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Rudi Dolezal - intervista per il New York Post [17 gennaio 2019]

17/1/2019

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Foto
Rudi Dolezal: Freddie, Elton e Rod volevano formare un supergruppo. Gli ultimi lavori insieme a Freddie, e si propone per un possibile sequel del film Bohemian Rhapsody

di Hardeep Phull - New York Post, 17 gennaio 2019
Traduzione in italiano di Claudio Tassone per Comunità Queeniana Italiana
Quando Freddie Mercury girò la sua ultima ripresa di fronte a una telecamera per il video musicale di These Are The Days Of Our Lives nel 1991, l'AIDS lo aveva già reso deperito e fragile. Il frontman dei Queen riusciva a malapena a camminare a causa delle piaghe ai piedi, parte dei quali vennero in seguito amputati. Ma come ricorda il cineasta austriaco Rudi Dolezal, che girò quel video, Freddie insisteva ancora nel proprio lavoro.


Rudi Dolezal parla con il New York Post dalla sua casa a Miami:

«Il manager della band, Jim Beach, disse che avrei dovuto ridurre il numero di riprese. Ma Freddie non voleva essere trattato in modo speciale. Se si guarda These Are The Days Of Our Lives, lui se ne sta lì in piedi nonostante provasse un gran dolore. Non voleva creare problemi di nessun tipo o far perdere tempo agli altri. Per me il modo in cui ha gestito la propria malattia nelle situazioni lavorative lo rende una superstar ancora più grande».



La battaglia si Mercury con l'AIDS è rimasta ampiamente non affrontata nel film Bohemian Rhapsody, vincitore di due Golden Globe Awards, nel quale viene trattata l'ascesa di Mercury e dei Queen. Il biopic continua a raccogliere consensi, pecialmente grazie all'interpretazione di Rami Malek. Le nomination agli Oscar arriveranno martedì prossimo. Il film termina con la trionfale esibizione della band al Wembley Stadium per il Live Aid, ma per Dolezal le cose diventarono davvero interessanti proprio da quel momento in poi:

«Volevano capitalizzare quello spettacolo, perciò mi chiesero di realizzare il video per il loro nuovo singolo One Vision del 1985. Quella fu la prima volta che mi commissionarono un lavoro. Finì che realizzai per loro circa 30 video, compresi i progetti solisti».


​
Dolezal incontrò per la prima volta la band quando lavorava come giovane reporter per una televisione di Vienna, dove lui è nato. Era verso la metà degli anni 70. Inviò diligentemente parte del servizio alla band, aggiungendo i propri contatti. In seguito si avvicinò ancora di più a Freddie nel periodo in cui il cantante ha vissuto a Monaco di Baviera, nei primi anni 80:


​«Freddie era felicissimo a Munich perchè nessuno lo infastidiva e, ad essere del tutto onesto, perchè gli piaceva la scena gay del posto».
Foto
In studio al Musicland di Monaco [DoRo Films International]
Il documentario realizzato per la BBC da Dolezal nel 2000, chiamato Freddie Mercury ─ The Untold Story, ottenne la nomination a un premio Grammy.

Mercury, infine, ritornò a Londra e stabilì una relazione con il parrucchiere Jim Hutton. In pubblico Mercury era esagerato e fuori dal comune, ma nel privato Dolezal lo ricorda in modo molto differente:

«Era la migliore casalinga che si possa immaginare. Freddie mi invitò spesso alle suoi festeggiamenti privati. A una cena, ricordo che c'erano anche Rod Stewart e Elton John. E ricordo che criticavano molto gli altri artisti. Penso che fu Rod a uscirsene con l'idea di formare un gruppo chiamato "Nose, Teeth & Hair", perchè Rod aveva un naso grosso, Elton avva problemi con i capelli e Freddie con i propri denti!».
Foto
Peter Still / Redferns / Getty Images; Tim Mosenfelder / Getty Images; Ebet Roberts / Redferns / Getty Images
In un'altra occasione, l'ospitalità di Mercury si spinse ben oltre ogni immaginazione:

«Stavo entrando in confidenza con una delle coriste dei Queen, e insieme a lei decidemmo di appartarci per conto nostro. Freddie intuì la situazione e disse: "OK, potete anche usare la mia camera da letto per gli ospiti". Così ci portò al piano di sopra e cambiò lui stesso le lenzuola del letto per noi. Come padrone di casa, sapeva prendersi cura benissimo dei propri ospiti».

​

Le feste divennero sempre meno frequenti dopo che a Freddie venne diagnosticato il virus nel 1987. Così come è rappresentato nel film Bohemian Rhapsody, Mercury disse alle sue frequentazioni più strette che non se ne sarebbe discusso oltre. Dolezal lo venne a sapere solo quando se lo fece scappare l'attrice tedesca Barbara Valentin, una ex partner di Freddie Mercury. Il suo lavoro tirò dritto e i Queen pubblicarono gli album The Miracle, nel 1989, e Innuendo nel 1991. Fu durante la realizzazione di quest'ultimo in Svizzera, a Montreux, che Mercury decise di interrompere il trattamento medico contro l'AIDS; o almeno così ricorda Dolezal:


«Gli effetti collaterali erano orribili. Le pastiglie erano talmente grandi che si riusciva a malapena a deglutirle e si finiva per vomitarle la maggior parte delle volte».
Foto
Freddie Mercury e Rudi Dolezal nel 1985 [DoRo Films International]
Mercury restò confinato nella camera da letto della propria casa nel rinomato quartiere di Kensingron a Londra durante le sue ultime settimane. Pare che fu anche il lavoro di Dolezal a mantenergli alto il morale:

«Un suo assistente mi raccontò che Freddie guardava di continuo i miei video per I’m Going Slightly Mad e These Are The Days Of Our Lives», ricorda commosso il regista. Anche se gravemente malato, Mercury ne era entusiasta: «Diceva: "Mettetelo di nuovo! Mettetelo di nuovo!"»..



Mercury diffuse un comunicato nel quale confermava di aver contratto l'AIDS e morì appena un giorno dopo, il 24 novembre 1991. Aveva 45 anni.

Dolezal sta scrivendo un libro chiamato My Friend, Freddie ["Il mio amico Freddie", ndt] in cui racconta la propria esperienza e dovrebbe uscire nel seguito di quest'anno. Inoltre ha in mente la pubblicazione di versioni inedite delle proprie interviste a Freddie in un nuovo video, dal titolo Freddie Mercury: In His Own Words.

Con talmente tanto della straordinaria vita di Mercury non ancora trattata, questo apre le porte a un altro film come Bohemian Rhapsody. E Brian May ha dichiarato alla rivista Classic Rock che "potrebbe" esserci un sequel. Dolezal, che nel 2017 si è guadagnato i favori della critica per il suo documentario su Whitney Houston (Can I Be Me, co-diretto da Nick Broomfield), approva: 

«Penso che sarebbe un'ottima idea. Freddie ne ha vissute talmente tante che di potrebbe farci quattro film!».





​
■ Leggi anche...


​
     • Rudi Dolezal: «Il mio amico Freddie lo ricordo così» [CBS, 2018]


​
     • Grammy Awards, finalmente il riconoscimento alla carriera dei Queen [2018]


​
     • Niente ha fermato l'arte di Freddie Mercury, neppure l'AIDS [Cuepoint, 2016]


​
     • La voce inedita di Freddie Mercury contro l'AIDS per le nuove generazioni [2014]


​​
     • Brian May: «Bohemian Rhapsody è stato realizzato in questo modo» [Louder Sound, 2018]
─ @claudiobadger
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