?
La band ora è composta da me e Brian. Siamo diventati ancora più uniti, in un certo senso. Abbiamo capito che questa è la nostra vita e il nostro destino. E credo che ci piaccia. Abbiamo questo meraviglioso cantante che è Adam Lambert, con il quale è una gioia lavorare. È una bella combinazione. È molto più giovane di noi, ma le cose funzionano. È molto intelligente ed ha una bellissima voce. Adesso abbiamo capito che questo è ciò che dobbiamo fare e che ci piace fare fino a quando ci riusciremo. Non so quanto potrà durare, ma per adesso ci divertiamo a suonare e non vedo l'ora che inizi il nostro prossimo tour, ogni qualvolta ce n'è uno.
Questa intervista è stata rilasciata il 12 dicembre 2018 nello studio di registrazione personale di Roger Taylor, in Inghilterra. La trascrizione è stata modificata per renderla più concisa e chiara.
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